Una nuova terra di chip, l’India
Lo scacchiere tecnologico mondiale è sempre in precario equilibrio e tra le potenze occidentali e orientali l’India si ricava un posto di crescente rilievo geopolitico e industriale. Dehli sostanzialmente sta rapidamente sfruttando lo scontro USA-Cina per posizionarsi nell’industria dei chip.
Washington non si è fatta trovare impreparata e assieme ai suoi alleati occidentali non vuole perdere l’occasione di fare dell’India “una nuova terra di chip”a cui le imprese americane ed europee possono guardare con tranquillità per gli approvvigionamenti.
Israele, Singapore, Taiwan pronti a lavorare in India
La settimana scorsa, il primo ministro indiano, Narenda Modi, e il suo omologo di Singapore, Lawrence Wong, hanno firmato un’intesa commerciale per lo sviluppo congiunto dell’ecosistema chip (Semiconductor Ecosystem Partnership).
Non solo, un nuovo piano industriale da 10 miliardi di dollari è stato annunciato da Adani Gruop e l’israeliana Tower Semiconductor per realizzare un sito produttivo nella regione di Taloja nel Maharashtra.
Un’altra iniziativa è la Outsourced Semiconductor Assembly and Test (OSAT) a Sanand, nel Gujarat, con capofila Kaynes Semicon, mentre l’Indian Semiconductor Mission (ISM) riceverà probabilmente una seconda allocazione di bilancio fino a 10 miliardi di dollari.
Una terra dei chip vergine, da costruire quasi da zero, che torna però utile a Stati Uniti ed Europa, che assieme ai loro alleati stanno certamente mettendo in difficoltà il gigante cinese.
Le altre iniziative lanciate nel subcontinente indiano
A marzo di quest’anno, il Governo indiano aveva autorizzato un piano di investimenti da 11 miliardi di dollari sempre nel Gujarat, per la realizzazione a Dholera di nuovi impianti grazie alla partnership tra Tata Electronics e la taiwanese Powerchip Semiconductor Manufacturing Corporation (PSMC).
Un altro sito produttivo sorgerà a Morigaon, nella regione di Assam, e sarà aperto da Tata Semiconductor Assembly e Test Pvt, con un investimento di 3,26 miliardi di dollari.
Sarà infine Cg Power, in collaborazione con la giapponese Renesas Electronics e la tailandese Stars Microelectronics, a realizzare la terza fabbrica che avrà sede a Sanand, sempre nel Gujarat, con uno stanziamento di quasi 1 miliardo di dollari.
Il primo chip made in India nel 2026
Dehli vuole un posto al sole sul mercato mondiale dei semiconduttori, con l’ambizione di diventare un hub globale a cui le grandi potenze occidentali e non possono guardare con sicurezza in termini di qualità, affidabilità e approvvigionamenti.
Una strada che per l’India significa attrarre nuovi ed ingenti investimenti, competenze e grandi aziende straniere. Entro il 2030 il mercato globale dei chip varrà più di 1000 miliardi di dollari e Dehli vuole la sua fetta.
Il primo chip made in India potrebbe vedere la luce entro il 2026, secondo quanto dichiarato dal Presidente della taiwanese PSMC (ottava fonderia al mondo), Frank Huang, all’Economic Times.
La Cina all’angolo? Non proprio
I governi occidentali sono preoccupati per la carenza di chip e non volendo rivolgersi alla Cina cercano o di aumentare la produzione interna o di favorire quella di Paesi amici, sanzionando chiunque abbia intenzione di collaborare con Pechino.
La overcapacity cinese, che secondo tanti analisti mette a repentaglio i mercati mondiali, potrebbe in realtà rivelarsi l’asso nella manica per il grande Paese asiatico, perché i chip standard vedono la domanda globale aumentare.
Questo perché se è vero che gli Stati Uniti sono molto più avanti sui chip di alta fascia, sempre meno imprese americane ed europee si occupano di questi prodotti di seconda fascia (o di prestazioni standard), considerati a scarso rendimento economico, ma molto utilizzati nell’industria dell’elettronica di consumo, automobilistica, aerospaziale, sanitaria, della robotica e militare.