Tra gli ospiti della prima puntata di ieri mercoledì 16 ottobre di “L’Assedio”, programma condotto da Daria Bignardi su Canale 9, è stata intervistata Giorgia Linardi, 29 anni giurista nata e cresciuta a Como, portavoce di Sea Watch (organizzazione umanitaria senza scopo di lucro che svolge attività di ricerca e salvataggio delle persone in fuga attraverso il Mediterraneo).
Spinta dal suo amore per il diritto, dalla sua tenacia e da qualcosa che va oltre la semplice solidarietà verso l’altro, nel 2015 inizia a lavorare a Lampedusa per la Sea Watch come volontaria.
E’ chiaro e autentico il dispiacere che le si legge negli occhi nel corso della sua intervista, mentre racconta con grande commozione episodi davvero toccanti di alcuni dei tanti salvataggi in mare a cui ha partecipato attivamente.
Dalle sue parole si evince quanto ormai il lavoro umanitario, un tempo stimato e giudicato con grande ammirazione, ora sia diventato oggetto di critiche continue.
Giorgia non si arrende neanche davanti agli insulti sessisti o all’accusa di essere collusa con gli scafisti; seppur consapevole di non avere le risorse per poter ribattere è determinata ad andare avanti nel nome della giustizia degna di essere garantita ad esseri umani a cui al contrario viene sottratto il diritto alla vita.
Ma a tutte quelle persone che praticano violenza verbale, lei risponde che non sanno quello che dicono e che se si trovassero a dover osservare con i loro occhi tanta sofferenza, non ci penserebbero due volte a tendere la mano. A chi invece se ne serve per scagliarsi contro di lei chiamandola “madonnina del soccorso” o “radical chic” risponde di aver già assorbito tanto dolore altrui da non poter dare spazio al suo.
Non punta il dito o si scaglia contro qualcuno o qualcosa in particolare, il suo tono è pacato, le sue parole non vogliono essere un’invettiva, ci invita soltanto a riflettere su quanto sta accadendo e sulle conseguenze che ne deriveranno.
L’Europa, in quanto totalità di tutti i suoi stati membri non può e non deve voltarsi dall’altro lato di fronte a tanto dolore continuando a parlare dei migranti come fossero merci o animali; “l’attacco al soccorso in mare ci incatena ai porti, ma a terra possiamo costruire ponti, unendoci alla società civile perché si faccia con noi portavoce della giusta rotta da indicare all’Europa” – dichiara Giorgia.
Il suo auspicio è quello di poter un giorno guardare e pensare al Mediterraneo non come scenario di naufragi e morte, ma come il nostro mare, un’area di unione e condivisione perché ora come ora riuscire ad accettare come è diventato è davvero difficile.