Come in “X-Men, Giorni di un Futuro Passato”, nell’ultimo World Economic Forum, che si è concluso la settimana scorsa, si sono incrociate a Davos due linee temporali.
Sono passati 25 anni con questo mese di gennaio dalla mia prima partecipazione al World Economic Forum (WEF) a Davos. Era la fine del mese di gennaio 1999: si parlava di UN Global Compact con protagonisti Kofi Annan, all’epoca Segretario Generale delle Nazioni Unite, ed il Presidente del Sud Africa, Nelson Mandela. Ma quell’anno, il 1999 verrà anche ricordato per l’affermarsi di quell’ “internet boom” che cambiò il mondo, e che portò di lì a poco alla bolla speculativa che segnò mercati ed investitori, agli inizi del 2000: anche allora come oggi, negli incontri a latere del Centro Congressi, si poteva percepire che si stava profilando all’orizzonte un cambiamento senza precedenti, che non avrebbe lasciato nulla come prima. E così è stato.
Sono passati 25 anni, e forse non ce ne siamo accorti, ma oggi come allora se ne deriva la netta sensazione che più che in passato il World Economic Forum che si è appena concluso abbia segnato il passaggio di un’epoca, e l’inizio di un nuovo corso: ancora una volta l’unica certezza su cui si può contare è che nulla sarà come prima.
Così se lo scorso anno nel 2023, i protagonisti indiscussi erano stati gli attori chiave che si stavano affermando nel mondo fintech e delle cripto valute, oggi questi stessi protagonisti hanno dovuto cedere il passo al cambio di paradigma imposto dalla rapida evoluzione dell’Intelligenza Artificiale (AI) che è stato il tema centrale e onnipresente a tutti i livelli nelle conversazioni che si sono tenute a latere del Kongresszentrum.
Una lezione su tutte da cui partire è che siamo entrati di improvviso in una fase di cambiamento dirompente e che rispetto solo ad un anno fa temi e protagonisti sono del tutto cambiati: il che dimostra che investitori, mercati ed imprese stanno dimostrando una capacità di reazione per certi versi inattesa nell’adattarsi alle nuove sfide imposte da una nuova epoca di innovazioni radicali.
Così e’ stato nelle conversazioni di questi giorni, con la netta sensazione che si sia chiuso un ciclo economico iniziato nel secolo scorso, quando negli anni venti si affermarono contestualmente l’automobile, l’elettricità ed il telefono come parte integrante del vissuto quotidiano, e che si sia entrati a tutta velocità in una fase di trasformazione dell’economia globale che è partita da lontano con il primo “internet boom” ormai 25 anni fa e, che sotto traccia, ma inesorabilmente ha posto le basi per l’affermarsi dell’Intelligenza Artificiale come la sfida più importante di sempre a cui siamo chiamati a rispondere: ed ora si e’ arrivati ad una fase di maturazione in grado di modificare senza appello assetti ed equilibri su scala globale con nuovi protagonisti che solo un anno fa sarebbe stato impensabile ritrovare a Davos.
L’irrompere dell’Intelligenza Artificiale ha stravolto anche la consueta agenda seguita dal World Economic Forum da più di 25 anni, una liturgia ampiamente collaudata, che prevede tradizionalmente un esordio dedicato ai temi ed ai protagonisti della politica internazionale, per seguire con una seconda giornata centrata sulla dinamica dei mercati finanziari, per poi affrontare le nuove sfide con cui si deve misurare il mondo delle imprese e quindi chiudersi sui temi più concentrati sulle dinamiche sociali e sull’ ”impact investing”.
Quest’anno è stato differente: l’intelligenza artificiale ha monopolizzato conversazioni e riunioni su tutto l’arco del Forum, con un crescendo di attenzione che si è da subito imposto come un collante imprescindibile di ogni incontro, in modo così pervasivo e trasversale come mai si era registrato negli ultimi 25 anni. Se lo scorso anno erano state fintech e cripto valute ad emergere come catalizzatori dell’attenzione all’interno del WEF, quest’anno è stato differente: l’intensità ed il senso collettivo di urgenza ha dato la netta percezione che la centralità dell’AI abbia innescato in modo irreversibile un cambio di assetti ed equilibri che non si possono più dare per scontati e che sono destinati a travolgere molte delle certezze di mercati, imprese ed investitori.
E’ il risultato di un processo che parte da lontano e che ha avuto un’accelerazione senza precedenti a partire dal 2016 con l’affermarsi dell’ “high performance computing” come nuovo paradigma nei sistemi di calcolo ad alte prestazioni, sulla base dell’utilizzo massivo di una nuova classe di microprocessori definiti come GPUs (Graphic Processing Units), che ha permesso lo sviluppo di Large Language Models (LLMs) con una velocità senza precedenti.
Il ticket di ingresso per essere in partita sugli sviluppi applicativi dell’intelligenza artificiale e’ già oggi molto alto: nei giorni del WEF ha tenuto banco la notizia che Elon Musk abbia già raccolto 500 milioni US$ per xAI, la start-up dedicata allo sviluppo di una nuova piattaforma di intelligenza artificiale competitiva con OpenAI (ndr. che vede Microsoft come azionista di riferimento con un investimento complessivo di 13 miliardi US$), con l’obiettivo di raggiungere la quota di 1 miliardo US$ di raccolta ad una valutazione complessiva fra i 15 ed i 20 miliardi US$. Negli stessi giorni, Sam Altman, CEO di OpenAI (ndr. Chat-GPT), ha fatto sapere di essere impegnato a raccogliere fra gli 8 ed i 10 miliardi US$ per costruire un network di “AI-Chip factories” con l’obiettivo di assicurarsi l’approvvigionamento di microchip, perché si corre un rischio reale che non ve ne sarà una disponibilità sufficiente, se dovessero venire a mancare nuovi siti produttivi.
Di questo passo, gli investimenti negli sviluppi dell’Intelligenza Artificiale mobiliteranno una quantità di risorse e di capitali di rischio senza precedenti negli ultimi 30 anni di storia del venture capital, con una soglia d’ingresso che sta già oggi superando i 500 milioni US$ per un primo round di finanziamento: la definizione di “unicorno” con cui si classificano quelle start-up che hanno superato la soglia di una potenziale valorizzazione di 1 miliardo di euro rischia di divenire presto un ricordo del passato.
Mercati, analisti ed investitori non hanno perso tempo e si stanno adeguando al nuovo contesto macro sulla base di tre semplici quanto essenziali criteri di valutazione: (1) la disponibilità di dati proprietari su larga scala, punto di partenza fondamentale per “allenare” gli algoritmi di apprendimento dell’AI, (2) la qualità ed il commitment dichiarato del CEO nel definire gli ambiti applicativi dell’intelligenza artificiale, (3) e la roadmap in termini di piano d’azione. Se viene a mancare anche solo uno di questi prerequisiti, si rischia di non rientrare nei target degli investitori e di ritrovarsi rapidamente ai margini dei mercati.
L’irrompere a sorpresa sulla scena dell’AI ha avuto come effetto immediato quello di costringere analisti ed investitori ad interrogarsi sui criteri di asset allocation ed ha imposto un riesame (“reassessment”) delle scelte di portafoglio, con alcune conferme ed altrettante novità:
- come prima conferma e’ emerso prepotentemente un consenso generalizzato sul ruolo sempre più centrale delle reti di infrastrutture che si accompagna ad una inarrestabile convergenza fra reti di telecomunicazione, reti stradali e ferroviarie e reti di distribuzione dell’energia in un “hyper-network” che ha come collante i data center di nuova generazione legati all’utilizzo massivo delle GPUs (Graphic Processing Units),in grado di innescare una trasformazione senza precedenti della mobilità futura e della logistica sulla scala globale, in prospettiva MaaS (Mobility as a Service)
- la novità più importante che ha occupato uno spazio non trascurabile nell’agenda del WEF e con cui l’Europa si trova già da ora a dovere fare i conti è il ruolo sempre più attivo dei fondi sovrani del Golfo con in testa PIF (ndr. Public Investment Fund, il fondo sovrano saudita) che a Davos hanno inteso dare prova, ove ce ne fosse ancora bisogno, di volere giocare da protagonisti del cambiamento grazie alla disponibilità di risorse pressoché illimitate
- una conferma è arrivata anche dalla centralità dell’impatto del cambio climatico nelle scelte di asset allocation degli investitori, che si è imposta definitivamente come una delle priorità nell’agenda dei grandi fondi di investimento, e che si accompagna all’utilizzo massivo dell’AI per simulare gli effetti del cambiamento climatico su quelli che sono i profili di rischio legati a differenti asset class
- una novità in più ha avuto certamente a che vedere con il consenso generalizzato fra fondi ed investitori istituzionali sull’imperativo per l’Europa di dotarsi di un mercato dei capitali in grado di raggiungere la massa critica necessaria per risultare competitivo a livello globale con le principali piazze finanziarie internazionali, perché l’allargamento degli ambiti applicativi dell’AI impone investimenti su larga scala nei settori chiave della nuova economia, e la liquidità che le singole borse europee da Milano a Madrid riescono a mobilitare e’ ritenuta del tutto insufficiente affinché l’Europa sia in condizioni di restare in gioco sul fronte dell’innovazione
- questo è un motivo in più per cui mercati ed investitori prevedono che la “nuova” Europa che si formerà a valle del passaggio elettorale del prossimo giugno sarà chiamata ad affrontare una ridefinizione complessiva del ruolo e dello spettro di applicazione della regolamentazione nei settori tecnologici di punta per garantire condizioni competitive in contesti di “disruptive innovation” che siano sullo stesso piano delle condizioni di partenza di cui beneficiano le big tech americane e cinesi.
Come in “X-Men: Giorni di un Futuro Passato”, ci troviamo difronte ad un appuntamento con la Storia, come è già stato in passato con il progetto “Manhattan” diretto dal J.R. Oppenheimer, la missione Apollo alla NASA che portò al primo atterraggio sulla Luna, e più di recente solo 25 anni fa con il primo “internet boom”: è arrivato il momento delle scelte e non si possono rinviare decisioni che determineranno il futuro delle prossime generazioni. Il futuro è già iniziato e nulla sarà più come prima: ma anche per questo nulla è perduto, e siamo ancora in tempo per evitare di finire ai margini del cambiamento. Di certo, indietro non si torna.