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Il costo del lavoro è di 29,3 euro all’ora per dipendente

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È aumentato anche nel 2020, ma è sceso nel 2021. In Danimarca è di 46,9 euro l’ora

L’andamento del costo del lavoro in Italia ha subìto un balzo deciso con la pandemia. È paradossale. Nell’anno più nero per l’economia dal Dopoguerra, il 2020, il costo del lavoro dipendente è cresciuto dai 28,8 euro l’ora del 2019 a 29,7. Almeno nel settore privato. È poi diminuito nel 2021, portandosi, come si vede dalla nostra infografica, a 29,3, ma rimanendo a un livello maggiore di quello precedente al Covid.

Intanto, chiariamo in parole semplici, che cosa intendiamo con costo del lavoro: è il costo a carico del datore di lavoro. Dobbiamo, quindi, considerare i contributi, le tasse e altre voce più piccole oltre allo stipendio vero e proprio.

L’andamento del costo del lavoro dipendente

Il dato del 2020 è solo apparentemente inspiegabile. Considerando che Eurostat non considera occupazione i periodi molto prolungati di cassa integrazione e osservando come siano stati soprattutto i lavoratori dei settori più fragili è facile capire come la porzione di forza lavoro rimasta ad alimentare queste statistiche sia quella con remunerazioni migliori. Da qui il balzo. Da qui anche la discesa del 2021, quando sono tornati ad occuparsi molti addetti di settori molto colpiti dalla pandemia come la ristorazione o il turismo, che sono anche interessati da stipendi particolarmente bassi.

L’andamento del costo del lavoro dipendente in realtà in tempi normali era stato molto più lento e più in linea con la ridotta crescita del Pil dell’Italia, a sua volta collegato alla produttività del lavoro stagnante che da tempo, da molto prima della pandemia, lo caratterizzava.

Quant’è il costo del lavoro per dipendente

I 28,8 euro all’ora del 2019 erano il risultato di un incremento di 0,5 euro rispetto al 2018, quando i lavoratori erano mediamente pagati 28,3 euro all’ora. Tra il 2012 e il 2017 gli aumenti erano stati ancora più ridotti, il costo del lavoro orario in 5 anni era cresciuto solo di 0,1 euro, passando da 27,7 a 27,8. C’era stato oltre all’effetto della crisi anche quello di alcuni sgravi e decontribuzioni che avevano interessato quella parte del costo del lavoro costituito da imposte.

Il costo del lavoro dipendente risale

Nel complesso in Italia rispetto al 2008, l’ultimo anno precedente alla grande crisi finanziaria, l’incremento del costo dei lavoratori è stato del 16,3%, inferiore a quello medio europeo, del 34,7%. Nonostante il balzo del 2020, che tra l’altro ha interessato più l’Italia che altri Paesi, l’andamento del costo del lavoro è stato decisamente meno positivo che altrove. Tipicamente sono stati i Paesi dell’Est, quelli che partivano da livelli di reddito e anche di stipendi più bassi, e che hanno visto crescite del Pil molto superiori alla media europea, ad avere anche incrementi del costo del lavoro più alti.

Come si calcola il costo di un dipendente

In Bulgaria è stato addirittura del 169,2%, in Romania e Slovacchia superiore al 100%, in Lituania del 91,5%, in Repubblica ceca del 66,3%, in Polonia e Slovenia del 51,3% e del 51,8%. Nonostante questo in questi Paesi il costo dei dipendenti rimane ancora inferiore alla media, anche se meno di un tempo. È invece la Danimarca il Paese in cui il costo del lavoro è maggiore, con 46,9 euro all’ora, secondo i dati del 2021. È seguita da Lussemburgo, Belgio, Svezia. Al quarto posto con 38,3 ci sono i Paesi Bassi, che superano la Francia, con 37,9. In Germania i lavoratori costano mediamente 37,2 euro ogni ora, con un aumento rispetto al 2008 del 33,3%. L’Italia è all’undicesimo posto, davanti alla Spagna, dove il costo del lavoro è di 22,9 euro all’ora, decisamente inferiore al nostro. Non solo per gli stipendi più bassi, ma anche per la minore tassazione.

Il peso di contributi e tasse sul costo del lavoro dipendente

L’andamento del costo del lavoro è infatti determinato anche dalle imposte, le tasse sui redditi che gravano sui lavoratori e sui datori di lavoro e i contributi. Nel 2021 l’Italia era terza in Europa quanto a percentuale del costo del lavoro riconducibile alla tassazione, il 28,3%. Solo in Svezia e Francia le tasse sul lavoro sono più alte, arrivando rispettivamente al 32% e al 31,9%.

Il costo azienda di un dipendente in Germania

In Spagna si scende un poco, al 25,9%, la Germania con il 22,2% è sotto la media europea, mentre in Irlanda la porzione di salario formata dalle imposte è solo dell’8,7%. Sotto il valore europeo del 24,6% anche gran parte dei Paesi dell’Est, i Paesi Bassi, la Danimarca. Si tratta di un dato che avrà il suo peso nella ripresa dalla crisi nei prossimi anni. Quando sarà il momento di attirare investimenti esteri oltre che quelli pubblici del Pnrr.

I misteri del cuneo fiscale

La differenza tra il costo di un dipendente per l’azienda e quanto il dipendente stesso incassa in busta paga è chiamato “cuneo fiscale” anche se, in realtà, a erodere il reddito non è solo il fisco ma decine e decine di voci diverse. Questa differenza è comunemente calcolata al 210%: significa che se il dipendente incassa, per esempio, mille euro netti al mese, l’impresa ne ha sborsati 2.100.

Ovviamente nel caso di un contratto regolare a tempo determinato o indeterminato (il cuneo fiscale è identico in entrambi i casi). Attenzione, però, questo 201% non è frutto di un calcolo preciso, è piuttosto un dato convenzionale che comprende i costi che l’azienda deve sostenere come, per esempio, i costi amministrativi, quelli bancari e quelli del consulente del lavoro esterno che prepara le buste paga.

I dati si riferiscono al: 2021
Fonte: Eurostat

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