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Il peso del gap digitale, formazione solo per il 5% dei dipendenti della PA

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Presentati i nuovi dati del “Censimento permanente delle istituzioni pubbliche” dell’Istat: enti pubblici poco inclini a sviluppare competenze informatiche, manageriali, relazionali e linguistiche utili al processo di trasformazione digitale della PA. Scarso l’utilizzo di soluzioni IoT, cloud e dei big data.

L’Istat ha censito 12.848 istituzioni pubbliche italiane alla fine del 2017. Al loro interno prestano servizio, tra personale dipendente (95% circa) ed esterno, oltre 3.5 milioni di addetti. Per tutte queste persone centrale, in termini di trasformazione digitale della Pubblica Amministrazione (PA), come più volte sostenuto da esperti, politici e imprenditori, è l’acquisizione delle nuove competenze digitali (digital skills).

Nel 2017, si legge nel “Censimento permanente delle istituzioni pubbliche”, presentato stamattina dall’Istat, oltre la metà degli enti pubblici ha organizzato o finanziato attività di formazione per il proprio personale. In totale, sono state organizzate o finanziate dalle istituzioni pubbliche più di 217mila attività formative che hanno registrato oltre 2 milioni e mezzo di partecipanti.

Formazione digitale marginale
Esaminandole una ad una, si conferma l’orientamento comune degli enti a una formazione di tipo tradizionale, volta ad accrescere e aggiornare le competenze nelle materie tecnico specialistiche (45,2% dei partecipanti), connesse all’esercizio della propria missione istituzionale, e giuridico normative (30,9% dei partecipanti).
Istituzioni pubbliche che si sono dimostrate poco inclini a sviluppare competenze informatiche, manageriali, relazionali e linguistiche utili al processo di innovazione e digitalizzazione della Pubblica Amministrazione. In generale, la formazione in materia di digitalizzazione ha riguardato meno del 5% dei partecipanti.

Attività di formazione e nuovi canali oniline
La quasi totalità delle attività di formazione viene svolta attraverso la tradizionale tipologia del corso in aula (73,2% nei due anni), seguita dalla partecipazione a convegni e conferenze (9,7%, in leggera flessione rispetto all’11,9%), particolarmente diffusa presso gli enti locali (Comuni, Province e Città metropolitane, Comunità montane e unioni di comuni).
La formazione in situazione di lavoro (learning on the job) e l’elearning rappresentano rispettivamente il 6% e il 4% del complesso delle attività formative svolte. Le restanti tipologie di formazione monomodali, tra cui la videoconferenza/webinar, l’autoapprendimento e il telefono, sono state utilizzate rispettivamente nel 3,1%, 0,9% e 0,4% dei casi.
Le attività formative erogate in modalità mista, come quelle con parte in aula e parte elearning (blended learning,) sono il 2,8% nel 2017, in aumento rispetto all’1,5% del 2015. In aumento anche il peso relativo delle videoconferenze (dal 2,1% al 3,1%).

PA e i nuovi strumenti digitali
Nel 2017 la quasi totalità delle istituzioni pubbliche ha utilizzato il web per la gestione dei dati e l’erogazione dei propri servizi (87,9%), tecnologia il cui utilizzo è ormai consolidato in tutte le realtà organizzative, con lievi ritardi tra i Comuni (87,4%), le Comunità montane e le unioni dei comuni (85,8%), gli Enti pubblici non economici (89,5%).
Più contenuto, ma comunque significativo, è l’utilizzo dei servizi di cloud computing (30,5%) mentre sembrano ancora poco sfruttate, rispetto alle possibilità di impiego, le applicazioni mobile (19,4%), soprattutto considerando che il 41,9% delle istituzioni utilizza i social media nelle interazioni con gli utenti.
Poco diffuse le tecnologie più avanzate: nel 2017 il 5,9% delle istituzioni pubbliche ha analizzato big data e il 4,6% ha impiegato la tecnologia Internet of Thing (IoT).

Sono le Università pubbliche, infine, a presentare un livello di digitalizzazione più ampio e completo rispetto alle diverse tecnologie: tutte o quasi tutte utilizzano il web o i social media (rispettivamente il 100% e il 97,2%), l’84,5% si serve di servizi di cloud computing e il 73,2% di applicazioni mobile.
Un quarto delle università pubbliche impiega inoltre la tecnologia IoT, anche se in termini di analisi dei big data (35,2%) è superata dagli organi centrali dello stato (39,4%).

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