Il ristoratore battagliero lo riconosci subito. A ogni recensione online anche vagamente negativa del suo locale su TripAdvisor segue un lunghissimo commento in risposta, che nei casi migliori motiva punto per punto eventuali defaillance del ristorante, nei peggiori si fa beffe dell’incauto recensore o gli intima, la prossima volta, di criticare “faccia a faccia”.
Il grande business online
Bisogna capire i professionisti, anche quelli che si fanno prendere un po’ la mano: una sola recensione negativa può essere catastrofica e ben più determinante di cinquanta entusiastici giudizi a cinque stelle, e far crollare un ristorante nell’ambita classifica dei migliori del posto, visto che la stragrande maggioranza delle persone si limita a consultare, per scegliere dove andare per pranzo o cena, le prime due o tre pagine. E quando la media è molto alta (quanti “quattro stelle e mezzo” conoscete?) e i locali sono nell’ordine delle centinaia, come nelle grandi città, sprofondare nell’irrilevanza è una possibilità più che concreta.
Il discorso è lo stesso per tutti i siti che applicano quella preziosa e pericolosa forma di “democrazia dal basso” che è la recensione online, da Amazon agli hotel di Booking.com; ma per un ristorante, che vista l’ampia scelta e il carattere velleitario del consumo, si basa più di altre attività sul passaparola, queste logiche vengono ulteriormente amplificate. E visto che la telefonia mobile è sempre più conveniente (basta dare un’occhiata alle offerte su SosTariffe.it), basta davvero poco per prendere lo smartphone in mano e, con un giudizio lapidario perché magari ci è sembrato che il cameriere ci abbia guardato storto, affossare inconsapevolmente le possibilità di sopravvivenza di un locale.
La reputazione conta solo per 1 ristoratore su 5
Certo, gettare tutta la croce addosso a chi recensisce e non a chi non fa di tutto per garantire un’esperienza piacevole ai propri clienti è facile. RepUp, una startup attiva nella gestione della reputazione online dei locali, ha da poco pubblicato i risultati di un’indagine proprio su questo tema, con un campione di più di 175.184 locali su tutto il territorio italiano. Il primo risultato è che, a quanto sembra, ancora molti ristoranti, bar, gelaterie e così via si curano poco degli effetti delle valutazioni su Internet: 8 su 10. Eppure, sempre secondo l’indagine, i clienti sono disposti a spendere mediamente il 31% in più in un ristorante con recensioni migliori.
Proprio perché, d’istinto, è raro che si scelga un ristorante con una valutazione di tre stelle o inferiore, se c’è di meglio a una distanza ragionevole, una dimensione del ritardo è data proprio dal numero di attività che rientrano in questa categoria: se solo lo 0,17% dei locali ha una sola stella (evento davvero rarissimo, a meno di non rischiare di avvelenare i clienti…), il 6,05% (più di 10.500) rientra nelle due stelle, valutazione comunque di locale scadente, e il 79,80% non supera le tre stelle, rimanendo tagliato fuori dalla selezione presa in considerazione da quasi tutti i turisti, i viaggiatori e semplicemente chi ha voglia di scoprire un locale nuovo nella propria città.
E pensare che una stella in più, secondo i calcoli di RepUp, può significare in un aumento del business stimabile tra il 5 e il 9%, numeri che sarebbero ossigeno per qualsiasi realtà che fatica ad arrivare al sospirato break-even.
Le alleanze per sopravvivere nel mondo della ristorazione
Ci sono due obiezioni, a questo punto, che possono venire spontanee: la prima è che in poche nazioni al mondo la qualità media effettiva dei ristoranti è alta come in Italia, e che quindi non è possibile che così tanti locali siano considerati poco soddisfacenti; la seconda è che le recensioni non proprio genuine abbondano, sia per i “pacchetti” illeciti di recensioni positive che vengono acquistate da chi vuole migliorare la propria reputazione in modo scorretto (e che siti come TripAdvisor, Thefork o la stessa Google combattono), sia per le recensioni negative rilasciate da chi magari non ha nemmeno messo piede nel locale, ma è un ristoratore che non apprezza più di tanto l’onesta concorrenza.
Arrivare a una valutazione “oggettiva” della qualità percepita di un ristorante è estremamente complicato, e il rischio è che i siti che consigliano un locale siano visti alla stregua di posti poco attendibili dai quali prendere al massimo un po’ di ispirazione. È anche per questo che TripAdvisor e nientemeno che Michelin hanno stretto pochi giorni fa una partnership del tutto inaspettata.
Il fatto che i blasonatissimi custodi del cibo gourmand siano scesi a patti con una piattaforma di contenuti generati dagli utenti è indicativa del mercato e anche di tendenze visibili anche altrove nella nostra società, e fa parte del tentativo di togliere il sentimento di crescente fastidio verso gli “esperti” in un campo, quello della ristorazione, dove chiunque si sente di dire la propria.
Per effetto della strana alleanza, ora tutti i 14.000 ristoranti che compaiono nella guida Michelin verranno identificati con i classici simboli utilizzati per premiare le realtà più interessanti, ovvero le stelle per gli stellati, il Bib Gourmand e il Piatto.
In più TheFork (che è di proprietà di TripAdvisor) accoglierà questi ristoranti nella sua piattaforma di prenotazione online, dando nuova linfa al più grande servizio di booking nell’ambito della ristorazione. In più, “stellati” e ristoranti “comuni” faranno parte di due categorie diverse, in modo che non si rischi più di vedere, a Modena, l’Osteria Francescana di Massimo Bottura finire dietro in classifica a qualche onesta pizzeria.
I guai di TripAdvisor
Dal canto suo, TripAdvisor sta lavorando per diventare uno strumento sempre più attendibile, eliminando le tante recensioni fake (nel 2018 l’azienda ha dichiarato di aver bloccato più di 1 milione di recensioni fasulle). La compagnia, infatti, non sta attraversando il suo momento migliore, visto che le sue azioni hanno perso intorno al 30% del loro valore a novembre; secondo il management, tutto questo è figlio della strategia più aggressiva di Google, che “spinge” in alto nelle ricerche i propri prodotti di booking.
Per un 2020 più positivo, da una parte TripAdvisor ha strizzato l’occhio ai suoi azionisti con un dividendo speciale una-tantum e dall’altra stringendo un’altra partnership con il colosso del mercato delle vacanze, Ctrip, da poco rinominato Trip.com. La battaglia per catturare utenti (e prenotazioni) continua, e la reputazione – quella di chi è oggetto dei giudizi popolari ma anche quella delle piattaforme che li ospitano – giocherà sempre più un ruolo chiave.
Fonti:
https://www.agrodolce.it/2019/12/10/michelin-e-tripadvisor-si-uniscono/
https://www.statista.com/statistics/225435/tripadvisor-total-revenue/