2016 – Germania
Germania Occidentale, 1958. Mentre nel resto del mondo la cosiddetta guerra fredda tra i due blocchi dominanti (Stati Uniti e Unione Sovietica) vive momenti difficili, in Germania domina un euforico entusiasmo. In uno scenario tendente all’ottimismo, Johann Radmann (Alexander Fehling, visto nella quinta stagione della serie TV Homeland) da poco nominato Pubblico Ministero, ascolta la confessione di un giornalista che avrebbe riconosciuto in un insegnante una ex guardia di Auschwitz. La possibilità di perseguirlo legalmente resta tuttavia senza seguito e allora Radmann decide di proseguire la ricerca da solo. Aprendo un capitolo di storia inedito e sconvolgente noto come “i processi di Auschwitz”.
Fino a quel 1958, poche occasioni si erano verificate per entrare decisamente nei fatti accaduti nella nazione tedesca tra 1948 e 1988, anno della caduta del muro di Berlino. Anche il cinema è rimasto in modo un po’ sospetto ai margini della Storia. Così va accolto con soddisfazione questo film di produzione tedesca che parla dello ieri ma guarda anche l’oggi.
In Il labirinto del silenzio i fatti sono dunque tutti autentici: trascorrono oltre cinque anni dai primi procedimenti preliminari fino all’apertura vera e propria della causa contro i reduci dai campi di sterminio. Lascia in effetti increduli che così tanti episodi siano rimasti ignoti alla maggioranza dei tedeschi. Si trattava di far prendere coscienza che numerosi uomini, anche cittadini semplici e anonimi, vivevano in città e in campagna una vita tranquilla dopo aver servito il nazismo a vari livelli di responsabilità. Dei crimini commessi ad Auschwitz in quel periodo non si vuole sentire parlare e il lavoro di Radmann va avanti tra molte diffidenze. Quello che si rivela è invece un labirinto di bugie e di sensi di colpa, di presa d’atto che è impossibile chiamarsi fuori da una tragedia come l’Olocausto.
Partendo da fatti veri, Il labirinto del silenzio – distribuito in Italia il 14 gennaio per avvicinare il pubblico di ogni età alla ricorrenza del Giorno della Memoria (27 gennaio), istituito per commemorare le vittime dell’Olocausto – ha il merito di muoversi tra dramma, thriller, suspense, restituendo un quadro aderente e credibile della Germania fine anni Cinquanta. Diventa meritevole la capacità del regista di scrivere una fetta di storia con occhi che non si fermano alla superficie e proiettano l’ombra del male su scenari più ampi e profondi. Facendo della vicenda un ritratto d’epoca aspro, risentito e pertinente. Tanto da essersi guadagnato la fiducia per entrare, purtroppo senza successo, nella rosa dei possibili candidati all’Oscar 2016 per il miglior film in lingua straniera in rappresentanza della Germania.
A dirigere il film c’è l’italiano Giulio Ricciarelli, nato a Milano nel 1965 ma tedesco per formazione ed esperienze professionali tra cinema e teatro: ‘Ho pensato che la storia fosse incredibile. Non riuscivo a credere che molti tedeschi alla fine degli anni ‘50 non avessero mai sentito parlare di Auschwitz. È stato solo nel corso delle mie ricerche che sono arrivato alla conclusione che era davvero così’. Dichiara inoltre ‘Ma la verità è questa: dopo la fine della seconda Guerra Mondiale, per molti anni, si è tralasciato di parlarne in modo esauriente; piuttosto, c’è stato un tentativo di far calare il silenzio su un passato oscuro. Era un capitolo di cui semplicemente non si parlava. Né si parlava dei colpevoli, o delle vittime. Ovviamente c’erano delle persone che sapevano di Auschwitz, ma la maggior parte dei tedeschi ne ignorava l’esistenza. L’argomento avrebbe continuato a essere occultato se quattro coraggiose persone – un Pubblico Ministero Generale e tre giovani pubblici ministeri – non avessero superato molti ostacoli, dando il via libera al Processo di Francoforte. Quattro eroi che hanno cambiato la Germania per sempre’.
Regia: Giulio Ricciarelli
Attori: Alexander Fehling (Johann Radmann), André Szymanski (Thomas Gnielka), Friederike Becht (Marlene Wondrak), Johannes Krisch (Simon Kirsch), Hansi Jochmann (Erika Schmitt), Johann von Bülow (Otto Haller), Robert Hunger-Bühler (Walter Friedberg), Lukas Miko (Hermann Langbein), Gert Voss (Fritz Bauer)
Sceneggiatura: Elisabeth Bartel, Giulio Ricciarelli
Fotografia: Martin Langer, Roman Osin
Musiche: Niki Reiser, Sebastian Pille
Montaggio: Andrea Mertens
Scenografia: Manfred Döring
Costumi: Aenne Plaumann
Durata: 124’
Genere: Drammatico
Uscita del film in sala: 14 gennaio 2016