Ieri sera (anzi notte), lunedì 28 ottobre 2024, sempre sul tardi assai (poco prima di mezzanotte), è andata in onda la seconda puntata dell’inchiesta sul finanziamento pubblico al cinema e audiovisivo promossa dal programma di Rete4 “Quarta Repubblica” condotto da Nicola Porro: sono stati proposti molti dati, ma purtroppo in modo piuttosto confuso e senza una adeguata lettura critica…
Considerando che una parte dei dati sono stati rappresentati in alcuni “cartelli” assai semplificati (troppo semplificati!), attingendo anche ad elaborazioni dell’Istituto italiano per l’Industria Culturale (IsICult), riteniamo sia necessario – una volta ancora – fare chiarezza e proporre una interpretazione più accurata.
Prima di entrare nel merito di questi dataset, riteniamo che politicamente (di “politica culturale” trattasi, ovviamente) un “cartello” meriti forse più attenzione di altri: con il titolo “Fondi per il cinema sospetti”, Nicola Porro ha proposto in studio alcune informazioni assolutamente inedite: “130 opere di 21 case di produzione segnalate nell’ultimo biennio dal Ministero dela Cultura alla Guardia di Finanza per incongruenze sul tax credit e fondi diretti”.
Questa informazione – proposta in esclusiva da “Quarta Repubblica” – è impressionante, perché, per la prima volta, la Direzione Generale Cinema e Audiovisivo (guidata da molti anni da Nicola Borrelli), riconosce, dati alla mano, che “qualcosa” non ha funzionato, nel meccanismo di sostegno pubblico al cinema e all’audiovisivo. Porro ha ringraziato la Dg Cinema e Audiovisivo “per aver risposto alla nostra sollecitazione”.
Si aveva voce e talvolta notizia che la Guardia di Finanza avesse messo mano ad alcuni dossier scottanti, sia di produttori cinematografici sia di organizzatori culturali, ma si trattava di informazioni mai confermate pubblicamente: per esempio, si sapeva che ci fosse stata una qualche esplorazione sul “caso Gubitosi”, ovvero sulla gestione dei ricchi finanziamenti pubblici di cui beneficia lo storico (è nato nel 1971) “Festival di Giffoni” (fondato da Claudio Gubitosi) tema sul quale la stessa “Quarta Repubblica” ha acceso i riflettori nella trasmissione di ieri (con un servizio firmato da Valentina Accardo, che ha focalizzato l’attenzione soltanto su una parte della complessa vicenda; anche su questo torneremo presto su queste colonne di “Key4biz”)…
Per il resto, la trasmissione di Rete4 ha “corretto la rotta” rispetto alla prima puntata, andata in onda lunedì 21 ottobre (e rispetto alla quale abbiamo già manifestato i nostri commenti su queste colonne: vedi “Key4biz” di martedì 22 ottobre 2024, “Tax credit cineaudiovisivo, ‘Quarta Repubblica’ di Porro spara a zero. Ed è solo la prima puntata”): l’approccio è stato ancora prevalentemente… scandalistico, soprattutto nel servizio curato dall’inviata Lodovica Bulian, ma anche la “lettura” dei fenomeni in atto è stata “corretta”… Tra l’altro, invitando in studio un regista della vecchia guardia come Carlo Vanzina (che pure può vantare una qualche esperienza come produttore) e soprattutto uno dei più famosi produttori italiani, Riccardo Tozzi, fondatore della Cattleya, che è stata peraltro una delle società di produzione che ha ben beneficiato del controverso strumento del “tax credit” (si ricordi che Tozzi è stato dal 2007 al 2011 Presidente della Sezione Produttori e dal 2011 al 2016 Presidente della confindustriale Anica, la più potente lobby del settore).
L’ex proprietario della Cattleya ha sostenuto che il “tax credit” è fondamentale per la crescita del sistema audiovisivo nel suo complesso, ma non ha segnalato che, tra le derive e distorsioni, c’è stato proprio l’uso e l’abuso dello strumento da parte dei “big player”, ovvero proprio da parte dei produttori televisivi, per lo più in mano a gruppi mediali stranieri…
Se la “Legge Franceschini” del 2016 era finalizzata a far crescere il sistema cinema (inteso come “cinema-cinema” ovvero opere destinate alla prioritaria utilizzazione “theatrical”, ovvero nelle sale cinematografiche), la cattiva gestione dello strumento del credito d’imposta ha finito per avvantaggiare soprattutto le produzioni televisive. Straniere.
Nel corso degli ultimi anni, alcune delle principali società di produzione italiana sono state acquistate da multinazionali straniere: basti citare Wildside (controllata da gruppo Fremantle alias Rtl alias Bertelsmann), Palomar (acquistata per il 72 % Mediawan), Indiana (Vuelta Group), Lux Vide (il 70 % è in mano a Fremantle)… E l’elenco potrebbe continuare.
La stessa Cattleya di Riccardo Tozzi è stata acquistata per il 51 % da Itv Studios, divisione della televisione britannica Itv…
Ovviamente, non ci si poteva attendere da un produttore come Riccardo Tozzi se non – sostanzialmente – la difesa dell’esistente, dalla “legge Franceschini” fino alla “riforma Borgonzoni”: in argomento, diverte osservare come in nessuna delle due puntate dell’inchiesta di “Quarta Repubblica” sia mai stata citata – nemmeno en passant – la senatrice leghista Lucia Borgonzoni, alla quale il Ministro Alessandro Giuli ha confermato la delega su cinema e audiovisivo e industrie creative…
La gestazione della “riforma Borgonzoni” è stata sviluppata in un arco temporale veramente lungo, oltre un anno (dalla primavera del 2023 all’autunno del 2024), e ciò ha consentito al Ministero della Cultura di “chiudere il rubinetto” del sostegno pubblico (a causa del “buco di bilancio” andato sedimentandosi), determinando una sostanziale paralisi dell’intero settore: certo, alcuni dei “big player” hanno retto il colpo, forti della propria ricchezza patrimoniale, ma la gran parte dei produttori indipendenti sono stati messi in ginocchio…
E di questo, nelle prime due puntate della trasmissione di Rete4, nemmeno un cenno.
Ed alcuni degli investitori dall’estero, in assenza di “certezze” normative, sono andati a produrre in Paesi più… rassicuranti.
Ricordiamo ancora una volta che il 27 giugno 2023, l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazione ha segnalato al Governo – ovvero al Ministero della Cultura – una serie di aspetti critici della disciplina in materia di tutela e promozione della produzione audiovisiva europea e indipendente e del regime di “credito di imposta” per le imprese di produzione cinematografica e audiovisiva… Tra le varie criticità segnalate, Agcom focalizzava l’attenzione sull’esigenza di adozione di una definizione di “produttore indipendente” omogenea tra tutti gli Stati membri, per superare l’evidente incongruenza nella valutazione delle eventuali situazioni di controllo o collegamento con i fornitori di servizi media, che allo stato delle cose ha l’effetto di penalizzare i produttori nazionali…
Non sembra che la riforma Borgonzoni abbia accolto l’esigenza di correggere questi errori dell’assetto normativo-regolamentativo…
L’Italia è stata nel 2023 il più grosso produttore cinematografico d’Europa, con 402 lungometraggi (documentari inclusi), a fronte dei 365 del Regno Unito, 324 della Spagna, 298 della Francia, 218 della Germania
Durante la trasmissione di ieri, sono stati presentati alcuni “cartelli”, che hanno evidenziato tra l’altro come l’Italia – dati oggettivi alla mano – sia divenuto nel 2023 il più “grosso” produttore cinematografico d’Europa, al primo posto tra i “Big 5”: è stata proposta una tabella – a partire da fonte IsICult – secondo la quale l’anno scorso il nostro Paese ha prodotto 402 film di lungometraggio (inclusi quelli di finzione, documentari ed animazione), ovvero un livello ben superiore ai 365 film del Regno Unito, i 324 della Spagna, i 298 della Francia, i 218 della Germania.
Riccardo Tozzi ha sostenuto che i dati offerti da IsICult sarebbero stati “errati”, perché includono giustappunto i documentari, ma si precisa che il dato è omologo per tutte e 5 le nazioni considerate.
E, volendo seguire il suo ragionamento, va osservato che l’Italia è comunque una gran produttrice di film (di finzione), dato che ne ha realizzati 241, a fronte dei 294 del Regno Unito, dei 258 della Francia, dei 126 della Spagna e dei 124 della Germania.
Stupisce certamente che l’Italia sia il maggior produttore di lungometraggi cinematografici di genere documentaristico: 161 a fronte dei 158 della Spagna, dei 94 della Germania, dei 71 del Regno Unito, dei 40 della Francia.
E naturale sorge il quesito: ma che fine fanno queste opere, al di là di una qualche fugace apparizione nelle sale?!
Questi documentari alimentano verosimilmente i palinsesti televisivi, ma come dove quando?!
Lo stesso Ministero non dispone di un dataset per rispondere ad un simile quesito. E ciò basti…
Dati contestati… Il “tax credit” cinema e audiovisivo ha assorbito 3 miliardi di euro, a fronte di circa 500 milioni di euro di “aiuti selettivi”
Riccardo Tozzi ha anche contestato il dato di cui al cartello proposto da “Quarta Repubblica” (su dati IsICult) per cui il “cinema” avrebbe assorbito oltre 3 miliardi di euro di “tax credit”: di fatto, è stato riproposto lo stesso dato che era stato presentato il 21 ottobre… Tozzi ha precisato che sostenere che si trattasse soltanto di “cinema” fosse errato, ed in questo caso ha ragione: sempre con la logica della semplificazione divulgativa tipica di una trasmissione televisiva generalista, chi ha redatto il “cartello” ha omesso di precisare che si trattava (si tratta) di “cinema + audiovisivo non cinematografico” (ovvero essenzialmente cinema + fiction tv).
In effetti, sulla base di elaborazioni IsICult, il totale del “tax credit” nel periodo che va dal 2017 al 2024, il Ministero della Cultura (ovvero la Dg Cinema e Audiovisivo) ha stanziato per la produzione complessivamente 2,1 miliardi di euro a favore di cinema + televisione + videogames.
Più esattamente, al cinema sono andati 659 milioni di euro, a fronte di 1.008 milioni per la fiction tv e 61 milioni per i videogames; a queste somme, vanno aggiunti 323 milioni per l’“attrazione in Italia di investimenti cinematografici e audiovisivi” e finanche i 61 milioni per le “imprese non appartenenti al settore cinematografico e audiovisivo” (il cosiddetto “tax credit esterno”).
Così in sintesi, nella tabella che segue.
Nota: (*) nel “Totale”, sono inclusi anche 28 milioni stanziati per le “opere audiovisive di ricerca e formazioni” negli anni 2022 e 2023 (che corrispondono all’1,3 % del totale di 2.140 milioni di euro).
Fonte: elaborazioni IsICult Istituto italiano per l’Industria Culturale su dati Ministero della Cultura – Direzione Cinema e Audiovisivo (Mic – Dgca), secondo il “piano di riparto” del Fondo Cinema e Audiovisivo.
Il cartello proposto da “Quarta Repubblica” che evidenzia quindi “Il costo del tax credit dal 2017 al 2023” ovvero “Oltre 3 miliardi di euro” è comunque sostanzialmente corretto, perché ai 2.140 milioni di credito d’imposta finalizzato alla “produzione” si associa quasi 1 altro miliardo di euro per altre “fasi della filiera”, ovvero altri 805 milioni di euro, che sono andati a beneficio di “imprese di distribuzione” per 168 milioni, a beneficio dell’“esercizio cinematografico” per 165 milioni + 407 per il “potenziamento dell’offerta cinematografica”, a favore delle “industrie tecniche di post-produzione” per 65 milioni (168 + 165 + 407 + 65 = 805).
Quindi del totale generale del “Tax Credit”, che è di circa 3 miliardi (per la precisione, 2.945 milioni), il 73 % è andato alla “produzione” (2.140 milioni di euro) ed il restante 27 % (805 milioni) è andato ad imprese di “esercizio cinematografico”, di “distribuzione” e di “post-produzione”.
Ulteriori dati di sintesi:
– totale complessivo del Fondo Cinema e Audiovisivo negli 8 anni che vanno dal 2017 al 2024:
4.499 milioni di euro
di cui:
– totale “tax credit”: 2.945 milioni di euro (66 % del totale)
– totale “contributi selettivi”: 476 milioni di euro (11 % del totale)
– altri interventi (promozione, ecc.) 1.078 milioni (23 % del totale)
“Quarta Repubblica” ha affrontato ieri anche la questione dei “contributi selettivi”…
Nicola Porro si è domandato: se è vero che l’accesso al “Tax Credit” è di fatto simpaticamente indiscriminato – ovvero viene concesso a tutti – non si dovrebbe prestare maggiore attenzione a quei film che sono invece stati selezionati dalle commissioni ministeriali?!
Il quesito è in sé corretto, ma va rimarcato che quella dei contributi selettivi in verità è questione minore rispetto all’intervento dello Stato attraverso il “Tax Credit”: di fatto, un 66 % del sostegno pubblico avviene attraverso uno strumento aperto a tutti e sottoposto a controlli di fatto inesistenti, soltanto un 11 % dell’aiuto pubblico avviene attraverso i “selettivi”.
Il rapporto tra “tax credit” e “contributi selettivi” è a tutto vantaggio del credito d’imposta: nell’arco di 8 anni circa 3 miliardi di euro per il “tax credit” e circa mezzo miliardo a favore dei “contributi selettivi”: il rapporto è quindi di 6 ad 1… E ciò basti.
Va precisato che, convenzionalmente, nei 476 milioni di euro di “contributi selettivi”, IsICult ha inserito anche i 135 milioni di euro che derivano dai piani Mic-Mim “Cinema e Immagini per la Scuola” (alias “Cips”), in quanto anch’essi sottoposti al vaglio di una commissione interministeriale di “selezione”…
In materia di “commissioni ministeriali”, s’è assistito al paradosso di un approccio che evidenziava il rischio di “conflitti di interesse” sia l’esigenza di cooptare nelle commissioni ministeriali professionisti competenti… ma a sostenere ciò è stato lo stesso Riccardo Tozzi, senza dubbio uno dei più qualificati produttori italiani, che è stato nominato dal Ministro Alessandro Giuli, poche settimane fa, nella Commissione cosiddetta “Promozione”, che deve valutare quali sono i festival e le attività promozionali che meritano il sostegno dello Stato…
Come è noto, l’essere un film chiamato ad essere proiettato in un festival cinematografico – secondo un elenco definito dal Ministero stesso – può consentirgli di “bypassare” alcuni dei “paletti” imposti dalla “riforma Borgonzoni”, rispetto all’obbligo di dimostrare di aver avuto un “tot” numero di proiezioni in sala…
Il vero problema del sostegno pubblico al settore cine-audiovisivo italiano è nella gestione incontrollata del Tax Credit: il resto – inclusa l’assegnazione dei “contributi selettivi” – è questione accessoria
Il vero problema del sistema italiano è nella gestione incontrollata del “Tax Credit”: è una questione di politica culturale ben più grave di quella – pur importante – della verifica dei criteri di selezione delle opere da parte delle commissioni ministeriali.
In sostanza, non si comprende quindi il perché “Quarta Repubblica” abbia spostato il tiro dal problema più grosso a quello minore. Un osservatore malevolo potrebbe sostenere che la prima puntata dell’indagine è andata – finanche involontariamente?! – a toccare gli interessi dei “big player”, dei grandi produttori, delle multinazionali straniere, e che questi “poteri forti” hanno forse reagito, sensibilizzando opportunamente l’editore, ovvero Mediaset…
In ogni caso, si è trattato di una “correzione di rotta” veramente incomprensibile.
Così come non si comprende perché sia stato coinvolto nel servizio in studio Luca Beatrice, qualificato critico d’arte (qualche mese fa è stato nominato dall’allora Ministro Gennaro Sangiuliano Presidente della Quadriennale di Roma), ma certamente senza alcuna particolare competenza nello specifico cinematografico. Beatrice ha manifestato giudizi eccessivamente “tranchant” su film a parer suo invedibili…
Non è stato acceso il riflettore sul problema più grave: la riforma Borgonzoni non disturba gli interessi dei “grossi”, ma colpisce soprattutto i “piccoli”, ovvero i produttori indipendenti…
Ci sarà forse chance di riaffrontare la questione in una prossima puntata di “Quarta Repubblica”, in occasione della quale venga finalmente data voce ai piccoli produttori… quella stessa voce che, nel corso di un anno e mezzo di gestazione della riforma, non è mai stata accolta nelle stanze ministeriali.
Abbiamo certezza che l’approccio di “Piazza Pulita” condotto da Corrado Formigli, previsto in palinsesto per dopodomani giovedì 31 ottobre alle ore 21:15 darà spazio alla voce dei “piccoli” ovvero degli indipendenti: che rappresentano una delle anime più vitali del settore cine-audiovisivo nazionale…
Un altro utile contributo di conoscenza per cercare di fare luce tra i tanti nebbie e misteri ed oscuri giochi di potere dietro le quinte.
Clicca qui per la videoregistrazione della trasmissione “Quarta Repubblica” di Rete 4 (Mediaset), condotta da Nicola Porro, andata in onda lunedì 28 ottobre 2024 (nota: il tema “cinema” viene affrontato dal minuto 2:11:05)
Clicca qui per il servizio esterno curato dall’inviata Ludovica Balian sul cinema (“inchiesta dei fondi del cinema”), nell’economia della trasmissione “Quarta Repubblica” di Rete 4 (Mediaset), condotta da Nicola Porro, andata in onda lunedì 28 ottobre 2024
Clicca qui per i “cartelli” sul cinema e audiovisivo proposti durante l’edizione di “Quarta Repubblica” di Rete4, condotta da Nicola Porro, andata in onda lunedì 28 ottobre 2024 (nota: il tema “cinema” viene affrontato dal minuto 2:11:05)
Clicca qui per alcune “corrigende” (precisazioni) curate da IsICult rispetto ai “cartelli” sul cinema e audiovisivo proposti durante l’edizione di “Quarta Repubblica” di Rete4, condotta da Nicola Porro, andata in onda lunedì 28 ottobre 2024
[ Note: questo articolo è stato redatto senza avvalersi di strumenti di “intelligenza artificiale”. ]
(*) Angelo Zaccone Teodosi è Presidente dell’Istituto italiano per l’Industria Culturale – IsICult (www.isicult.it) e curatore della rubrica IsICult “ilprincipenudo” per “Key4biz” (ragionamenti eterodossi di politica culturale e economia mediale).