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Il “Wokeism” americano è sul viale del tramonto?

L’impatto del fenomeno ‘woke’ sull’Italia—forse già vaccinata dall’episodio grillino—è stato limitato, per quanto il paese abbia potuto leggere di tanto in tanto notizie dei curiosi eccessi del movimento e della sua cancel culture negli Usa e nel Regno Unito. L’ultimo exploit è infatti scozzese, dove gli attivisti di Glasgow insistono ora sulla rimozione di una statua che onora la memoria di un famoso esploratore, missionario. abolizionista, “martire protestante” ed eroe dell’epoca vittoriana, David Livingstone (1813-1873).

Malgrado Livingstone si fosse fortemente impegnato per tutta la vita a favore dell’abolizione della schiavitù nera, avrebbe—secondo un’indagine delle autorità cittadine—commesso il crimine morale e razzista di avere lavorato a partire dall’età di dieci anni—come si usava a quei tempi—in un cotonificio che tesseva cotone “probabilmente” raccolto da schiavi nelle Indie Occidentali. La giovane età non sarebbe una scusante: il ragazzo avrebbe dovuto “interrogare” il suo datore di lavoro riguardo alla fonte della fibra lavorata…

Alla notizia è stato dato ampio rilievo sulla stampa conservatrice britannica, mentre è passata sotto un silenzio totale e imbarazzato su quella “progressista”, altro segno di come la buriana iconoclasta stia finalmente passando in Gran Bretagna. La situazione è simile negli Stati Uniti, dove si è arrivati a voler “cancellare”, oltre a Cristoforo Colombo, anche Abramo Lincoln, il Presidente che liberò gli schiavi. Secondo i woke, il suo fu un gesto di sdegno, irrispettoso nei confronti degli afroamericani, perfettamente capaci di liberarsi da soli…

Tutto questo “oscuro illuminismo” è ora in precipitoso declino, a causa dell’improvvisa confluenza di più elementi. Il primo, semplicemente, è che non ‘rende’ più, si è troppo sputtanato, come nel caso di Black Lives Matter, dopo che l’organizzazione non è riuscita a spiegare che fine hanno fatto donazioni e finanziamenti per $60 milioni, e le cui pressioni per “togliere la polizia dalle strade” hanno dato frutti prevedibili: un disastroso crollo dell’ordine pubblico. Poi c’è l’impossibile groviglio della “gender politics” e il tentativo di spiegare al pubblico perché sia giusto che un atleta “trans” con la muscolatura maschile possa gareggiare come donna, vincendo trofei che andrebbero—secondo i più—alle “donne-donne”…

Il woke non rende più neanche dal punto di vista politico. Dopo l’elezione dell’esecrabile Trump, uno choc terribile per il Partito Democratico, i Dem hanno iniziato a flirtare con il wokeismo—come anche con il socialismo a stelle e strisce di Bernie Sanders—in un primo momento guadagnando terreno quanto bastava per portare alla Presidenza il debole Joe Biden—un Presidente che ‘presiede’ ma visibilmente non ‘comanda’, i cui consiglieri non chiedono neanche scusa prima di smentire le parole sbagliate da lui pronunciate. Così, i Democratici si preparano ad affrontare le elezioni di “mid-term”— cioè, di metà mandato—senza un leader credibile, con i dati dei sondaggi in picchiata e la popolazione in subbuglio per gli strascichi della pandemia COVID, per l’Ucraina, per l’inflazione, per il prezzo della benzina e perfino per l’irritante e confusa imposizione di nuovi pronomi. Nelle circostanze, dichiararsi vegano e di genere indefinito servirebbe qualcosa al Partito Democratico?

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