La notizia, in un Paese normale, acquisirebbe una valenza esplosiva, politicamente, se l’Italia fosse un Paese normale: il leader della Lega Matteo Salvini, attuale Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti nonché Vice Presidente del Consiglio dei Ministri, ancora poco tempo fa, ribadiva in modo roboante la sua volontà di abolire il canone della Rai (tesi che peraltro propugna da un decennio almeno), e ieri lunedì 14 novembre il suo collega ministro Giancarlo Giorgetti dirama una nota del Ministero dell’Economia e Finanze nella quale si precisa che non è “fondata” l’esclusione del canone Rai dalle bollette elettriche.
È un dispaccio Ansa delle ore 15:10 di ieri a rilanciare la nota del Mef: “Le voci di un’esclusione del canone Rai dalla bolletta elettrica non risultano, alla luce del lungo lavoro istruttorio in corso, fondate. La milestone Pnrr trova il suo fondamento nell’esigenza di tutela della concorrenza del mercato dell’energia elettrica e si basa sulle proposte Agcm, la quale non aveva rilevato alcuna criticità in merito al pagamento del canone Rai dal punto di vista della concorrenza del mercato dell’energia, a condizione che il pagamento fosse trasparente per gli utenti finali. Requisito che risulta soddisfatto”.
L’Italia non è comunque – notoriamente – un Paese normale, e quindi forse quasi inutile commentare oltre… Si rimanda all’analisi accurata del Redattore Anonimo sul blog specialistico “BloggoRai”, per gli approfondimenti tecnici del caso (vedi il post odierno “Rai: le dita negli occhi”)…
Non entriamo nel merito del linguaggio utilizzato nella nota del Mef, ma non possiamo non evidenziare che la vicenda non è basata esattamente su generiche… “voci” (il curioso termine utilizzato dall’anonimo estensore della nota ministeriali: “voci”???), bensì su una vicenda che ha radici lontane nel tempo.
Il Ministro risponde alla lettera di allarme dei sindacati sul canone Rai
Senza ombra di dubbio, la nota del Mef si pone come risposta ad una lettera d’allarme inviata ieri stesso dai sindacati (in quantità schierata: Slc-Cgil, Fistel-Cisl, UilCom-Uil, Ugl-Fnc, Snater, Libersind-Confsal, Adrai, Usigrai…), nella quale si chiedeva un incontro al neo Ministro per affrontare il nodo emerso: “Come Le sarà certamente noto, la determina del precedente Esecutivo, a seguito di una specifica deliberazione del Parlamento, ha indicato la riscossione del Canone in bolletta elettrica fra gli oneri impropri la cui permanenza non sarà più consentita a far data dal 1° gennaio 2023. Questa decisione, vista anche la vicinanza temporale con la scadenza del 31 dicembre 2022, oltre a provocare un clima di profonda incertezza relativamente alle modalità di finanziamento del Servizio Pubblico Radiotelevisivo, rischia di avere un impatto dirompente sul futuro stesso della Rai”. Qui la tesi di fondo: “privare la più grande Azienda culturale del Paese della certezza dei finanziamenti, oltre alle evidenti ricadute in termini occupazionali che ne potrebbero derivare, avrebbe degli effetti diretti sullo stesso Ministero da Ella guidato, in quanto Azionista di Rai Spa”.
Si ricordi che l’azionariato di Rai Radiotelevisione Italiana spa è così ripartito: Mef 99,56 % delle azioni e Siae (Società Italiana degli Autori ed Editori) per il residuo 0,44 %. Sarebbe interessante conoscere anche quel che pensa l’azionista Siae rispetto alla prospettiva dell’abolizione del canone Rai, dato che sarà sì socio “di minoranza” ma pur rappresenta gran parte dell’anima creativa dell’industria culturale nazionale, con i suoi oltre 106mila associati. Si ricorda che nel dicembre del 2021, in occasione di una audizione al Senato di fronte alla Commissione Lavori Pubblici e Comunicazioni (nell’ambito dell’esame dei disegni di legge di riforma della Rai), il Direttore Generale della Siae Gaetano Blandini sostenne: “è giusto chiedere alla Rai di assolvere i propri impegni verso la creatività e la produzione di nuovi contenuti. Ed è giusto chiedere impegni sempre maggiori, efficaci, trasparenti, e spostare costantemente più in alto l’asticella degli obiettivi. Ma è altrettanto giusto mettere la Rai nella condizione di operare al meglio, con risorse adeguate: da una parte tagliando eventuali sprechi, eliminando le spese superflue e facendo sinergie, dall’altra assicurando le risorse economiche necessarie”.
Il Ministro Giorgetti indirettamente precisa: nessun rischio di eliminazione del pagamento del canone Rai dalla bolletta elettrica.
Almeno per ora, si potrebbe aggiungere, leggendo tra le righe della burocratica ed un po’ criptica comunicazione ministeriale.
Non ci risulta una reazione ufficiale di Matteo Salvini, anche se alcuni quotidiani sostengono che la risposta di Giorgetti non è proprio assoluta né definitiva, ma sostanzialmente dilatoria, e che il nodo sarebbe stato semplicemente rimandato.
Fronte plurimo per l’abolizione del canone Rai… dalla Lega al M5S?
Come scrive in modo chiaro questa mattina Manuela Perrone sul quotidiano confindustriale “Il Sole 24 Ore”, se “è vero che nell’ambito del Pnrr l’Italia si era impegnata con l’Europa a far sparire dai costi dell’energia tutti gli «oneri impropri»”, e se è vero “che ad aprile, con un ordine del giorno al decreto energia presentato alla Camera da Maria Laura Paxia (Misto) e accettato dal governo Draghi rappresentato in Aula dalla Sottosegretaria leghista Vannia Gava, l’esecutivo si era impegnato con il Parlamento ad adottare «misure normative dirette a scorporare il canone Rai dalle fatture relative al consumo elettrico» a partire dal 2023”, è altrettanto vero che… gli “ordini del giorno” non sono vincolanti.
E quindi lasciano il tempo che trovano.
Da ricordare che ormai due anni fa Maria Laura Paxia, allora nelle fila del Movimento 5 Stelle, rese nota una eccentrica proposta di legge (più volte annunciata) che prevedeva una abolizione del canone, da sostituire “con un gettito derivante fino al 40 % dall’imposta sui servizi digitali, fino al 20 % da una tassa sui ricavi delle emittenti radiofoniche e televisive diverse dalla Rai e fino ad un 10 % da una tassa sui ricavi delle emittenti a pagamento, anche analogiche” (vedi “Key4biz” del 15 novembre 2019, “Abolizione canone Rai: pubblicata la proposta di legge di Maria Laura Paxia (M5S)”).
E peraltro qualche mese prima, a fine luglio 2019, lo stesso allora Ministro Luigi Di Maio aveva dichiarato: “lavoriamo per abolire il canone Rai. Tra pochi minuti, avremo qui al Mise una riunione sul canone Rai, perché vogliamo abolirlo e stiamo trovando la soluzione tecnicamente migliore”.
Va ricordato che l’iter della proposta di legge Paxia non è mai iniziato, ma nell’aprile del 2022 il Governo ha approvato un “ordine del giorno” presentato dalla stessa Paxia (intanto passata al Gruppo Misto), al “Decreto Energia”: accettato dal Governo – portato in Aula da Vannia Gava (Sottosegretaria per la Transizione Ecologica nel Governo guidato da Mario Draghi) – come “raccomandazione”, è stato poi accolto con riformulazione, cioè senza dover essere posto ai voti.
L’odg prevedeva di “adottare misure normative dirette a scorporare dal 2023 il Canone Rai”. In quell’occasione, Paxia ha sottolineato che così si dà finalmente “seguito all’impegno che l’Italia aveva con l’Ue europea di scorporare il canone Rai” in quanto “onere improprio”. La leghista Vannia Gava è attualmente Vice Ministro della Transizione Ecologica nel Governo guidato da Giorgia Meloni.
Si segnala che Maria Laura Paxia non è stata ricandidata alle elezioni politiche e si ricorda che Luigi Di Maio è scomparso dai radar.
Amen per i grillini, rispetto alle ardite proposte di abolizione del canone Rai, ma che dire della Lega Salvini?
Così operando, con la sortita di ieri, il Ministro Giancarlo Giorgetti viola quindi uno dei sei “sacri impegni” (sic) di Pontida, che Salvini ha fatto sottoscrivere a tutti i dirigenti del Carroccio?! In sintesi, questi erano gli impegni assunti: “stop bollette, autonomia, flat tax, Quota 41, decreti sicurezza e giustizia giusta”.
Il Salvini-pensiero contro il canone Rai: tesi “coerente e testarda” sostenuta da dieci anni
E, nell’economia dello “stop bollette”, Salvini dichiarava a chiare lettere: “Zero canone Rai, zero. Si può fare, lo fanno altri 10 Paesi”. Questa era stata la proposta manifestata dal leader della Lega dal palco del raduno leghista di Pontida, che spiegava come la misura rappresentasse “uno dei piccoli esempi di cose che si possono fare… 90 euro per un pensionato e un disoccupato significa fare la spesa tre volte in più. Penso che possiamo permetterci di azzerare il canone Rai per aiutare qualche italiano a mangiare di più”. Salvini concludeva rivolgendosi ai manifestanti sul pratone: “Siete d’accordo? Allora approvato dal Consiglio dei ministri, un Consiglio dei ministri informale” (vedi il nostro intervento del 19 settembre 2022 su “Key4biz”, “Salvini rilancia l’abolizione del canone Rai”).
Il 19 settembre scorso, emergeva anche una ulteriore nota ufficiale della Lega Salvini: “via il canone Rai dalle bollette della luce degli italiani. In un momento drammatico come questo, è necessario garantire interventi immediati a famiglie e imprese e, dall’altra, ragionare sulla tv di Stato tagliando sprechi, maxi stipendi e incrementando la pubblicità. È un modello già seguito da altri Paesi europei, sono incomprensibili alcune reazioni scomposte delle ultime ore. Chi si oppone all’efficientamento della Rai ha interessi da tutelare?”.
A distanza di un mese, il 19 ottobre Salvini tornava nuovamente sul tema: “Cancellare il canone Rai? Assolutamente sì, anche perché, guardando certi programmi della Rai, ti vien da domandarti ma perché gli italiani devono pagare certi professionisti o presunti tali di sinistra che fanno comizi in Rai?”. Queste le parole del leader della Lega in una diretta su Facebook.
E gli storici ricordano un post, sempre su Facebook, datato 17 gennaio 2013, ovvero quasi 10 anni fa: “Abolizione del canone Rai. La Lega Nord lo propone, coerente e testarda, da anni. Senza successo purtroppo, visto che a destra e a sinistra non hanno mai sostenuto con entusiasmo questo progetto. Intanto Spagna, Portogallo, Olanda e Ungheria non fanno pagare un solo euro ai loro cittadini per la tivù pubblica. Privatizzare la Rai e abolire il canone. Siete d´accordo con il Progetto della Lega Nord?”.
A distanza di un decennio… parole al vento?!
È evidente che il leader della Lega è stato sconfessato dal suo stesso Ministro.
Perdura il totale assoluto incredibile “deserto di idee” rispetto ai futuri possibili della Rai ed il “contratto di servizio” in gestazione resta un mistero
Si ricordi che il canone Rai da 90 euro in bolletta, suddiviso in 10 rate da 9 euro l’una, è entrato in azione a partire dal luglio del 2016 (l’entità del canone veniva peraltro anche ridotta, dai 113 euro di allora agli ancora attuali 90 euro): la scelta di inserirlo nelle fatture energetiche era stata fatta dal Governo Renzi, nella Legge di Stabilità, per ridurre il numero di persone che, pur essendo tenute a pagarlo, non versavano la cifra richiesta dal servizio pubblico.
Questa decisione ha consentito a viale Mazzini di stabilizzare in qualche modo la sua ossigenazione finanziaria, riducendo quindi la quota di evasione che, secondo alcune stime, veleggiava intorno al 30 per cento…
Il Codacons ha così commentato ieri stesso: “il canone Rai è a tutti gli effetti l’imposta più odiata dagli italiani e i tempi sono oramai maturi per la sua definitiva abolizione… L’inserimento del canone nelle fatture elettriche ha rappresentato una vera e propria vessazione a danno degli utenti, che si sono ritrovati a pagare bollette più salate a causa della decisione dell’allora Governo Renzi. La questione finì anche dinanzi al Tar del Lazio, dove la nostra associazione presentò un ricorso per contestare la misura in virtù dell’illogicità della riscossione di un tributo legato al possesso del televisore attraverso le bollette elettriche”. E quindi il Codacons ribatte sulla propria tesi “abolizionista”: “riteniamo che i tempi siano oramai maturi per procedere ad una abolizione totale del canone Rai, considerato il nuovo scenario del mercato televisivo italiano e la possibilità per la Rai di concorrere ad armi pari con le altre reti attraverso la raccolta pubblicitaria. Senza contare che il canone inserito in bolletta aggrava la spesa degli utenti per le forniture elettriche, forniture le cui tariffe hanno subito nell’ultimo trimestre del 2022 un rincaro del +122 % rispetto all’ultimo trimestre del 2021”.
La nota del Mef è stata commentata anche da Massimiliano Dona, Presidente dell’Unione Nazionale Consumatori – Unc: “secondo il Mef le voci di un’esclusione del canone Rai dalla bolletta elettrica non risultano fondate perché l’Agcm non aveva rilevato alcuna criticità in merito al pagamento del canone Rai dal punto di vista della concorrenza del mercato dell’energia. Per la verità il parere dell’Antitrust è del 28 ottobre 2015, ben prima che l’Unione Europea sollevasse un problema non solo legato alla concorrenza in senso stretto, ma anche al mercato dell’energia e che riguardava il fatto che non si può chiedere obbligatoriamente ai fornitori di energia di riscuotere oneri non legati al proprio settore di mercato, così come non si può chiedere ai consumatori di pagare nella stessa bolletta un costo legato a un servizio diverso”. Conclude Dona: “non ci pare che questi motivi siano venuti meno e non abbiano fondamento. Il canone resta un onere improprio non legato ai consumi di elettricità”.
Al di là delle tesi delle due associazioni (Codacons e Unc), quel che qui ci preme rimarcare è che il canone è questione paradossalmente “accessoria”, rispetto al totale assoluto incredibile “deserto di idee” in relazione ai futuri possibili della Rai: la questione del finanziamento pubblico di Viale Mazzini è certamente importante, ma prima ancora dovrebbe essere ri-definito il suo profilo identitario nel nuovo scenario dei media, tra web e piattaforme.
Purtroppo, tutto tace e nessuno ufficialmente ha notizia da parte dei due contraenti del “contratto”, ovvero né dal Mise (l’ex “Ministero dello Sviluppo Economico”) ormai Mimit (oggi “Ministero delle Imprese e del Made in Italy”) né dalla stessa Rai: a che punto è il misterioso novello “contratto di servizio”?!
Ricordando – “en passant” – che quello attuale è ancora in essere, dato che regola (avrebbe dovuto regolare!) i rapporti tra Mise e Rai nel quinquennio 2018-2022: si ri-denuncia che nessuno ha effettivamente posto in atto minime verifiche di coerenza rispetto al dettato contrattuale. È stata Rai adeguatamente adempiente?! È stata dotata delle risorse economiche per essere nelle condizioni di adempiere?! Non si tratta di quesiti oziosi, ma nessuno (si ribadisce: nessuno!) sembra interessarsene…
Se ne vorrà fare carico il prossimo Presidente della Commissione bicamerale di Vigilanza sulla Rai?! Se venisse eletto Carlo Calenda, ne potremmo vedere delle belle, data la abituale effervescenza del personaggio: il leader di Azione-Italia Viva ha dichiarato a chiare lettere che l’incarico lo intriga: “noi lavoreremo per averla (la presidenza della Vigilanza, n.d.r.), ci mancherebbe. Questo è un lavoro che sa fare benissimo Matteo Renzi, se ne sta occupando lui. Dopodiché… se arriva arriva, sennò ciccia”. Secondo altre voci, Matteo Renzi starebbe sostenendo, in alternativa a Calenda, anche l’opzione Maria Elena Boschi…
Insomma, ad oggi nessuna novità rispetto a quel che scrivevamo venerdì scorso su queste colonne, in argomento: vedi “Key4biz” dell’11 novembre 2022, “Cultura e media: la rotta del Governo Meloni è incerta, tra il Ministro Sangiuliano ed una Rai sbiadita”.
Il “dossier Rai” è oggi tutto nelle mani del Ministro Adolfo Urso
Non ci risulta peraltro ancora alcuna presa di posizione (pubblica) del titolare del Mimit, dall’assunzione dell’incarico il 22 ottobre, ovvero del senatore Adolfo Urso di Fratelli d’Italia, rispetto al “contratto di servizio” in gestazione.
È opportuno ricordare una dura presa di posizione del Presidente del Consiglio, esattamente un anno fa, su un tema correlato al “canone Rai”: il 31 ottobre del 2021, Giorgia Meloni, allora “soltanto” leader (Presidente) di Fratelli d’Italia sostenne: è “irricevibile la proposta dell’Ad della tv di Stato nominato da Draghi, Carlo Fuortes, di far pagare anche i cittadini che utilizzano device diversi dalla tv per vedere la programmazione del servizio pubblico. Di fatto, sarebbe un aumento mascherato del canone Rai che andrebbe a pesare su ogni singolo italiano che possiede uno smartphone. Ricordiamo, infatti, che oggi il canone inserito nella bolletta elettrica è dovuto una sola volta per nucleo famigliare e non per apparecchio posseduto. FdI contrasterà questa proposta in tutte le sedi perché è inaccettabile, soprattutto in questo momento di crisi economica, mettere ancora le mani nelle tasche degli italiani”…
Si ricordi che il 17 maggio del 2022 il predecessore di Urso al Mise Giancarlo Giorgetti dichiarò: “sono soddisfatto dell’atto di indirizzo per il contratto di servizio Rai approvato in Consiglio dei Ministri. Il testo definito è stato condiviso con tutti i ministri e c’è stato tempo per tutte le forze politiche di fare le loro osservazioni. Personalmente sono orgoglioso che il Servizio pubblico abbia, tra gli obiettivi, la valorizzazione dell’impresa italiana attraverso il racconto di storie di veri e coraggiosi imprenditori. Tra gli altri obiettivi abbiamo voluto inserire il valore dello sport come stile di vita, la modernizzazione di Raiplay anche in un’ottica attrattiva per i giovani e il digitale. Un’attenzione particolare è stata dedicata all’informazione, che deve essere obiettiva, approfondita e pluralista nel pieno rispetto degli utenti, soprattutto minori. Fondamentale, poi, l’introduzione di criteri di misurazione degli obblighi, che consentirà al Ministero di verificare costantemente il rispetto del contratto”.
Attendiamo di conoscere il pensiero del neo Ministro Adolfo Urso: il “decision maker” è lui. Giorgetti potrà decidere delle migliori modalità di riscossione del canone, ma oggi è Urso a decidere del futuro di breve-medio periodo della Rai.