Cultura

Il Tax Credit stimola (finalmente) l’attenzione dei media mainstream, mentre crescono le insofferenze degli operatori

di |

Grande attesa per le “commissioni degli esperti” chiamati a selezionare i “contributi selettivi”, ma resta controversa la avviata riforma dello strumento “Tax Credit”: 413 milioni di euro per l’anno 2024, ma… quando si metterà in moto la macchina della Direzione Cinema e Audiovisivo del Ministero della Cultura?

Mentre infuria ancora la surreale “tempesta mediatica” sul “caso Boccia” (che prevediamo si attenuerà nell’arco di un paio di giorni…), la giornata di ieri martedì 3 e quella odierna meritano una qualche riflessione afferente al sistema cine-audiovisivo, che in questo periodo stiamo analizzando con particolare attenzione, anche in coincidenza con il Festival di Venezia, che si concluderà sabato prossimo 7 settembre… Rimandiamo anzitutto all’ultimo intervento IsICult su queste colonne: vedi “Key4biz” del 3 settembre 2024, “Caso Boccia-Sangiuliano, una tempesta in un bicchier d’acqua: e tutti si distraggono dai malesseri del settore cine-audiovisivo”.

Oggi, in particolare, uno stimolante articolo di una penna irriverente qual è quella di Marcello Veneziani, sul quotidiano “La Verità” (diretto da Maurizio Belpietro), “collega” i due temi che abbiamo approfonditamente affrontato ieri su queste colonne: il “caso Boccia” ed il “Tax Credit”.

In un intervento, richiamato in prima, intitolato “Due pesi, due misure. Che ipocrisia l’indignazione dopo il silenzio sui milioni ai film degli amici”, l’intellettuale eterodosso lamenta come stampa e media non abbiano mai focalizzato l’attenzione sui presunti “regali” dell’ex Ministro Dario Franceschini a Ginevra Elkan: “alla rampolla della famiglia più potente d’Italia, l’allora titolare della Cultura versò tre milioni per finanziare due film che furono un flop clamoroso”. E denuncia “la prassi di usare fondi statali per aiutare gli amici era diffusa”, sostenendo che “questo esecutivo l’ha interrotta”.

L’approccio di Marcello Veneziani, dal punto di vista tecnico dell’analisi critica della politica culturale, è in parte impreciso, perché non è il Ministro della Cultura ad assegnare i fondi pubblici a favore del cinema e dell’audiovisivo, ma una specifica commissione di esperti (pur nominata dal Ministro), che segue leggi e regolamenti che prevedono regole, criteri, parametri, punteggi… Ciò per quanto riguarda i cosiddetti “criteri selettivi”…

Per quanto riguarda invece il “credito di imposta”, i procedimenti amministrativi sono più meccanici, ed oggettivamente poco conta l’eventuale sensibilizzazione diretta del Ministro sulle strutture della Direzione Generale Cinema e Audiovisivo…

E la gran parte dell’intervento pubblico a favore del cinema e dell’audiovisivo, con la Legge cosiddetta “Franceschini” (la n. 220 del 2016, entrata in vigore dal 2017), è assorbita dal “Tax Credit”: quindi attraverso criteri quasi automatici (in presenza di una serie di pre-requisiti amministrativi), procedure nelle quali la “influenza” del titolare del dicastero è assolutamente marginale.

Senza dubbio, il “credito d’imposta” è stato uno strumento che – proprio grazie ai suoi “automatismi” – ha consentito – nel bene e nel male – un “boom” incontrollato della produzione cine-audiovisiva nazionale.

Va segnalato che a far scattare il “campanello di allarme” è il Ministro Gennaro Sangiuliano che, ormai oltre un anno fa, d’intesa con il collega titolare del Mef Giancarlo Giorgetti ha deciso di impugnare il “freno a mano”, avviando un processo di riforma di parte della Legge Franceschini…

Questo processo è stato coordinato dalla Sottosegretaria Borgonzoni, e si è trascinato per troppo tempo, ascoltando prevalentemente – e purtroppo sempre “a porte chiuse” – la voce della cosiddetta “industria” (i produttori, in sostanza), piuttosto che tutte le altre anime del settore, dagli autori ai tecnici

Soltanto dopo oltre un anno (dall’estate del 2023…) poche settimane fa, il 10 luglio 2024 è stato co-firmato da Sangiuliano e da Giorgetti un decreto che cambia “le regole del gioco”, per quanto riguarda il credito di imposta. Questo decreto è stato pubblicato il 14 agosto 2024, dopo essere stato “bollinato”, sul sito web del Ministero della Cultura, e (paradossalmente!) ad oggi non è ancora online sul sito web della Dgca, ma sabato scorso 31 agosto è stato presentato pubblicamente in quel di Venezia, in un incontro piuttosto vivace che ha messo a confronto l’ottimismo ostinato della Sottosegretaria Borgonzoni con le diffuse e crescenti in/sofferenze di buona parte degli operatori del settore: ne abbiamo riferito lunedì su queste colonne ed a quell’intervento rimandiamo per gli approfondimenti (vedi “Key4biz” del 2 settembre 2024, “Non solo Festival di Venezia. Tax credit: tra il 2019 ed il 2023 prodotte in Italia 1.354 opere cinematografiche, il 44% mai uscito in sala”)…

Marcello Veneziani (“La Verità”): il Ministro Sangiuliano viene aggredito ipocritamente perché sta cercando di fermare lo sperpero dei danari pubblici a favore del cinema e audiovisivo

Veneziani oggi su “La Verità” sostiene: “quanti autori, magari di qualità ma senza mezzi economici adeguati, sono stati dimenticati per destinare invece il sostegno pubblico a chi potrebbe farne a meno? I soldi vanno ai ricchi, ai figli amici dei potenti, anche se i loro film sono dei clamorosi flop non solo in sala: una logica che ben si sposa con l’universo radical chic e col mondo editoriale controllato dalla famiglia suddetta. E quando i media nostrani o della Casa sono costretti a occuparsi del capitolo scabroso e imbarazzante dei finanziamenti pubblici sbagliati, riescono a fare l’esempio di Saverio Costanzo, figlio di Maurizio Costanzo, che pure ha fatto qualche film di qualità, ma non «osano» nemmeno citare il caso Elkann. Allora io dico: ma come, stiamo cercando di vedere se da qualche parte, magari in un pernottamento o in un viaggio siano stati spesi soldi pubblici per una vera o presunta consigliera del ministro Sangiuliano, senza titoli adeguati per coprire questo incarico, mentre si tace di vistosi, enormi sperperi e di veri favoritismi e familismi”.

Veneziani ha ragione soltanto in parte, perché “sperperi” ce ne sono stati, ed in quantità, ma grazie soprattutto ai meccanismi automatici della Legge Franceschini: grazie giustappunto alle logiche del “Tax Credit” incontrollato, non per effetto di pressioni dirette o indirette (comunque improprie) del Ministro pro tempore. Grazie a questi automatismi, alcune multinazionali straniere hanno attinto alla grande alla borsa del generoso Stato italico, sottraendo risorse ai veri produttori indipendenti… Il caso Fremantle (Bertelsmann) è il più eclatante, e fu la stessa Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni a segnalarlo, nell’estate dell’anno scorso, al Ministero della Cultura…

Va compreso che è la logica intrinseca della Legge Franceschini a dover essere analizzata, giudicata, criticata, corretta: una legge che ha assecondato una deriva mercatista del sistema cinematografico-audiovisivo, con uno Stato che si è inchinato di fronte alle logiche – sane e malate – del mercato. Anzi, del… Mercato.

Conclude Veneziani: “a Sangiuliano non si perdona, tra l’altro, di aver fermato questo sperpero, aver imposto un tetto ai finanziamenti statali e aver agganciato i sostegni pubblici ai risultati effettivi di mercato, limitando ai film di elevata qualità artistica la corsia preferenziale degli aiuti governativi. Una scelta di buon senso che deve aver ulteriormente acuito l’odio nei suoi confronti”.

La tesi di fondo è corretta, e la decisione del Ministro di “correggere la rotta” senza dubbio condivisibile (ovvero “di buon senso”, come scrive Veneziani): il problema è che il decreto interministeriale del 10 luglio 2024 non è il risultato di un confronto aperto, dialettico, plurale con le varie anime del settore, ma invece di una interlocuzione privilegiata con una parte soltanto del sistema, i produttori, ma non tutti i produttori bensì soprattutto quelli rappresentati dalle due maggiori lobby del settore, le confindustriali Anica (presieduta, ancora per poco ché il ricambio è imminente, da Francesco Rutelli) ed Apa (presieduta da Chiara Sbarigia, che è anche peraltro presidente della pubblica Cinecittà spa).

La correzione di rotta, curata dalla Sottosegretaria Lucia Borgonzoni, è quindi il risultato di una interlocuzione privilegiata con le grosse società di produzione, a tutto svantaggio delle piccole imprese indipendenti ed altresì ignorando le esigenze delle altre categorie professionali che caratterizzano il policentrico sistema dell’audiovisivo.

Vincenzo Vita (“il Manifesto”): “la mostruosa macchinetta chiamata «tax credit» è entrata in scena… il tax credit è un’altra secessione dei ricchi… estremismo mercantile”

Nella stessa giornata di oggi, merita essere segnalato, su tutt’altro fronte, un accurato intervento di Vincenzo Vita (già Sottosegretario alle Comunicazioni in governi a guida centro-sinistra) sul quotidiano comunista “il Manifesto” (nella sua rubrica sempre stimolante, “Ri-mediamo”), che si concentra, anche lui, sul tema “credito d’imposta”, proponendo una interpretazione sostanzialmente opposta rispetto a quella di Veneziani. Il titolo è emblematico: “Il tax credit è un’altra secessione dei ricchi”. Ma i “ricchi” cui si riferisce Vita sono ricchi… “altri” rispetto a quelli (della presunta casta sinistrorsa) identificati da Veneziani…

Questa la lettura critica di Vita sul quotidiano diretto da Andrea Fabozzi: “la mostruosa macchinetta chiamata «tax credit» è entrata in scena, dopo una lunghissima attesa, seguita agli annunci incomprensibilmente ottimistici del ministero della cultura. E, così, il settore già in gravi difficoltà è arrivato ai titoli di coda. Proprio ai titoli di coda fa riferimento il nome di una delle associazioni che hanno manifestato contrarietà rispetto ad un testo tanto complicato quanto segnato da un indirizzo neoliberista: chi è ricco si arricchisca ulteriormente, chi è meno abbiente e relazionato soffra pure in silenzio”. In sostanza, secondo Vita, “il filo che unifica l’impianto normativo dell’immaginario cinematografico e audiovisivo fin dal tempo del titolare del dicastero Giuliano Urbani in età berlusconiana è costruito su una sorta di estremismo mercantile, quasi darwiniano nel separare chi ha e chi non ha”.

Anche la tesi di Vita – come quella di Veneziani, seppur su questioni altre – è suscettibile di critiche, perché è evidente che la logica “mercantile” ha caratterizzato l’impianto della stessa Legge Franceschini, e d’altronde sono stati suoi ex esponenti di partito ad aprire “la cultura” verso “il mercato” (si pensi a Walter Veltroni e Giovanna Melandri) e a inaugurare una stagione di deriva mercantile/mercatista del sistema (su queste dinamiche ha scritto pagine acute un intellettuale appassionato di politica culturale qual è Tomaso Montanari).

Il sistema precedente (pre-Franceschini, per così dire) era forse difettoso, perché concentrato su processi selettivi a cura di commissioni di esperti e di rappresentanti delle categorie professionali, quindi con un impianto in qualche modo “corporativo” (l’eredità di una certa cultura economica del fascismo, nel tentativo – fallito – di coniugare positivamente lo scontro tra “capitale” e “lavoro”) e molto discrezionale, ma i meccanismi introdotti dalla sinistra neo-liberista italiana (l’attuale Pd in primis) nel sistema culturale non hanno determinato una grande evoluzione, in termini di sviluppo di una domanda culturale che accogliesse un’offerta decisa con criteri giustappunto prevalentemente mercatisti (interpretati secondo le comodità dei produttori, grossi e piccini). Lo Stato ha alimentato una “offerta” ignorando completamente il lato della “domanda”. E se sono pochissimi gli italiani che vanno al cinema a vedere film nazionali una qualche ragione ci sarà.

Lo Stato italiano non ha dedicato adeguata attenzione dell’impatto della propria politica culturale (ed il problema non riguarda soltanto la cinematografia).

La produzione di opere cinematografiche e audiovisive è esplosa, dal 2017 al 2023, senza limiti e senza controlli, fino all’avvento del Ministro Gennaro Sangiuliano: abbiamo già segnalato su queste colonne, ieri l’altro, come il 44 % delle opere prodotte avvalendosi del “fantastico” strumento del “Tax Credit” non siano mai uscite nelle sale cinematografiche: questo sì è “sperpero” di danaro pubblico. Si tratta di centinaia e centinaia di milioni di euro…

Su questo dovrebbero indagare dapprima la Corte dei Conti e poi la magistratura (si ha notizia che qualcosa in tal senso si stia muovendo, nelle lande della Procura di Roma, anche a seguito di segnalazioni pervenute da più fonti, in primis quelle di Michele Lo Foco, membro del Consiglio Superiore del Cinema e Audiovisivo, il Csca presieduto da Francesca Assumma).

Necessità di una riflessione pubblica profonda sul senso di un Ministero che assegna al controverso strumento del “Tax Credit” il 60 % del budget dedicato a cinema e audiovisivo: 413 milioni di euro nel 2024

Già soltanto questo dato dovrebbe stimolare una riflessione pubblica (libera e plurale) che invece si concentra, in questi giorni, sugli spiccioli di danaro di cui una (non) consigliera del Ministro della Cultura potrebbe aver beneficiato (per quanto Sangiuliano continui a ribadire che nemmeno un euro ovvero “nemmeno un caffè” è stato pagato dallo Stato alla ambiziosa signora Boccia).

Si ricordi che, secondo il “riparto” dei fondi pubblici a favore del cinema e dell’audiovisivo, nel 2024 lo Stato italiano destinerà complessivamente 696 milioni di euro, di cui ben 413 milioni al “Tax Credit”: la patologia, seppur ridimensionata, si andrà purtroppo a riprodurre. Assegnare quasi il 60 % dei danari pubblici a favore del cinema e dell’audiovisivo allo strumento “Tax Credit” è un errore grave, un rinnovato errore (al di là del ridimensionamento del suo peso sul totale delle risorse avvenuto nel 2024 rispetto al 2023).

La situazione è critica, anche perché la “riforma” avviata dal Ministro Gennaro Sangiuliano e curata dalla Sottosegretaria Lucia Borgonzoni sposta, in parte, l’asse dell’intervento pubblico dagli “automatismi” del Tax Credit alla discrezionalità dei “contributi selettivi”, e qui (ri)entrano in gioco le “commissioni” ministeriali, ovvero l’eletta schiera degli esperti scelti dal Ministro: così era con Franceschini – sia ben chiaro – e così è (sarà) con Sangiuliano.

Se però Franceschini aveva deciso di effettuare la cooptazione di questi esperti dopo un avviso pubblico a presentare candidature, Sangiuliano non si è espresso sul tema…

E la questione è veramente delicata.

La Legge di Bilancio 2024 ha infatti concesso carta bianca al Ministro, per la composizione, struttura, organizzazione di questa “commissione” che in verità si sdoppierà in due, una focalizzata sulla “promozione” ed una sulla “produzione”.

Prima la commissione era una soltanto, formata da 15 esperti (i cosiddetti “saggi” con una serie di sotto-commissioni), si ha ora notizia che gli esperti saranno sempre 15, di cui 10 allocati sul tema “produzione” e 5 sul tema “promozione”.

Queste commissioni novelle potevano essere nominate da mesi, e non si comprende questa nebbia sul tema.

Sabato scorso a Venezia, la Sottosegretaria Borgonzoni e il Dg Borrelli hanno annunciato che i decreti di nomina delle nuove commissionai verranno pubblicati “entro fine settembre”.

Quando le nuove Commissioni Cinema e Audiovisivo del Ministero? L’attesa cresce, la trasparenza no

Proprio ieri, in quel del Lido, in occasione di un convegno promosso da 100autori, Anac, Wgi (Writers Guild Italia), Aidac (Associazione Italiana Dialoghisti Adattori Cinetelevisivi),nell’ambito della XXI edizione delle “Giornate degli Autori” con il sostegno di Siae (Società Italiana Autori e Editori, presieduta da Salvatore Nastasi), intitolato “La Regola del Gioco”, la questione delle “commissioni” è stata affrontata con particolare chiarezza da Francesca Comencini, Presidente 100autori (Associazione dell’Autorialità Cinetelevisiva), la quale ha sostenuto: “il 12 luglio scorso tredici associazioni del cinema italiano e audiovisivo – tra cui le principali associazioni di produttori e produttrici, di attori e attrici e di festival cinematografici – hanno scritto una lettera al Ministro della Cultura Onorevole Sangiuliano, il Sottosegretario alla Cultura Borgonzoni, al Direttore Generale Cinema e Audiovisivo Dottor Borrelli, sui criteri di nomine degli esperti per l’assegnazione dei fondi selettivi. Nel progetto di riforma deciso dal Ministero, i fondi selettivi sono diventati molto più cospicui attribuendo agli esperti che selezioneranno i progetti un ruolo di gestione di denaro pubblico molto rilevante. Per i film meno commerciali e culturalmente più significativi, nella nuova riforma voluta dal Ministero, ottenere un fondo selettivo è diventata condizione quasi necessaria per accedere al tax credit”.

La richiesta di luglio – rimasta senza riscontro – è stata rinnovata ieri a Venezia a distanza di quasi due mesi: “chiediamo dunque che: vengano rese pubbliche le competenze ritenute necessarie e le modalità di selezione dei membri della commissione; siano previste commissioni miste, ossia comprendenti personalità operanti in diverse aree di attività nell’ambito del nostro settore; sia emanato un bando affinché tutti i soggetti in possesso dei requisiti richiesti possano presentare la propria candidatura […]; sia stabilito un turn-over che possa consentire a tanti di prestare il proprio contributo per un tempo ragionevole, compatibile con una sospensione temporanea dell’attività lavorativa […]”.

Le richieste evidenziate da Comencini sono condivisibili e lo stesso IsICult – su queste colonne, e da molti mesi – ha invitato il Ministro Gennaro Sangiuliano a promuovere un avviso pubblico per rendere trasparente e meritocratica la procedura di selezione. Silenzio totale dal Collegio Romano. E se è vero che i decreti di nomina verranno pubblicati entro la fine del corrente mese, è evidente che anche queste istanze ribadite dai 100autori non sono state accolte.

Prevarrà – temiamo – il solito… “intuitu personae” a cura del… Principe di turno? L’Anac rinnova la richiesta di criteri trasparenti nella nomina delle “Commissioni” esperti Cinema e Audiovisivo del Mic. Queste istanze verranno accolte?

Ha concluso Comencini: “insistiamo a voler collaborare e chiediamo dunque di essere ascoltati […] lo facciamo uniti, con senso di responsabilità ma anche con fermezza, e questo per far ripartire le produzioni che danno lavoro a migliaia di lavoratori e lavoratrici attualmente disoccupati e disoccupate, e con il pensiero che il cinema debba essere libero e plurale”.

Francesco Ranieri Martinotti, Presidente dell’Anac (Associazione Nazionale Autori Cinematografici) ha sostenuto che “le associazioni sono rimaste per troppo tempo divise su questioni “da pollaio”, e nel pollaio arrivano le faine e se ne approfittano. Chi ci ha sempre invitato all’unità è stato Andrea Purgatori, che ha sempre messo al centro gli interessi degli Autori. E questa unità è stata riaffermata dal Presidente Nastasi e dal Presidente del Consiglio di Sorveglianza Siae Roberto Cicutto. Le regole sono fondamentali, perché tutte le tessere di questo mosaico sono connesse. Quando si parla di esercizio, produzione, tax credit, conservazione del patrimonio, non siano sentiti solo coloro che sono coinvolti in prima persona ma tutti, e in particolare gli autori, che sono il punto di partenza di tutto quello che arriva dopo”.

In attesa di 25 decreti direttoriali in attuazione del decreto interministeriale “Nuovo Credito d’Imposta Produzione” del 10 luglio 2024…

Francesco Ranieri Martinotti ha sostenuto, con la sua abituale pacatezza, “ci siamo arrabbiati, quando nell’ultima elaborazione del Decreto Tax Credit non siamo stati ascoltati, poi però un dialogo si è aperto, e così dovrà essere per i 25 Decreti direttoriali da emanare. Abbiamo parlato con i produttori e stiamo cercando una sintesi delle varie differenze”.

La lettura positiva di Francesco Ranieri Martinotti ci sembra influenzata da un ottimismo eccessivo: non è un po’ tardi, dopo oltre un anno di gestazione della “riforma”, per ascoltare le voci altre del sistema (a parte i “big player” dell’industria)?! E la composizione dei divergenti interessi dei produttori e degli autori permane ardita intrapresa, a fronte delle tante soggettività del settore, che, in quest’ultimo anno, non sono state adeguatamente ascoltate dal Ministero della Cultura… Tutta la riforma è stata impostata ascoltando soprattutto le tesi di Anica ed Apa, e quindi “produttori” (grossi) e “piattaforme” e finanche “broadcaster”…

E premesso che finora si era stimato che i “decreti direttoriali” a firma di Nicola Borrelli (per la concreta attuazione del decreto interministeriale del 10 luglio 2024) fossero 10, ci si rende conto, anche soltanto da questa stima di 25 (venticinque!) atti amministrativi, quanto la “macchina” della riforma della Legge Franceschini sarà destinata ad avere un andamento lento, complesso, burocratico.

Peraltro il decreto a firma Sangiuliano & Giorgetti è stato pubblicato il 14 agosto, e quindi la Direzione Generale Cinema e Audiovisivo dovrà pubblicare i “decreti attuativi” entro il 13 ottobre 2023 (è infatti previsto un termine di 60 giorni). Con i tempi della pubblica amministrazione italica, ciò si traduce in “domani”…

Lo scenario permane critico, le prospettive effervescenti… La protesta sta montando, lentamente ma inesorabilmente. Ed è lo stesso Vincenzo Vita a sostenere oggi, a chiare lettere, “si comprendono le ragioni delle proteste di associazioni – ivi compresi i piccoli produttori – e artiste o artisti fuori dal giro del governo. Mentre, dalle associazioni storiche – da Anac a 100autori – era lecito attendersi una determinazione maggiore”. E, ancora, “diverse soggettività critiche, non adeguatamente ascoltate né dalle tradizionali organizzazioni sindacali né da un «campo largo» piuttosto distaccato dalla materia, si sono appalesate e non si può escludere che divampino come è stato a Hollywood, mutatis mutandis”. In effetti, anche la reattività delle storiche associazioni sindacali e degli stessi partiti di opposizione, su queste tematiche, è stata modesta e tardiva… E noi stessi, su queste colonne, settimane fa, abbiamo prospettato che la prospettiva di uno “sciopero” del settore potrebbe essere determinante per stimolare una migliore sensibilità dei media e soprattutto delle istituzioni ed in generale della politica…

Se è vero che la Sottosegretaria ha ascoltato soprattutto la voce dei “big player”, non è finora emersa con particolare forza la voce dei “piccoli produttori” ed in generale dei dissidenti

[ Note: questo articolo è stato redatto senza avvalersi di strumenti di “intelligenza artificiale. ]

(*) Angelo Zaccone Teodosi è Presidente dell’Istituto italiano per l’Industria Culturale – IsICult (www.isicult.it) e curatore della rubrica IsICult “ilprincipenudo” per “Key4biz” (ragionamenti eterodossi di politica culturale e economia mediale).

Leggi le altre notizie sull’home page di Key4biz