Premessa
Le aree urbane devono ripensare le proprie politiche per rafforzare le loro capacità di preparazione e risposta ai rischi e diventare più resilienti, intelligenti e inclusive. In tale contesto, uno degli obiettivi è garantire la resilienza dei propri servizi e sistemi rispetto a scenari multi-rischio, in cui l’effetto dei pericoli locali si combina con sfide globali come i cambiamenti climatici e le pandemie. Inoltre, il concetto di inclusività sta diventando cruciale, come evidenziato durante il COVID che ha mostrato come la popolazione più vulnerabile sia quella che vive nelle aree scarsamente e densamente popolate, dove spesso il livello dei servizi sociali e fisici non è adeguato. In tale contesto, una possibile risposta a tale esigenza è rappresentata dalla possibilità di modellare le città secondo il concetto di “città di 15 minuti”, che assicura che i cittadini abbiano servizi e funzioni fondamentali a una distanza percorribile in 15 minuti, con evidenti vantaggi in termini di vivibilità.
Come si può garantire la resilienza nelle aree urbane?
Alla luce dello scenario appena descritto, è necessario concentrarsi su alcuni aspetti sistemici del monitoraggio e della sorveglianza delle aree urbane.
Il primo è che la resilienza deve essere affrontata nel suo complesso, dato che i servizi e le reti sono interconnessi e interdipendenti (ad esempio, sistema sanitario, trasporti, distribuzione di energia e acqua, qualità dell’aria, protezione da eventi meteorologici estremi, ecc.). La principale conseguenza di queste interconnessioni è che il collasso completo dei servizi (blackout) può diventare una possibilità realistica.
Il secondo aspetto è che la resilienza può essere conseguita solo in presenza di un monitoraggio continuo e dettagliato sia delle strutture/infrastrutture/servizi che del territorio su cui insistono, e che senza tale monitoraggio è impossibile definire correttamente gli interventi da effettuare e le loro priorità.
Il terzo aspetto riguarda lo sviluppo di nuovi sistemi di monitoraggio basati su tecnologie di osservazione della Terra, di posizionamento e navigazione e sulle tecnologie ICT che sfruttino il cittadino come sensore e i cosiddetti “sensori non sensori”, ossia sensori che forniscono informazioni utili per il monitoraggio anche se non sono stati progettati a tale scopo. Tutti questi dati “sensoriali” devono essere integrati per ottenere una consapevolezza completa e affidabile dello scenario; nasce quindi l’esigenza di elaborare e sistematizzare grandi quantità di informazioni trattabili solo grazie all’AI e all’HPC.
Per il monitoraggio risulta cruciale il concetto di integrazione: come si declina tale concetto?
L’integrazione è fondamentale per raggiungere diversi obiettivi, come:
– Sviluppare una piattaforma di monitoraggio in grado di integrare diverse tecnologie di rilevamento/diagnostica (incluse nuove tecniche operative, come il cittadino come sensore e i sensori senza sensori) con infrastrutture di dati spaziali e architetture ICT;
– La capacità di assimilare i dati di monitoraggio e gli indicatori provenienti dai sensori nei modelli di ingegneria civile, con l’obiettivo di valutare il degrado delle prestazioni della struttura o del sistema di trasporto. Questo è fondamentale per poter identificare azioni e strategie per una gestione efficace ed economicamente sostenibile delle infrastrutture;
– La possibilità di abbinare il monitoraggio attuale con capacità di early warning e quick damage assessment (allerta precoce e valutazione dei danni rapida);
– L’uso di AI e Big Data per il monitoraggio e la previsione del comportamento delle aree urbane e del territorio circostante, in termini di stato attuale e scenari di rischio futuri (climatici, pandemici, idrogeologici, sismici, ecc.).
La sostenibilità dei nuovi sistemi di monitoraggio e sorveglianza non è garantita solo da un uso intelligente di tutti gli strumenti tecnologici, ma anche, e soprattutto, dai risparmi economici derivanti da una pianificazione efficiente degli interventi di manutenzione.
In che modo è organizzato un sistema di monitoraggio?
Dal punto di vista tecnologico, lo schema concettuale può essere concepito per affrontare le seguenti sfide:
(i) definizione della strategia di rilevamento più adatta per ciascuna area della città, in base al tipo, alla localizzazione, all’estensione e alla gravità del rischio e dello scenario di degrado/danno;
ii) Sfruttamento e integrazione di diverse tecniche di rilevamento non invasive e configurazioni di sensori per monitorare le aree e le singole strutture durante il loro ciclo di vita. In questo contesto, l’adozione di sistemi di rilevamento semplici ed economici, ma pervasivi, direttamente nelle abitazioni della popolazione, potrebbe essere importante anche per migliorare il senso di protezione e inclusività.
(iii) Selezione della tecnica di elaborazione dei dati, dell’approccio di modellazione e del metodo di analisi più adatti, inclusi AI e Big Data, per i diversi effetti di difetto/degradazione/danno in scenari multi-rischio presenti e futuri. Questo è importante per pianificare gli interventi di manutenzione e fornire supporto alla pianificazione urbana.
(iv) Valutazione in tempo reale dei livelli di rischio della struttura riguardo al raggiungimento di diversi livelli di prestazione in condizioni di servizio e ultime.
Quali sono gli aspetti da considerare per rendere sostenibile il monitoraggio?
La sostenibilità dei nuovi sistemi di monitoraggio e sorveglianza non è garantita solo da un uso intelligente di tutti gli strumenti tecnologici, ma anche, e soprattutto, dai risparmi economici derivanti da una pianificazione efficiente degli interventi di manutenzione.
Nell’implementazione di un sistema di monitoraggio, è necessario considerare diversi aspetti critici per garantire l’ottimizzazione delle prestazioni.
In primo luogo, è fondamentale sfruttare configurazioni e impostazioni di rilevamento non ridondanti per acquisire dati pronti per essere utilizzati. Le tecnologie di rilevamento devono essere organizzate in catene di osservazione dove le tecnologie più sofisticate devono essere scelte in funzione dei risultati delle tecnologie di visione globale (satellitari) e a più basso costo.
In secondo luogo, i risultati derivanti dall’elaborazione dei dati dovrebbero essere presentati via web, utilizzando una rappresentazione grafica adeguata e di facile lettura, in un quadro comune integrato, per ottenere una valutazione rapida e completa dello stato di salute dell’area e delle singole strutture.
In terzo luogo, è necessario utilizzare una varietà di configurazioni di sensori e metodi di rilevamento per monitorare il degrado a lungo termine e per valutare rapidamente i danni causati da un evento. La possibilità di incorporare i sensori direttamente nel design della struttura dovrebbe anche essere considerata come strumento per monitorare il comportamento della struttura fin dal “tempo zero” del suo ciclo di vita, per poter monitorare l’intero ciclo di vita della struttura, compresa la sua risposta agli eventi estremi.
Alcuni contributi di IREA
L’Istituto per il Rilevamento Elettromagnetico dell’Ambiente del CNR (IREA) è impegnato in importanti attività di ricerca e trasferimento tecnologico nell’ambito del monitoraggio del territorio mediante sensori e tecniche radar satellitari, aerei e drone per l’identificazione e la valutazione dei fattori di rischio (sismico, vulcanico, idrogeologico e antropico) e la sorveglianza dell’ambiente costruito e delle infrastrutture. In questo modo, è stato possibile costruire approcci integrati in grado di effettuare un monitoraggio multiscala, multirisoluzione e multiprofondità dell’ambiente, degli edifici e delle infrastrutture.
L’IREA è un Centro di Competenza del Dipartimento della Protezione Civile per il monitoraggio delle deformazioni del suolo associate a fenomeni di pericolosità naturale e antropica, rilevate mediante l’Interferometria Differenziale Radar ad Apertura Sintetica (DInSAR), una tecnica radar satellitare che misura le deformazioni del suolo con elevata precisione confrontando immagini radar acquisite in tempi diversi. L’IREA monitora le deformazioni della crosta terrestre dei principali vulcani attivi italiani, come la caldera dei Campi Flegrei, il Vesuvio, l’isola d’Ischia, l’Etna, lo Stromboli e Vulcano, e fornisce aggiornamenti mensili al Dipartimento della Protezione Civile.
I progressi delle tecnologie di telerilevamento satellitare, basate su immagini radar ad apertura sintetica, permettono di monitorare anche le deformazioni localizzate che interessano singoli edifici in aree urbane, infrastrutture di trasporto e siti archeologici.
Inoltre, presso l’IREA sono in corso attività di ricerca volte a migliorare le prestazioni degli approcci che sfruttano congiuntamente dati radar e ottici per la mappatura degli eventi alluvionali, spesso accentuati dai cambiamenti climatici e che minacciano sia le aree urbane che quelle rurali. Le informazioni derivate da satellite (radar e ottiche) combinate con misure in situ hanno permesso ai ricercatori dell’IREA di sviluppare, implementare e dimostrare l’efficacia di approcci modellistici per l’imaging dell’interno dei vulcani e la caratterizzazione delle faglie sismogenetiche.
L’IREA vanta anche una notevole esperienza nell’utilizzo di tecniche diagnostiche in situ per il monitoraggio di infrastrutture ed edifici. In particolare, le metodologie di elaborazione dei dati georadar sviluppate presso l’IREA rappresentano temi di grande rilevanza per la sicurezza.
Tali metodologie consentono di ottenere informazioni dettagliate sul bene analizzato o sulle strutture monitorate e di rilevare eventuali fattori di rischio attraverso un monitoraggio non invasivo. Inoltre, consentono di individuare, localizzare e determinare l’estensione e la forma di oggetti sepolti. Ciò ha permesso, nel novembre 2019, di individuare la pianta di un tempietto dorico del V secolo a.C. presso le mura dell’antica città di Paestum, in Campania, un monumento definito “gioiello dell’architettura dorica tardo-arcaica”, a circa un metro di profondità.