Alla chetichella l’Italia ha appaltato il suo mercato estero ad Amazon. Con un’intesa del Ministero degli Esteri con la più potente piattaforma di eCommerce del mondo, il made in Italy sarà gestito, selezionato, filtrato e profilato dal gruppo di Jeff Bezos. La ‘banda Bassotti’, contro cui tutti i giorni vengono lanciati strali da istituzioni europee e nazionali, diventa la security della Banca d’Italia. Il tutto nel silenzio generale.
Amazon impresario globale del made in Italy
Nelle principali otto regioni del mercato globale, dalla Germnia agli Usa, all’America latina all’estremo oriente, Amazon sarà l’impresario dei nostri prodotti e servizi. Ciò significa che l’insieme dei dati più preziosi sulle relazioni commerciali, le preferenze dei clienti, le modalità di pagamento, saranno preda dei server di Amazon, che potranno poi fare diretta concorrenza alle aziende nazionali. E’ come se l’esercito avesse affidato ad una società di Mosca la manutenzione dei suoi sistemi missilistici, cosa per altro che era anche avvenuta con il noto antivirus Kaspersky. Ma almeno dopo l’inizio del conflitto, e dopo le irruzioni nei sistemi digitali italiani degli hacker del Cremlino qualcuno si accorse del paradosso.
Nostre aziende subalterne al marketplace
In questo caso, invece, stiamo andando gioiosamente verso una scelta micidiale che renderà del tutto subalterne le imprese del comparto strategicamente più importante dal punto di vista commerciale del paese. Immaginate cosa voglia dire che gli indirizzari e gli archivi di settori come la moda, il design, la gioielleria, l’abbigliamento, l’arredamento, i sistemi di alta precisione , i robot, siano in outsourcing presso il nostro più insidioso concorrente.
Idea originaria di Casaleggio
Si realizza così con il ministro degli esteri Luigi Di Maio il piano di Casaleggio padre, Gianroberto, che nella prima convention di Ivrea sul futuro, quando il sole dei grillini era in ascesa nel cielo della politica italiana, aveva teorizzato il cosiddetto modello estone, ossia , come accade appunto nel paese baltico, l’affidamento ai grandi gruppi digitali del mercato dei processi di digitalizzazione: facciamo fare a chi sa fare, spiegava il guro dei 5S, mostrando quale fosse in realtà la mission di quel gruppo politico apparentemente così distaccato dagli interessi materiali.
Oggi sul tavolo rimane proprio il destino tecnologico del paese, golosamente conteso fra i grandi monopolisti della Silicon valley, da Google che mira ad impossessarsi del cervello del sistema editoriale, a Facebook che mira alle piccole e medie imprese, ad Amazon, che, come è abitudine del suo fondatore, va al bersaglio grosso: intelligenze e memorie dello Stato.
Cloud italiano in bilico
Tutto questo avviene tra l’altro mentre sono ancora in corso laboriose, quanto imbarazzati procedure per l’affidamento del cloud italiano da parte del governo. Anche in questo caso Amazon, insieme a Google, si trova ad essere della partita, come partner delle imprese nazionali che almeno formalmente concorrono al progetto.
Il clima di emergenza nella sicurezza europea e nazionale indotto dalla guerra in Ucraina non sembra aver portato a più sagge riflessioni nessuno.
Indifferenza della politica
Da questo punto di vista appare anche eccentrica l’indifferenza delle forze politiche e sociali. Mentre sulle concessioni degli stabilimenti balneari si minacciano fuoco e fiamme, sul destino dell’intero sistema di esportazioni e di consumo del made in Italy nemmeno un emendamento, o almeno un’audizione nelle commissioni esteri e sviluppo delle Camere.
Sarebbe da studiare questo silenzio: al governo le componenti più preoccupate dell’autonomia nazionale, che prendono cappello per ogni minima circolare europea che possa limitare la nostra sovranità, tacciono. All’opposizione la forza che per sua natura dovrebbe interpretare il nazionalismo politico ed economico nemmeno registra l’evento. Sul fronte del centro sinistra, il PD che proprio in questi giorni sta consolidando la sua alleanza elettorale con il movimento guidato da Giuseppe Conte, non ritiene di aprire questa porta.
Come diceva Indro Montanelli la servitù spesso non è una costrizione dei padroni ma una vocazione dei servi, appunto.