L’Italia è un Paese spesso paradossale: non si ha esattamente memoria, ben prima della pandemia Covid-19, di sale cinematografiche proprio affollatissime, se non occasionalmente e raramente assai, ed altresì dicasi per i teatri… Eppure molti esponenti del settore – sia a livello associativo (Assomusica in primis ma anche Anica ed Anec Agis) sia a livello di singoli artisti – hanno promosso iniziative per convincere il Governo a consentire la piena utilizzazione degli spazi di spettacolo al 100 per cento della capienza effettiva.
La battaglia è certamente valida in termini di principio, ovvero teorici e simbolici, perché in effetti assistiamo a tante asimmetrie e contraddizioni nelle decisioni assunte dal Governo sulla base delle valutazioni – spesso controverse – del Comitato Tecnico Scientifico, che tende ad osservare con eccessiva attenzione il proprio ombelico, noncurante della società reale.
Il quesito che andrebbe affrontato è però altro: dando per scontata la chance di presto riavere gli spazi di spettacolo agibili al 100 per cento della capienza, è stata messa in atto una campagna promozionale da parte delle istituzioni preposte – il Ministero della Cultura – adeguata alle condizioni disastrate del mercato italiano dello spettacolo, tra cinema e teatro e musica?!
La risposta è netta ed univoca: no.
L‘allentamento delle misure restrittive per cinema e teatri
Abbiamo già segnalato su queste colonne la debolezza della campagna “#soloalcinema” (vedi “Key4biz” dell’8 settembre 2021, “Cinema, il box-office cola a picco nel 2021 (-50% rispetto al 2019 e 2018)”, e non ci risulta che il Ministero abbia in cantiere iniziative simili per quanto riguarda lo spettacolo dal vivo.
Quindi, onestamente ci si deve domandare: ha senso questa gran “battaglia” ideologica per la capienza al 100 per cento, se esso è comunque un obiettivo secondario, in fondo, a fronte del disastro dei livelli di consumo attuali?! È su questo secondo fronte che si dovrebbe intervenire, con coraggio intellettuale, innovazione creativa, approccio multimediale, budget adeguati.
Ieri sera, lunedì 27 settembre, comunque, intorno alle 22, il Portavoce del Comitato Tecnico Scientifico, il sempre elegante professor Silvio Brusaferro (che è anche Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità – Iss) ha diramato un comunicato stampa che segnalava che “il Cts nella riunione odierna ha esaminato le tematiche relative ai quesiti posti rispettivamente dal Ministro dei Beni e delle Attività culturali (Dario Franceschini) e dal Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri con delega allo Sport (Valentina Vezzali), in particolare rispetto alle manifestazioni sportive e attività dello spettacolo”.
Non entriamo nel merito dell’errore, ma segnaliamo che forse il Cts dovrebbe sapere che non esiste più, dal marzo del 2021, un dicastero denominato “Ministero dei Beni e delle Attività Culturali” (l’ex Mibac, prima ancora Mibact allorquando interveniva in materia di Turismo anche), bensì il Ministero della Cultura (Mic)… Transeat.
Ciò premesso, con la “prosa” cui siamo abituati dalla primavera del 2020, apprendiamo che “il Comitato sulla base dell’attuale evoluzione positiva del quadro epidemiologico e dell’andamento della campagna vaccinale, ritiene si possano prendere in considerazione allentamenti delle misure in essere, pur sottolineando la opportunità di una progressione graduale nelle riaperture, basata sul costante monitoraggio dell’andamento dell’epidemia, combinato con la progressione delle coperture vaccinali, nonché degli effetti delle riaperture stesse”.
In sostanza, il tanto atteso parere del Comitato prevede un sostanziale allentamento graduale delle misure, ma permane l’obbligo di “green pass”.
Le raccomandazioni del Cts dovrebbero essere elevate a norma dello Stato nei prossimi giorni, ovvero approvate dal prossimo Consiglio dei Ministri, che si terrà domani mercoledì 29 settembre. Il decreto sul “green pass” prevedeva all’articolo 8 che il Cts licenziasse entro il 30 settembre un parere “sulle misure di distanziamento, capienza e protezione nei luoghi nei quali si svolgono attività culturali, sportive, sociali e ricreative” in vista “dell’adozione di successivi provvedimenti normativi e tenuto conto dell’andamento dell’epidemia, dell’estensione dell’obbligo di certificazione verde Covid-19 e dell’evoluzione della campagna vaccinale”.
Queste in sintesi le indicazioni emerse dalla riunione del Cts di ieri (durata oltre tre ore):
Manifestazioni sportive: max 75 % capienza all’aperto, max 50 % al chiuso
- Il Cts ritiene si possa procedere con graduali riaperture degli accessi di persone munite di “green pass” agli eventi sportivi.
- In particolare, ritiene possibile prevedere un aumento della capienza massima delle strutture all’aperto al 75 % e per quelle al chiuso al 50 % in zona bianca.
- Il Cts inoltre raccomanda che: “la capienza negli impianti debba essere rispettata utilizzando tutti i settori e non solo una parte al fine di evitare il verificarsi di assembramenti in alcune zone; siano rispettate le indicazioni all’uso delle mascherine chirurgiche durante tutte le fasi degli eventi; ci sia la vigilanza sul rispetto delle indicazioni”.
Manifestazioni culturali: al 100 % all’aperto, max 80 % al chiuso
- Il Cts ritiene si possa procedere con graduali riaperture degli accessi di persone munite di “green pass” per cinema, teatri, sale da concerto.
- In particolare il Cts ritiene possibile prevedere un aumento della capienza massima delle strutture al 100 % all’aperto e all’80 % al chiuso in zona bianca. Tale indicazione potrà essere rivista nell’arco del prossimo mese.
- Il Cts inoltre raccomanda che: “siano rispettate le indicazioni all’uso delle mascherine chirurgiche durante tutte le fasi degli eventi; sia posta massima attenzione alla qualità degli impianti di aereazione; ci sia la vigilanza sul rispetto delle indicazioni”.
Sia consentito osservare che non è agevole comprendere la logica (se c’è una logica…) con cui il Comitato ha differenziato i luoghi dello sport ed i luoghi della cultura, e sarebbe interessante capire con quale… cabala sono state quantificate le quote percentuali… 100 % all’aperto per la cultura, a fronte del 75 % per lo sport; 80 % al chiuso per la cultura, 50 % per lo sport.
Ha prevalso, ancora una volta, una prudenza eccessiva e per molti aspetti incomprensibile.
In sostanza, per cinema e teatri, si passa dall’attuale limite del 50 % all’80 %.
Il Comitato Tecnico Scientifico è intervenuto anche in materia di musei: rispetto agli accessi ai musei non pone limitazioni, ma raccomanda di garantire l’organizzazione dei flussi per favorire il distanziamento interpersonale in ogni fase (con l’eccezione dei nuclei conviventi).
Il Presidente dell’Iss Silvio Brusaferro ha anche dichiarato, giorni fa, che fino al 19 settembre scorso non aveva ricevuto alcuna specifica sollecitazione dal Governo, rispetto all’incremento delle capienze possibili di cinema e teatri.
Nessuna indicazione, né di protocollo né di data, invece per la riapertura delle discoteche: in argomento, parrebbe che la richiesta manifestata esplicitamente dal Ministro dello Sviluppo Economico il leghista Giancarlo Giorgetti non abbia, stranamente, trovato risposta.
Venerdì scorso 24 settembre a Milano è stato organizzato quel che è stato denominato il “D-Day” della musica dal vivo ed i “promoter” di concerti, che si sono sempre comportati “da bravi soldatini, rispettando le regole”, hanno scelto lo stadio di San Siro, da sempre teatro di grandi eventi, per lanciare un ultimatum (una conferenza stampa organizzata dalle tribune) e una proposta al Presidente del Consiglio Mario Draghi e ai ministri competenti: la capienza degli impianti sia al 100 % con “green pass”, mascherina obbligatoria e controllo della temperatura corporea per gli show al chiuso. Hanno chiesto anche una “data certa per la ripartenza con un piano condiviso da formalizzarsi entro il 31 ottobre”. Vincenzo Spera, Presidente di Assomusica (che raccoglie gran parte dei promoter), ha dichiarato “abbiamo un calo di fatturato dal primo gennaio 2021 al 31 luglio dell’98 % rispetto al 2019, ma, nonostante questo, abbiamo cercato di mantenere in vita la filiera con tutte le indicazioni del caso”. I promoter volevano una data per sapere come ripartire, perché l’incertezza è logorante “non solo per chi deve mettere in moto la macchina ma anche sul pubblico – ha rimarcato Spera – … è difficile ritornare. Io qui mi sento di essere planato su un altro pianeta, dopo 560 giorni e 13.400 ore di fermo”.
La petizione Siae per la riapertura al 100 % ha superato le 15.000 firme
È intervenuta anche a gran voce la Società Italiana Autori Editori: la Siae ha infatti lanciato una petizione che ha raccolto molti voci della cultura, dello spettacolo e della politica, che sollecitano il Governo ad aumentare la capienza dei teatri, dei cinema, degli spazi per la musica dal vivo…
Da venerdì 24, ha pubblicato “on line” la piattaforma dedicata www.cultura100x100.it.
Nell’arco di pochi giorni, la petizione ha raggiunto quota 15.000 firmatari.
“Abbiamo sempre rispettato le regole e le leggi e anteposto la salute dei cittadini a tutto il resto. Ora però siamo veramente allo stremo”, ha sostenuto il Presidente Giulio Rapetti Mogol nella petizione. “Ristoranti, bar e molte altre attività hanno ripreso quasi a pieno regime. Circa il 70 % dei cittadini ha completato il ciclo vaccinale e il green pass costituisce un altro presidio importante a tutela della salute; moltissimi artisti si sono schierati in favore della campagna vaccinale”…
Il Presidente della Siae ha anche segnalato le criticità che riguardano la Società stessa (mancati incassi): “l’industria della cultura, prima della pandemia, era la terza del Paese e dava lavoro complessivamente a più di 1,5 milioni di persone, il 40 % dei quali under 35. Come Siae lanciamo questa petizione perché conosciamo bene il valore economico e sociale delle attività culturali, e anche per noi è diventato impossibile mantenere fede alla nostra mission, quella di essere sempre dalla parte di chi crea. I mancati incassi della nostra Società sono lo specchio di altrettanti mancati incassi per gli autori, gli interpreti, gli editori, tutti coloro che producono cultura, spettacolo e intrattenimento nel nostro Paese”.
Il Presidente della Conferenza delle Regioni, Fedriga: “recepite le percentuali da noi suggerite”
Rispetto a quel che il Cts ha deciso ieri, questa mattina Massimiliano Fedriga (Presidente della Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome) ed Ilaria Cavo (Coordinatrice della Commissione Cultura della Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome) hanno sostenuto che si tratta di “una decisione equilibrata che recepisce la proposta della Conferenza delle Regioni e che ridà ossigeno al mondo dello spettacolo e della cultura, coniugando le esigenze della ripresa con le regole basilari della prevenzione. La nostra proposta è stata recepita perfettamente dal Cts anche nelle percentuali che avevamo con ragionevolezza suggerito”.
Nessuna reazione, curiosamente, almeno fino al primo pomeriggio di oggi, da parte delle associazioni di settore: questo silenzio lascia pensare che si tratti – come dire?! – di una… soddisfazione “a metà”.
In effetti, il Ministro “dem” Dario Franceschini (che era stato ascoltato dal Cts giovedì della scorsa settimana 23 settembre) non si è pronunciato, ma ha lasciato intervenire la Sottosegretaria leghista Lucia Borgonzoni, che ha sostenuto già ieri sera che “quello del Cts è un passo importante per tornare alla normalità e per fare ripartire il settore della cultura. Adesso però ci vuole coraggio. Bisogna portare la capienza al 100 % in tutti i luoghi di cultura, anche al chiuso”. Si ricordi che la Sottosegretaria, in una lunga intervista al quotidiano “La Stampa” (firmata da Luca Monticelli) del 18 settembre scorso, ha ricordato le incongruenze italiche: in Germania, sale piene con “green pass” e mascherina; in Francia, niente “green pass” per i minori di 18 anni e snack consentiti in sala; nel Regno Unito, nessuna misura restrittiva… In Italia invece, sostiene Borgonzoni, “si stanno adottando una serie di misure che in altri Paesi non vengono utilizzate: sarebbe bello capire su quali basi scientifiche si fondano”. Ha ragione: sarebbe bello, veramente! “Basi scientifiche”?! Sembra quasi una barzelletta, senza voler offendere l’esimio professor Brusaferro…
Soltanto la Siae protesta questa mattina, polemizzando con Fedriga e Cavo: “le decisioni assunte dal Comitato Tecnico Scientifico relativamente all’aumento delle capienze dei luoghi di spettacolo tra il 75 % e l’80 % sono insufficienti e francamente non oggettivamente motivate”.
Così, in una nota, la Società Italiana Autori e Editori: “paradossalmente in Italia abbiamo il numero di vaccinati più alto d’Europa e le misure più restrittive. Attualmente infatti la percentuale di persone almeno parzialmente protette dal coronavirus è dell’83,24 % mentre il 77,99 % è completamente vaccinato. Ci era stato detto che con queste percentuali si raggiungeva l’immunità di gregge. Cosa è cambiato? Come dice il nostro presidente Giulio Rapetti Mogol non vogliamo morire sani. Per questo reiteriamo il nostro invito a firmare l’appello su www.cultura100x100.it che in pochi giorni ha già raggiunto circa 15 mila firme”.
Netta e dura la presa di posizione Siae: “un intero comparto, quello dell’industria della cultura, dello spettacolo e dell’intrattenimento rischia di essere cancellato, soprattutto con riferimento a quei settori (musica, concerti, discoteche e locali da ballo) che non vivono di contributi pubblici. Ormai è un rischio reale e vicino e per capirlo basterebbe un po’ di buonsenso”.
E concludono, da viale della Letteratura, polemizzando senza remore: “sorprendenti in tal senso le dichiarazioni del presidente della Conferenza delle Regioni e Province autonome, Massimiliano Fedriga, e della coordinatrice della Commissione Cultura della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, Ilaria Cavo, perché “l’ossigeno” cui fanno riferimento è ad esclusivo vantaggio di settori che da sempre vivono di contributi pubblici”, conclude la Siae.
Si sintonizza con Siae anche il senatore Maurizio Gasparri, membro del Comitato di Presidenza di Forza Italia: “Ha ragione Pupi Avati. Per lo spettacolo, per i cinema e i teatri la riapertura dovrebbe essere del 120 per cento. È più che comprensibile, poi, anche lo sconcerto della Siae. Come ha giustamente ribadito più volte il presidente Mogol, c’è un mondo che sta morendo e che rappresenta la terza industria del Paese. Va bene il principio della massima precauzione, ma ora le condizioni epidemiologiche consentono maggiore elasticità. E stare al cinema o a teatro per un concerto, ciascuno al proprio posto, ognuno tamponato e vaccinato, è possibile con il massimo della capienza”.
Pupi Avati: le sale cinematografiche non dovrebbero essere soltanto riaperte al 100 % ma dovrebbero essere ingrandite
In effetti, ieri mattina, nelle more della riunione del Cts, il noto regista (che ha da poco concluso le riprese del suo “Dante”, girato a Cinecittà) aveva dichiarato: “è imperdonabile il fatto che il settore più penalizzato sia rimasto quello della cultura. Le sale cinematografiche andrebbero aperte al 100 % e bisognerebbe addirittura ingrandirle piuttosto che ridurle… Come è stato fatto acutamente per i ristoranti, ai quali si è offerta la possibilità di allargare gli spazi esterni. Roma è una meraviglia, non l’ho vista mai così bella come ora, con tanti tavolini per le strade dove non c’erano mai stati”. Per Pupi Avati, “la situazione è molto grave, è sufficiente guardare tutte le mattine il Cinetel, per vedere quanto fatichino i film, soprattutto quelli di grandissima qualità che a Venezia hanno dato anche grandi risultati, a raggiungere quel minimo sufficiente per tenere in vita un settore così fondamentale per il nostro Paese. Non so perché si tardi tanto a deliberare l’ampliamento della possibilità di aprire per tutti. Non ho capito perché, per vedere un film di Martone, non sia sufficiente far vedere il green pass”.
In verità, siamo di fronte non soltanto ad un problema di cinematografi (molte aree del Paese e finanche delle metropoli sono desertificate), ma anche ad una criticità nelle politiche commerciali di distribuzione, rispetto alle quali lo Stato assiste inerte: in alcuni periodi, i titoli di “appeal” scarseggiano, in altri si assiste ad una vera e propria “overdose”, con processi di cannibalizzazione incrociata tra titoli…
Nicola Borrelli (Dg Cinema e Audiovisivo Mic): serve un cambio di passo nelle strategie distributive
In occasione della V edizione delle “Giornate Nazionali delle Sale di Comunità” (durante il convegno a cura di “Box Office” del gruppo e-duesse intitolato “Cinema di qualità, un asset strategico. Come comunicare e valorizzare l’offerta?”), venerdì 24 settembre, il Direttore Generale del Cinema e dell’Audiovisivo del Mic, Nicola Borrelli ha giustamente sostenuto: “non solo dobbiamo fare in modo che la frequentazione della sala torni a essere quella di prima, ma dobbiamo aumentare il numero di spettatori. Anche prima della pandemia, per via di criticità varie del nostro mercato (in primis la stagionalità), il numero di biglietti era troppo basso. È ora necessario un cambio di passo nelle strategie distributive che vadano a coinvolgere chi normalmente al cinema non ci va”. Punto dolente dell’economia del settore: le strategie distributive, appunto.
Si ricordi che nel 2020 il botteghino è sceso a quota 183 milioni di euro, a fronte di 28 milioni di spettatori, a fronte dei 635 milioni di euro del 2019 e dei correlati 97,5 milioni di biglietti venduti…
C’è chi teme che il 2021 non registri il superamento di quota “30 milioni”.
Plauso incondizionato, invece, rispetto alle decisioni del Cts, da Rosa Maria Di Giorgi, Capogruppo del Partito Democratico in Commissione Cultura alla Camera: “il parere favorevole del Cts sull’ampliamento della capienza per i luoghi di spettacolo e di cultura è finalmente una bella notizia che restituisce un senso di normalità alla nostra vita, ma soprattutto, contribuisce a sollevare in parte le difficoltà che questi luoghi hanno vissuto in tutti questi lunghi mesi… Siamo convinti che la decisione del Governo a breve confermerà quanto stabilito dal Cts, con un provvedimento che ridia linfa al settore della cultura e dello spettacolo”.
Arrabbiati assai – e comprensibilmente – i gestori di discoteche, in primis il sindacato imprenditoriale Silb: il Presidente del Silb-Fipe dell’Emilia Romagna Gianni Indino ha dichiarato “o si torna a ballare in pista oppure le discoteche dell’Emilia-Romagna sono pronte a forme di protesta rumorose di cui si parlerà… Ancora una volta siamo stati trattati come dei reietti, come gli ultimi”. In materia, è intervenuto anche il leader della Lega, Matteo Salvini: “tenere chiuse le discoteche non ha nessun senso sociale, economico, epidemiologico. Se posso andare allo stadio, è giusto che anche i ragazzi possano ballare in sicurezza, e usufruire del divertimento legale”. Sull’argomento è intervenuto una decina di giorni fa anche il Sottosegretario all’Interno Carlo Sibilia, sostenendo che i locali da ballo che “restano l’unico settore rimasto fermo per ben 18 mesi, dal marzo 2020. Migliaia i dipendenti, le maestranze e i lavoratori dell’indotto che da oltre un anno e mezzo, dall’inizio della pandemia, attendono di riprendere le attività. È dunque opportuno far sì che ad ottobre siano riaperte le discoteche, grazie al green pass e con eventuali limiti di capienza. Con gli opportuni controlli consentiremo così ad un intero settore di rialzare la testa”.
Box office cinema: – 68 % di incassi rispetto all’anno pre-pandemia (2019)
Per quanto riguarda il “box office”, la situazione permane più che critica, come abbiamo già denunciato anche su queste colonne: secondo i dati Cinetel, da mercoledì 1° settembre al 12 settembre, il totale degli incassi è stato di 7,4 milioni di euro, con un calo del 6,3 % rispetto all’omologo periodo del 2020, del 67,8 per cento rispetto all’anno 2019 e del 55,3 % rispetto al 2018. Gli spettatori sono stati soltanto 1,1 milioni: – 5,7 % sul 2020, – 68,5 % sul 2019, – 56,9 % sul 2018.
Un disastro. Titolava l’ultima edizione del settimanale “L’Espresso”: “I nuovi film tornano al cinema. Gli spettatori no. Il settore reclama con il Governo, mentre la concorrenza delle piattaforme è sempre più forte”.
Servono misure robuste e decise: anzitutto una campagna promozionale degna di questo nome, non i simpatici pannicelli caldi della evanescente succitata “#soloalcinema”.
La débâcle del cinema italiano in sala
L’andamento degli incassi registra peraltro la débâcle del cinema italiano.
Considerando i primi 10 titoli per incasso della corrente stagione (dal 1° agosto 2021 a ieri 27 settembre 2021 incluso), la classifica è veramente deprimente.
Non inganni il 1° posto di un titolo come “Me Contro Te” perché si tratta di operina fragile (per la regia di Gianluca Leuzzi) il cui successo è dovuto esclusivamente all’audience ampia dei due giovani youtuber Luigi Calagna e Sofia Scalia (alias Luì e Sofì). Un tempo si sarebbe bollato questo film come “sottoprodotto” ed arduo resta il tentativo di recupera dignità con un approccio molto pop e post-moderno. Dignitoso l’andamento della dignitosa commedia “Come un gatto in tangenziale 2”, diretto da Riccardo Milani (al 5° posto) e del colto e ricercato “Qui rido io”, diretto da Mario Martone (al 9° posto).
Nessun altro titolo italico nei primi 10 film al “box office” della stagione.
Con buona pace di chi si esalta osservando che l’attuale sistema pubblico di sostegno al cinema consente la produzione di circa 200 lungometraggi l’anno: dimenticando di segnalare però che la quasi totalità dei quali è veramente… invisibile.
Eppure non soltanto il Presidente dell’Anica Francesco Rutelli, ma anche l’Amministratore Delegato della futura “Hollywood europea” (formula utilizzata dal Ministro Franceschini) alias Cinecittà Istituto Luce Nicola Maccanico, in un’intervista benevolente curata da Gloria Satta, pubblicata sabato scorso 25 settembre sul quotidiano romano “il Messaggero” (nella quale non disvela molto, dei perduranti misteri del piano di rilancio di via Tuscolana e dei 300 milioni dal “Recovery Plan”: in argomento, vedi “Key4biz” di venerdì 24 settembre, “Primi indizi della Rai di Fuortes. Cinecittà resta un mistero”), parla di… “attuale momento d’oro della produzione”.
Momento d’oro? Forse. Non si tratterà però di una produzione “drogata” dai flussi di risorse iniettati dal sistema dalla mano pubblica?!
La gran parte dei 200 lungometraggi cinematografici ormai prodotti ogni anno in Italia, in effetti, non viene distribuita in sala, non viene offerta dalle piattaforme web, non viene proposta dai canali televisivi… Incredibile, ma vero.
Qualcuno si vuole porre il problema, che è di natura culturale, oltre che economica e politica, o si preferisce continuare a nascondere la testa nella sabbia (seppure – per alcuni – dorata)?!
Cinema. Box Office Italia – Stagione corrente (1.8.2021-27.9.2021)
[ in ordine decrescente per biglietti venduti; fonte Cinetel ]
1° “Me Contro Te – Il Mistero della Scuola Incantata” (Warner)
796.923 presenze / incasso totale 5.047.555 €
2° “Fast & Furious 9” (Universal)
665.073 presenze / incasso totale 4.844.343 €
3° “Dune” (Warner)
626.958 presenze / incasso totale 4.560.791 €
4° “Shang-Chi e la leggenda dei 10 anelli” (Disney)
530.913 presenze / incasso totale 3.696.643 €
5° “Come un gatto in tangenziale – Ritorno a coccia di morto” (Vision)
422.007 presenze / incasso totale 2.888.370 €
6° “The Suicide Squad” (Warner)
281.879 presenze / incasso totale 1.976.994 €
7° “Space Jam” (Warner)
188.964 presenze / incasso totale 1.310.260 €
8° “Jungle Cruise” (Disney)
185.323 presenze / incasso totale 1.643.666 €
9° “Qui rido io” (01 Distribution)
160.902 presenza / incasso totale 1.138.758 €
10° “Free Guy” (Disney)
132.372 presenze / incasso totale 865.765 €