Molti pensano che ChatGPT sia già un motore di ricerca: possiamo digitare query simili a quelle che scriviamo su Google ma con un grosso limite: la conoscenza del chatbot è ferma allo scorso autunno. Per questo si è vociferato in passato della possibilità che OpenAI potesse presentare un vero e proprio motore di ricerca che, nella notte italiana, ha preso il nome di SeatchGPT.
“Ottenere risposte sul web può richiedere molto impegno, spesso richiedendo più tentativi per ottenere risultati pertinenti”, ha affermato l’azienda in un post sul proprio sito. “Riteniamo che migliorando le capacità conversazionali dei nostri modelli con informazioni in tempo reale dal web, trovare ciò che stai cercando può diventare più rapido e semplice”.
Per ora il servizio è in anteprima con un accesso limitato a 10.000 tester.
Allenato su fatti verificati
I chatbot AI attingono a immense quantità di ciò che è noto come dati di addestramento da una varietà di fonti, tra cui Internet. “SearchGPT risponderà rapidamente e direttamente alle tue domande con informazioni aggiornate dal web, fornendoti al contempo link chiari a fonti pertinenti”, ha affermato la società, aggiungendo che gli utenti potranno porre domande di follow-up alle loro query per informazioni più complete.
Un chiaro segnale a Google, il perno della ricerca web, che rappresenta circa il 90% dell’attività di ricerca su internet. A maggio, Big G ha iniziato a integrare nei risultati “standard” ciò che chiama AI Overviews, riepiloghi basati su Gemini che compaiono sopra la carrellata di link. All’inizio, AI Overviews ha restituito alcuni risultati imbarazzanti, ma Google si è rapidamente riorganizzato e ora le sue pagine di ricerca mostrano regolarmente la nuova funzione in mercati selezionati, tra cui gli Stati Uniti.
Ieri, Microsoft ha svelato il suo approccio alla fusione di AI e ricerca, chiamato Bing Generative Search. Per ora, è disponibile solo per “una piccola percentuale di domande degli utenti”. Insomma, ne vedremo delle belle.
Scenario complesso per OpenAI
OpenAI dovrà procedere con una certa cautela visto che muove i primi passi nello scenario della ricerca web, che può essere molto complesso. Di recente, Perplexity, un ulteriore concorrente è stato criticato per aver rubato contenuti da pubblicazioni tra cui Wired e Forbes. OpenAI è già stata colpita da un’azione legale per i dati di training che ha immesso in ChatGPT. A dicembre, il New York Times ha intentato una causa contro la startup, sostenendo che sta “utilizzando i contenuti del Times illecitamente per creare prodotti che sostituiscono il Times e gli rubano il pubblico”.
Non è un caso che per SearchGPT, OpenAI stia lavorando con editori e creatori, così che il motore possa citare ed elencare le fonti, in modo trasparente. Un primo partner dell’iniziativa è The Atlantic, che ha già dato il via libera per consentire al servizio di cibarsi dei suoi contenuti da proporre nelle risposte.