Non bastano poche centinaia di persone in piazza tra Roma, Milano e Genova per soffocare il boato delle bombe e il grido di dolore che si diffonde dalla Francia al Mali, dalla Siria all’Iraq. Alla fine la manifestazione #notinmyname, organizzata dalle associazioni dei musulmani italiani, si è rivelata un mezzo flop.
Il risultato non è attribuibile alla scarsa presenza in piazza, più che giustificabile a causa del maltempo, ma anche per il basso flusso generato sui social. E questo nonostante i servizi in tv e gli articoli di giornali che nei giorni precedenti avevano tentato di pompare l’evento. Se poi proviamo a paragonare l’impatto della propaganda dell’Isis sui social network con la risposta data dall’islam moderato il confronto è impietoso.
Il risultato della nostra analisi non lascia margine di dubbio. L’hastag #notinmyname, associata ai cortei, ha viaggiato a una media di circa 408 tweet l’ora. Non male si dirà. Peccato che questo risultato sia stato ottenuto soprattutto grazie ai contenuti postati all’estero e quindi non direttamente collegabili alle manifestazioni andate in scena sabato nel nostro Paese.
In Italia l’argomento #notinmyname alla fine della giornata di sabato è risultato solo il 14esimo #hashtag più twittato. Un risultato assai modesto se pensiamo che su Twitter si è parlato più del “clasico” tra Real Madrid e Barcellona (13esimo argomento) piuttosto che della manifestazione di Roma. A questo dobbiamo aggiungere che anche i profili ufficiali delle associazioni organizzatrici della manifestazione sono stati molto tiepidi nella comunicazione, ottenendo un livello di coinvolgimento tra i propri follower davvero basso.
L’Ucoii addirittura non ha aggiornato il suo accont Twitter per mandare un messaggio di solidarietà alla manifestazione o alle vittime della strage di Parigi, restando fermo al 28 ottobre. Su Facebook l’Ucoii ha scritto vari post sulla manifestazione di sabato e di cordoglio per le vittime degli attentati di Parigi, senza però mai ottenere più di una ottantina di “mi piace”. Stesso discorso vale per l’altra associazione organizzatrice, la Coreis, che ha solo un profilo Facebook che però non viene aggiornato dal 5 novembre.
A questo si associa la scarsa presenza sui social dei potenziali influencer dell’Islam moderato in Italia. Tra le personalità che hanno partecipato alla manifestazione solo in tre sono presenti sulle piattaforme analizzate. Il primo è Ali Baba Faye, teologo della comunità sciita italiana nonché opinionista sul Fatto Quotidiano, che su Twitter ha postato 7.829 contenuti guadagnando 2.415 follower e su Facebook ha ottenuto appena 91 like sulla sua pagina fan. Il secondo è Foad Aodi, presidente della Comunità del mondo arabo in Italia, che nonostante i 12.100 tweet ha solo 546 follower. L’ultimo è Yahe Pallavicini che non è direttamente sui social ma ha solo una pagina d’interesse su Facebook con 35 like.
Le parole chiave più citate nei singoli tweet su #notinmyname sono state “excuse” (scuse) e “faith” (fede)”. Tutti tag non italiani che testimoniano la non viralità del topic. Del resto l’hashtag in questione non è stato creato ad hoc per l’evento di sabato ma subito dopo gli attacchi di Parigi del 13 novembre. Il fatto che nessuna parola italiana sia riuscita a far breccia nel topic, nonostante quasi tutti i principali influencer italiani (Repubblica, Skytg24, il Corriere della Sera) abbiano twettato sull’argomento, testimonia il fallimento dell’iniziativa.