Il mondo cinematografico e televisivo e audiovisivo italiano è un “sistema chiuso”, una sorta circolo ad inviti, le cui logiche cooptative sono misteriose?
Chi redige queste noterelle, conosce questo “mondo” (ovvero crede, pensa, si illude di conoscere…) da oltre trent’anni, e si domanda ancora – con adolescenziale ingenuità – come diavolo sia possibile che notizie importanti, per il “governo” reale di questo mondo, vengano spesso completamente ignorate.
Un esempio di queste curiose… “distrazioni”?!
Il 14 marzo 2022, il Ministro della Cultura Dario Franceschini ha firmato il decreto ministeriale di nomina dei “nuovi” 15 esperti previsti dalla Legge Cinema e Audiovisivo che reca il suo nome (la n. 220 del 2016): la notizia è stata pubblicata sul sito web della Direzione Cinema e Audiovisivo (Dgca) il 1° aprile, ma nessuna testata giornalistica l’ha rilanciata. Si rimarca: nessuna! In verità, un dispaccio di agenzia c’è stato, martedì scorso 5 aprile sulle colonne di AgCult, la eccellente testata specializzata diretta da Ottorino De Sossi: dispaccio non ripreso da nessuno…
Eppure questa eletta schiera di esperti ha una funzione determinante nell’economico e nel semiotico dell’industria italiana delle immagini, perché il loro parere è in molte occasioni determinante nello sviluppo di “idee” e progetti ed iniziative, nell’ambito della scrittura, della produzione, della promozione… Da una sceneggiatura a partire da un soggetto all’ideazione ed organizzazione di un festival cinematografico…
A chiare lettere: dalle loro scelte (estetiche e ideologiche) dipende la nascita o la morte di molte progettualità creative e produttive. Sono loro i componenti dell’Alta Corte del Cinema e dell’Audiovisivo italiano, che pure si affianca ad altri livelli decisionali, tra i quali va segnalato in primis il “dominus” di Rai Cinema Paolo Dal Brocco e la “domina” di Rai Fiction, Maria Pia Ammirati. Almeno, al Ministero della Cultura, il “decision making” non è esattamente… monocratico.
Quello dei 15 “super-esperti” è un ruolo oggettivamente importante: e non è casuale che una delle 2 uniche “new entry”, Rita Borioni (già membro del Consiglio di Amministrazione Rai dal 2015 al 2021, storica dell’arte, esperta di beni culturali e consulente in materia di cinema e media per alcuni parlamentari del Partito Democratico), abbia manifestato la propria gioia (“ne sono molto felice, orgogliosa e onorata”) per la cooptazione, sul proprio profilo Facebook, il 31 marzo scorso, non appena ricevuto l’atto di nomina (registrando poi un flusso notevole di commenti positivi e congratulazioni, oltre duecento…). Quella di Borioni è stata una sorta di segnalazione… in anteprima.
Questi 15 esperti sono chiamati ad esprimersi rispetto alla selezione dei progetti e per la concessione di contributi selettivi al settore cinematografico ed audiovisivo.
I 15 “saggi” scelti dal Ministro Franceschini per assegnare i fondi della Legge Cinema e Audiovisivo: incarico non remunerato
Il 27 dicembre 2021 era stato pubblicato un avviso per la presentazione di candidature (parrebbe ne siano pervenute circa 80), e questa è la “eletta schiera” scelta discrezionalmente dal Ministro (riportiamo l’elenco in rigido ordine alfabetico): Pedro Armocida, Rita Borioni, Alessandro Boschi, Elisabetta Bruscolini, Giandomenico Celata, Arnaldo Colasanti, Raffaella Del Vecchio, Antonio Ferraro, Marina Giovannini, Guia Loffredo, Andrea Minuz, Georgette Ranucci, Gianfranco Rinaldi, Valerio Toniolo, Vanessa Tonnini.
Dei 15 cooptati, ben 13 sono riconferme: uniche due eccezioni, giustappunto le neo-entranti Borioni e Raffaella Del Vecchio (Production Manager di Apulia Film Commission).
Si tratta di persone con curricula senza dubbio di buon livello, pur nelle variegate esperienze professionali di ognuno. Da apprezzare che 7 su 15 siano donne. La riconferma dell’87 per cento dei vecchi membri è senza dubbio un segnale di apprezzamento, rispetto all’operato della precedente Commissione, da parte del titolare del Mic: non fanno più parte della Commissione (la precedente era stata nominata con d.m. del 12 novembre 2019), soltanto Enrico Magrelli e Stefano Muroni.
Gli esperti sono stati assegnati a 4 cosiddette “sotto-commissioni”, che si dedicano ognuna a differenti aree di attività: sostegni alla scrittura di sceneggiature, produzione, distribuzione, promozione, eccetera…
Si consideri che il 24 febbraio scorso è stato pubblicato dalla Dgca del Mic il “bando selettivi 2022”, che ha stanziato 42,3 milioni di euro, destinati a contributi per la scrittura di sceneggiature, allo sviluppo e pre-produzione, ed alla produzione. E si tratta di una parte soltanto dei sostegni pubblici su cui la Commissione è chiamata ad esprimersi…
Da lamentare che – ancora una volta – si prevede la gratuità dell’incarico: “Gli esperti non hanno titolo a compensi, gettoni, indennità comunque denominate” (così recita il comma 3 dell’articolo 3 del d.m. n° 102 del 14 marzo 2022).
Già affrontammo questo paradosso – su queste colonne – in occasione della nomina dei primi “saggi” della Legge Franceschini, ovvero gli esperti “di chiara fama”, che, in una prima fase, erano stati quantificati in 5 (cinque) soltanto: vedi “Key4biz” del 14 maggio 2018, “ilprincipenudo. Il paradosso dei contributi al Cinema italiano ‘senza oneri per l’amministrazione’”. Sottotitolo: “Lo Stato impone ‘esperti’ selettori che debbono lavorare gratis per selezionare i contributi al Cinema, ma al Ministero della Cultura la contraddizione esplode, con le dimissioni di Daria Bignardi dalla Commissione Cinema”. La polemica insorse perché, dopo le dimissioni di Pupi Avati, anche Daria Bignardi decise di rinunciare all’incarico (i sopravvissuti a quella prima nomina – resa pubblica il 31 gennaio 2018 – furono Marina Cicogna, Enrico Magrelli e Paolo Mereghetti), non per l’aspetto remunerativo (che pure ha una sua oggettiva importanza) ma perché molti ritennero che non potesse essere assunto sulle spalle di 5 persone soltanto tutto il carico del processo decisionale (complesso, pesante, delicato)…
Riguardo all’aspetto numismatico, si tratta di una assoluta assurdità, dato che l’impegno cui sono chiamati i super-esperti è notevole, dovendo mettere mano – seppur con pratiche istruite dagli uffici ministeriali – a centinaia e centinaia di proposte, idee, progetti. Trattasi di lavoro (e peraltro di qualità), e non si comprende perché esso non debba essere remunerato, ad ulteriore garanzia – peraltro – della più assoluta indipendenza dell’operato dei membri della Commissione.
Si tratta di tecnici qualificati ed al contempo consiglieri del ministro, di consulenti di fiducia: si presuppone che non siano tutti molto benestanti e dotati di redditi professionali che consentano loro di dedicare il proprio tempo a queste attività – delicate quanto complesse – come se si trattasse di un… hobby o di volontariato…
Pubblicata in sordina (ed ignorata da tutti?!) la “valutazione di impatto” della Legge Franceschini, per la 4ª volta riaffidata all’Università Cattolica + Ptsclas spa…
Sempre in sordina, e senza che nessuna testata ne scrivesse (se non noi su queste colonne), il 15 marzo 2022 è stata pubblicata sul sito web della Direzione Cinema e Audiovisivo (Dgca del Mic) la nuova “valutazione di impatto” della Legge Cinema e Audiovisivo, curata dall’Università Cattolica del Sacro Cuore e Ptsclas spa, relativa all’anno 2020.
Tante volte, abbiamo segnalato che un simile dossier dovrebbe essere oggetto di una discussione pubblica e plurale, ma questo nostro invito non è stato ancora accolto, e la nuova ricerca non è stata oggetto di attenzione alcuna nemmeno in occasione della lunga giornata di dibattito promossa dall’Anica al Teatro Argentina il 29 marzo scorso, “La fabbrica delle immagini non si ferma” (kermesse sulla quale torneremo presto con dovizia di dettagli, con un report accurato).
Perché la “valutazione di impatto” è stata ignorata da tutti coloro che hanno partecipato all’iniziativa pubblica promossa dal Presidente dell’Anica Francesco Rutelli?! Per mero scrupolo (temendo che potesse essere sfuggito all’attenzione dei colleghi di IsICult che hanno seguito le oltre 2 ore e mezza della sessione mattutina e le 3 ore e mezza della sessione pomeridiana), ci siamo affidati alla funzione trascrizione di YouTube: si ha conferma che, nelle sei ore di lavori, nessuno ha mai citato la “valutazione di impatto” prevista dalla legge…
Anche questa, è una dinamica discretamente incomprensibile, ai limiti dell’incredibile.
Possibile che tutte le decine di intervenienti non ne conoscessero l’esistenza?!
Ne erano a conoscenza ma l’hanno simpaticamente ignorata?!
Ed allora a cosa serve questo corposo studio (459 pagine), se esso non diviene oggetto di una discussione pubblica e di un confronto aperto con le varie anime – creative e produttive – del sistema cinematografico e audiovisivo nazionale?!
Peraltro, in occasione di tutte le precedenti edizioni – e temiamo anche in questa – nessun parlamentare della Repubblica ha promosso un dibattito, nè ha manifestato un commento sulla “valutazione di impatto” della Legge Cinema e Audiovisiva: questa “valutazione di impatto” resta agli atti parlamentari, prende polvere nel disinteresse di tutti. Stessa penosa fine di altro documento che pure dovrebbe anch’esso avere una funzione strategica, la “Relazione al Parlamento” sul Fus – Fondo Unico dello Spettacolo… Documenti semi-clandestini, insomma.
Alla pre-presentazione di alcuni dei risultati della “valutazione di impatto” cinema e audiovisivo per il 2020, organizzata nell’economia della Festa del Cinema di Roma nell’autunno scorso, parteciparono ben poche persone. E – anche in quel caso – nessuno scrisse una riga, fatta salva – ancora una volta – l’eccezione di questa testata: vedi “Key4biz” del 21 ottobre 2021, ““Legge cinema e audiovisivo”, presentata la valutazione di impatto”.
Lamentavamo ancora una volta il deficit di approccio critico (al di là della segnalazione di alcuni errori marchiani del report Cattolica & Ptsclas), con una “valutazione di impatto” che riteniamo dovrebbe essere severa (finanche impietosa, se del caso) nei confronti del committente (se essa deve essere un report indipendente, e non un contributo da portatore d’acqua del Principe di turno…).
Risegnaliamo per l’ennesima volta che, ad oggi, nonostante la benedetta “valutazione di impatto” (e le sue quasi 500 pagine), non è possibile disporre dei dati essenziali relativi al destino che hanno avuto tutte le opere audiovisive – film cinematografici e fiction audiovisiva – che hanno beneficiato dei sostegni statali nell’anno 2020: non è disponibile nemmeno l’elenco di tutti i titoli prodotti grazie al contributo pubblico, e ciò basti! Senza dimenticare che “forse” sarebbe interessante conoscere anche l’esito della loro distribuzione nelle sale, trasmissione in tv, diffusione attraverso le piattaforme: su questo, nebbia totale!
E come si può sperare di ben governare un sistema, se non si conoscono alcuni dati essenziali del suo stesso funzionamento?!
Sia ben chiaro: i dati – di fatto – ci sarebbero, tra Società Italiana Autori Editori (Siae) ed Auditel ed altre fonti ancora, ma nessuno sembra volerli mettere veramente “a sistema” (almeno pubblicamente…), per consentire fotografie / radiografie accurate dell’economia (e della auspicabile ecologia) dell’industria delle immagini in Italia.
Peraltro, proprio in occasione della kermesse Anica della settimana scorsa, lo stesso Direttore Generale Nicola Borrelli, nel trarre spunti per le conclusioni della giornata, ha riconosciuto una qual certa criticità del sistema nel suo complesso e la conseguente necessità di studiare (ha prospettato ricerche in materia, con un imminente bando) e mettere in atto correzioni di rotta, ovvero aggiustamenti della tanto decantata Legge Franceschini: “nella sua complessità, questo è un settore che sta vivendo due fenomeni: l’Italia è parte di un contesto globale, che da alcuni anni ha visto aumentare la sua creazione di contenuti. Una crescita di cui vanno colti i segnali che possano indirizzare verso percorsi negativi, e da qui la necessità di adoperarsi per mettere in campo le politiche pubbliche che possano aiutare l’industria…”. Borrelli ha ricordato che lo stesso Ministro Dario Franceschini si è riferito esplicitamente all’esigenza di difendere la italianità del tessuto produttivo nazionale. Anche alla luce del recente eclatante acquisto della storica Lux Vide da parte della multinazionale a matrice tedesca Fremantle / Rtl Group / Bertelsmann.
Nicola Borrelli (Dg Cinema e Audiovisivo del Mic): “nel 2021, sono arrivate al Ministero richieste di credito d’imposta per 922 titoli”
Rispetto alla impetuosa “crescita” del settore (rectius: del comparto produttivo), Borrelli ha citato alcuni dati relativi al “tax credit” (che chi redige queste noterelle ritiene sia ancora oggi uno strumento non adeguatamente studiato nei suoi effetti reali sul mercato): “questo percorso di crescita può essere rintracciato nelle imprese ed opere che hanno chiesto credito d’imposta alla produzione: nel 2019, 180 imprese di produzione hanno chiesto credito d’imposta per 213 titoli; nel 2021, 493 imprese di produzione hanno chiesto credito d’imposta per 922 titoli… Un percorso di crescita importantissimo, avvenuto senza avere gli strumenti adeguati per coglierlo. Occorre, dunque intervenire per apportare cambiamenti, utilizzando a breve anche il regolamento attuativo sugli obblighi di investimento e programmazione… Dall’altra parte, il settore distributivo cinematografico sta avendo un declino, che solo in Italia si registra essere così drastico…”.
Si ricordi che, in occasione dell’incontro dell’ottobre scorso alla Festa del Cinema – con apprezzabile onestà intellettuale, tecnica e politica – Nicola Borrelli aveva sostenuto che, di fatto, il “tax credit” può essere assimilato ad un “contributo semi-automatico al 40 %”. Il Dg aveva anche evidenziato come il meccanismo italiano sia assai più generoso del “modello francese”, dato che i beneficiari del “tax credit”, nel nostro Paese, possono utilizzarlo non soltanto per le imposte dirette (come avviene in Francia), ma di fatto a favore di “tutto quel che prevede l’F24” (imposte dirette ed indirette, etc.). In quell’occasione, Borrelli dichiarò che nell’anno 2019 avevano beneficiato del “tax credit” 225 opere, cresciute a quota 317 nel 2020, e che, al 30 settembre 2021, le istanze avevano già raggiunto quota… 772 opere!
Ci sembra che il segmento produttivo italiano soffra già di una “inflazione” di opere, la gran parte delle quali non ha sbocco alcuno sul mercato: lo strumento dell’agevolazione fiscale – così come è impostato oggi – riteniamo stia drogando l’intero settore, alimentando una sovrapproduzione non esattamente benefica…
Siamo convinti che la crisi acuta del “comparto” delle sale cinematografiche sia sintomatica di un complessivo deficit di strategia organica dell’intero sistema del cinema, della televisione, dell’audiovisivo nazionale: è la punta dell’iceberg di un sistema che soffre paradossalmente di un eccesso di assistenzialismo pubblico mal indirizzato.
La richiesta di accesso al “tax credit” per oltre 900 titoli nel 2021 è semplicemente emblematica di una… ubriacatura da parte di una delle “fasi” della “filiera”.
Ribadiamo: va dato atto al Ministro Franceschini di aver ben allargato i cordoni della borsa (dai 400 milioni di euro l’anno previsti dal Fondo Cinema e Audiovisivo dal 2017 agli attuali 750 milioni di euro), ma restiamo dell’idea che la allocazione delle risorse sia errata, privilegiando eccessivamente il comparto produttivo e trascurando o comunque maltrattando tutti gli altri. E mancando ancora una visione di insieme, che interfacci – tra l’altro – la mano pubblica del Mic con la mano pubblica della Rai (senza dimenticare l’altra mano pubblica, Cinecittà Luce).
Le “correzioni di rotta” rispetto all’attuale assetto della Legge Franceschini debbono essere sistemiche, radicali e coraggiose
Basterebbe decidere – per esempio – che una parte significativa delle risorse statali venisse indirizzata alle attività di promozione per ridare linfa vitale al settore prezioso del “theatrical”, magari richiamando la stessa Rai ad una delle sue possibili funzioni di “servizio pubblico” (anche nella sua veste di “maggiore industria culturale del Paese”, nevvero?!)…
Basterebbe imporre alle piattaforme – Netflix in primis – obblighi di investimento (reali e non teorici, ovvero ben definiti e soprattutto ben verificati da Agcom), sul “modello francese”, che peraltro ha imposto una quota del 25 % del totale dei ricavi, a fronte del 20 % introdotto timidamente – e progressivamente, a regime soltanto nel 2024 – in Italia (vedi il nostro intervento su “Key4biz” dell’8 novembre 2021, “Netflix obbligata in Italia ad investire i propri ricavi al 17% nel 2022 e al 20% nel 2024. Ma non era 25%?”)…
Si tratta di questioni importanti, anzi strategiche per la cultura nazionale, che pure non sono entrate nella “agenda della politica” italiana con la necessaria attenzione: altrove, invece, esse sono ritenute temi rilevanti da parte dei partiti politici, ed anche da parte della pubblica opinione.
Basti segnalare che l’imminente (15 maggio) referendum con il quale i cittadini elvetici dovranno esprimersi a favore o meno della cosiddetta “Legge Netflix” (leggi qui un commento dell’emittente radiotelevisiva pubblica della Svizzera italiana, Rsi; vedi anche l’articolo di Flavio Fabbri su “Key4biz” del 5 aprile 2022, “Svizzera al voto sulla “Lex Netflix”. Come l’Europa tassa i big dello streaming”).
Le “correzioni di rotta” necessarie, insomma, non sono tante, ma debbono essere sistemiche, radicali e coraggiose.
Non deve prevalere però una logica conservativa ed inerziale.
Senza dubbio, il Dg Nicola Borrelli (ed il Ministro Dario Franceschini) ha cognizione e coscienza delle criticità in essere, ma non ci sembra che la “valutazione di impatto” fornisca gli adeguati approfondimenti (che non possono che essere critici), né suggerimenti di sorta per le auspicate “correzioni di rotta” (che richiede una stimolazione autocritica).
E nessuno (si ribadisce: nessuno, nemmeno qualificate testate specializzate come “Box Office” o “Tivù” o “Prima Comunicazione”…) ha segnalato che lunedì scorso, 4 aprile, il Direttore Generale Nicola Borrelli ha fatto pubblicare sul sito web della Dg il decreto direttoriale con il quale assegna a Cattolica e Ptsclass anche la “valutazione” per l’anno 2021 (a fronte di un budget di 107mila euro): si tratta del quarto affidamento consecutivo, ed anche in questo caso emerge in modo assai evidente – accantonando ogni possibile perplessità tecnica – il “rapporto fiduciario” tra il committente e l’operatore cui si assegna l’appalto. Senza dimenticare che una qual certa logica – prevista anche dal Testo Unico sugli Appalti (alias “Codice degli Appalti”) – suggerirebbe l’opportunità di una rotazione negli affidamenti della pubblica amministrazione, anche per non consolidare rendite di posizione e monodimensionalità metodologiche dell’approccio di ricerca…
Temiamo che anche la prossima edizione, la n° 4, della “valutazione di impatto” della Legge Cinema e Audiovisivo ri-stimolerà l’evocazione del sempiterno motivetto, purtroppo amaramente tante volte richiamato su queste colonne: “Tutto va bene, madama la marchesa” (nella nota versione di Nunzio Filogamo) ovvero “Tout va très bien, Madame la Marquise” (nella versione originale francese di Paul Misraki). Forse “la casa” del cinema italiano e dell’audiovisivo non sta andando esattamente… a fuoco, ma qualcosa che non funziona è ormai evidente a chiunque voglia osservare con serietà, franchezza e onestà intellettuale il sistema culturale nazionale…