Da osservatori critici della politica culturale nazionale, abbiamo dedicato, nei giorni scorsi (tra venerdì 19 e lunedì 22), adeguata attenzione – su queste colonne della rubrica “ilprincipenudo” curata da IsICult per il quotidiano online “Key4biz” – sia alla vicenda della nomina del Direttore del Teatro di Roma sia alla vicenda dell’approvazione del “contratto di servizio” Rai 2024-2028 da parte del Consiglio di Amministrazione di Viale Mazzini (si veda, da ultimo, il nostro intervento di martedì 22 gennaio 2024, “Teatro di Roma: quando il bue da del cornuto all’asino”)…
Vicende entrambe controverse, che provocano naturali (e finanche sane) polemiche su come viene gestita la “res publica” nel sistema culturale in Italia.
Meritano essere segnalate alcune questioni, “a latere” della vicenda del Teatro di Roma, che grande scalpore ha suscitato nella stampa e nei media (incredibile silenzio totale invece sul “contratto di servizio” Rai…), al punto tale che si è pronunciata personalmente addirittura la stessa Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, la quale, lunedì 22, da una tribuna di Rete4 (“Quarta Repubblica”, intervistata da Nicola Porro), ha denunciato “il bailamme della sinistra”, sostenendo che “il mondo nel quale per le nomine pubbliche la tessera del Pd fa punteggio è finito. È finita l’era dell’amichettismo”.
Accantoniamo la querelle di natura giuridica: il Sindaco di Roma Roberto Gualtieri ha annunciato la volontà di presentare ricorso per le modalità con la quale la nomina è stata assunta sabato scorso da 3 membri su 5 del Consiglio di Amministrazione del Teatro (secondo Gualtieri sarebbe invalida), mentre il Presidente della Regione Lazio Francesco Rocca ha invitato il Presidente del Teatro a dimettersi, perché “l’unico merito di Siciliano è quello di essere stato Responsabile della Cultura del Pd. Siciliano si è permesso di dire ‘istituzione stuprata’, ma come si permette?! È il primo che se ne deve andare”. E come scriveva ieri 23 gennaio Gabriella Cerami, su “la Repubblica” (edizione romana), “ed in effetti le candidature per diventare Presidente del Teatro di Roma vanno presentate in questi giorni e la destra ambisce anche a questo incarico”.
L’“amichettismo” (neologismo coniato da Fulvio Abbate) va combattuto, ma Giorgia Meloni corre il rischio di cadere nello stesso errore?
Una digressione sul neologismo “amichettismo” appare opportuna, e l’ha efficacemente proposta Mario Ajello sul quotidiano romano “Il Messaggero” di ieri: “nell’infinita costruzione di sé stessa come icona pop, Giorgia Meloni prende in prestito da un super irregolare di sinistra, Fulvio Abbate, l’espressione «amichettismo». Questa categoria politico-antropologica, soprattutto romana, allignante in terrazze e salotti tendenzialmente dem, progr e radical (chic), a cui Abbate ha dedicato un gustoso libro intitolato proprio così. Gli amichetti e gli amichettisti, questa la visione meloniana, sono quelli che si cercano, si trovano, fanno cose e vedono gente (sempre la stessa e guai ad aprire le porte delle sale da pranzo e da cena a chi non ha uso di quel mondo ristretto dove come dice Giorgia «si danno le carte»), si attovagliano, si scambiano tartine e carriere, si tracciano trame e disegni di potere, puntualmente ai danni di chi non appartiene a quella casta di presunti ottimati fintamente democratici ma in realtà più consorteria (con chiacchiericcio) che agorà. Un’icona pop come Meloni l’outsider e l’underdog non può che attaccare questo milieu salottiero, in nome della propria autonomia politica (quando dice «non sono ricattabile» lo dice anche in questo senso: io le mie scelte, le mie nomine, le mie strategie le faccio da sola e non me le faccio imporre o sindacare da nessuno e tantomeno dai giri che contano o contavano o credono ancora di contare) e in ossequio a una storia, quella della destra, nella quale non l’«amichettismo» ma il senso di comunità, o il cameratismo, sono il cemento”.
Scrive Fulvio Abbate nelle pagine di “L’amichettismo” (Pdfinprop Edizioni, 2023): “questo fenomeno racconta un insieme chiuso di relazioni. Per lo più interessate. Un progetto d’ambizione decisamente professionale. Assente è ogni vera libertà e ogni fantasia in questo recinto. In definitiva, con l’amichettismo siamo nel dominio del conformismo”.
Il concetto essenziale è: siamo sicuri che Meloni e la destra non corrano il rischio di finire per sostituire un “recinto” con un altro, un “conformismo” con un altro?!
Tiziana Rocca alla guida del David di Donatello (Accademia del Cinema Italiano) al posto di Piera Detassis? Quali le logiche sottostanti ad una simile decisione?
Oggi emerge sull’edizione italiana di “The Hollywood Reporter” (ovvero “The Hollywood Reporter Roma”, diretto da Concita De Gregorio) la notizia secondo la quale la richiesta del Ministero della Cultura di avere il Ministro o un suo delegato nel Consiglio Direttivo del Premio David di Donatello alias l’Accademia del Cinema Italiano (questione alla quale abbiamo dedicato già molta attenzione, vedi “Key4biz” di giovedì scorso 18 gennaio, “Silenzio sulle nuove Commissioni ministeriali per lo spettacolo dal vivo. Il caso David di Donatello, ovvero dell’ipocrisia della sinistra?”) sia finalizzata anche ad un rinnovo dell’incarico di presidenza, ovvero ad un possibile passaggio di consegne tra la Presidente attuale Piera Detassis ed un personaggio sempre più influente nel sistema cinematografico italiano, qual è la gran maestra di cerimonie e di “pr” Tiziana Rocca (che è anche la moglie del regista Giulio Base, qualche mese fa chiamato a guidare il Festival di Torino, scelta anch’essa controversa). Si ricordi anche che Tiziana Rocca ha pubblicato nel 2022 una autobiografia dall’ardito titolo “Immaginare l’impossibile” (Sperling & Kupfer). Alcuni osservatori ricordano che la presidenza affidata a Piera Detassis è stata rinnovata, per quattro anni, nel marzo del 2022, con la benedizione di Dario Franceschini alla guida del Ministero della Cultura…
Va segnalato che notoriamente Tiziana Rocca è anche amica della Sottosegretaria leghista Lucia Borgonzoni: tra l’altro la senatrice è stata ospitata, nell’agosto 2023, nella lussuosa cornice del Forte Village a Santa Margherita di Pula (in provincia di Cagliari), in occasione dell’ultima edizione di “Filming Italy (Sardegna Festival)” promossa da Rocca, kermesse che beneficia di crescenti sovvenzioni da parte del Ministero stesso (la sovvenzione per quest’iniziativa è cresciuta da 80.000 euro nel 2021, a 90.000 nel 2022, per arrivare a 100.000 euro nel 2023…).
Come ha ben documentato il mensile specializzato “Box Office” (edito da e-duesse, diretto da Vito Sinopoli) nella sua ultima edizione – pubblicata giovedì della scorsa settimana 18 gennaio 2024 – l’associazione culturale con la quale opera Tiziana Rocca ovvero “Agnus Dei” ha ricevuto sovvenzioni dalla Direzione Generale Cinema e Audiovisivo del Ministero (la Dgca retta da Nicola Borrelli) per complessivamente oltre 1 milione di euro nell’ultimo triennio.
Tiziana Rocca è senza dubbio un’abile donna di relazioni, anche se qualche suo “competitor” si domanda se questo flusso di contributi pubblici sia proprio meritato, o se si tratta prevalentemente del risultato di eccellenti capacità relazionali ovvero – giustappunto – di “pr”… Ahinoi, questo discorso ci porterebbe lontano ovvero sui processi selettivi ed i meccanismi valutativi che portano a finanziare col danaro pubblico un festival con 10.000 euro o 100.000 euro o finanche ormai oltre 1 milione di euro l’anno, com’è il caso-record del Festival di Giffoni Valle Piana: torneremo presto su queste tematiche “scabrose”…
In questo contesto, la prospettata nomina di Tiziana Rocca al posto di Piera Detassis (orchestrata “dietro le quinte” dalla Sottosegretaria Lucia Borgonzoni) non rientrerebbe paradossalmente proprio in quelle dinamiche tipiche dell’“amichettismo” denunciato da Giorgia Meloni?!
E non rientra di fatto nell’“amichettismo” anche il sostegno strenuo che la Sottosegretaria manifesta nei confronti di Chiara Sbarigia, Presidente di Cinecittà nominata dal “dem” Dario Franceschini in nome – a suo tempo – di un “amichettismo” di cromia diversa?! In questo caso, Sbarigia sembra essere passata da uno schieramento “amico” all’altro indifferente ai colori: sarà un caso raro di professionista “super partes”? Si nutrono dubbi…
Qualcosa non quadra nel “nuovo corso” della destra al governo della cultura italica
I segnali di meritocrazia e di tecnocrazia ancora non si vedono.
Si osservano… “piazzamenti” basati prevalentemente su “spoils system” e “intuitu personae” che certo non brillano per trasparenza selettiva, per comparazione (pubblica) dei curricula…
Nel “new deal” della destra al governo, riemergono pratiche vetuste, ovvero il tentativo di “mettere il cappello” su alcuni processi culturali (oltre che “amichetti” nelle istituzioni): è il caso, per esempio, in questi giorni, della grande euforia che ha preso una parte della comunità professionale del cinema italiano per essere rientrato il bel film di Matteo Garrone “Io Capitano” nella cinquina dei film stranieri candidati all’Oscar…
Ieri, dapprima la Sottosegretaria Lucia Borgonzoni e poi il Ministro Gennaro Sangiuliano (Fratelli d’Italia) hanno sentito l’esigenza di manifestare il proprio apprezzamento: “un grande successo per Matteo Garrone. La candidatura con ‘Io Capitano’ agli Oscar 2024 nella categoria Miglior film internazionale è di per sé un riconoscimento che ci riempie di orgoglio. Grazie al suo bellissimo film il cinema italiano sotto i riflettori internazionali. Ringrazio Rai Cinema per il suo impegno”. Il Ministro ha dichiarato: “‘Io Capitano’ è un film straordinario che racconta una storia di coraggio e dignità. Sono orgoglioso che sia stato apprezzato dalla Academy dopo il prestigioso riconoscimento del Premio Leone d’Argento per la regia all’ultima edizione del Festival di Venezia”.
Sano orgoglio italico, quindi, condiviso e… diffuso (basti notare che ha sentito l’esigenza di manifestare il suo plauso a Garrone – anche lei nella ritualità delle dichiarazioni istituzionali?! – anche la Presidente della Commissione Vigilanza Rai, la grillina Barbara Floridia).
Bene.
Però sorge una perplessità.
Una perplessità (forse anche due) che ha ben evidenziato questa mattina Cristina Piccino sulle colonne del quotidiano (comunista) “il Manifesto”, in un lungo articolo intitolato “Cinema e politica. I sogni oltre il mare e i ‘nuovi corsi’ della cultura”. Scrive Piccino: “ieri alla notizia sono fioccati i complimenti anche istituzionali, di quel governo oggi in carica che sulla vita dei migranti specula quotidianamente con proclami e accordi internazionali. E che mostra un disprezzo per il lavoro culturale fatto finora, liquidato unicamente come un gioco di poltrone – «le carte adesso le do io» ha detto a proposito della cultura la premier Meloni in tv manco fossimo a una serata di tressette. Ma se abbiamo i film di Garrone, tra i firmatari della lettera contro la modalità di nomina della direzione del Teatro di Roma, e di altre e altri, è grazie a un lavoro appunto reso possibile, seppure con intralci e criticità negli anni, che nella eterna (e un ormai noiosamente abusata) lamentela della cultura come «affare di sinistra» da parte della destra si limita a essere questione di tessere o di «affari di famiglia». E che ha permesso al cinema italiano di ritrovare un interesse internazionale e di far emergere talenti seguiti con attenzione nel mondo dopo lunghi periodi di esiti assai meno felici. Non si tratta certo di quel «nazionalismo» auspicato in qualche discorso qua e là, anzi ne è l’esatto contrario. E tantomeno dell’occupazione a ogni costo in nome di Dio patria e famiglia che caratterizza i «nuovi corsi». Quando si andrà a sfoggiare il vestito migliore a Los Angeles sarà bene non dimenticarlo”.
Crediamo che sia importante precisare che una rondine non fa primavera e che la qualità riconosciuta dai critici di “Io Capitano” o il successo di mercato di “C’è ancora domani” di Paola Cortellesi non stanno a significare che “il cinema italiano” tout-court stia in buone condizioni di salute (né creativamente né imprenditorialmente), come abbiamo denunciato tante volte su queste colonne (e che ci sia un grande “appeal” internazionale per il cinema “made in Italy” non corrisponde a vera verità): si tratta di 2 “eccezioni alla regola” di un sistema che mostra numerose patologie, con una sovrapproduzione di titoli che ha raggiunto livelli surreali e con la gran parte delle opere sovvenzionate dallo Stato (realizzate “per” il tax credit, e non “con” il tax credit) che non vengono viste da nessuno (rimandiamo al nostro ultimo intervento sul tema: vedi “Key4biz” del 19 gennaio 2024, “Approvato il contratto di servizio: entusiasmo Rai ma scenari incerti. Riforma del tax credit cinema in gestazione (a porte chiuse)”…
Perché la Sottosegretaria Lucia Borgonzoni, “orgogliosa” del film di Matteo Garrone (e quindi della visione del fenomeno migratorio sottesa all’opera), per coerenza, non fa ripartire il progetto “MigrArti – La cultura unisce”?
Quel che oggi qui vogliamo proporre è una provocazione…
Se il Ministro è “orgoglioso” del film e non meno la Sottosegretaria, perché non riattivano quel progetto lungimirante che è stato ideato qualche anno fa da un organizzatore culturale ed intellettuale impegnato qual è Paolo Masini, ovvero “MigrArti – La cultura unisce”?! Precisiamo che Paolo Masini non ha la tessera del Pd in tasca e non ci risulta abbia mai frequentato i salotti della “gauche caviar” (ovvero la sinistra al caviale del I Municipio di Roma Capitale): insomma, è stato poco o per nulla “amichetto” di Dario Franceschini…
Se si vuole dimostrare di avere un approccio sensibile al problema migratorio (ed il film di Matteo Garrone – va rimarcato – non è certo in sintonia con alcune prese di posizione del leader della Lega Matteo Salvini e nemmeno con la logica retorica dello slogan “aiutiamoli nei loro Paesi”), perché la Sottosegretaria Lucia Borgonzoni non torna sui suoi passi, e non riattiva il progetto “MigrArti”, che proprio lei, durante un governo giallo-verde (ovvero M5s e Lega), sempre nella veste di Sottosegretaria, decise di eliminare?!
Abbiamo dedicato molto inchiostro a quella sciagurata decisione di Lucia Borgonzoni, assunta senza alcuna razionalità e ragionevolezza (con un conato emotivo, si era in una fase intensa – per così dire – … “anti-stranieri”): va ricordato che in Italia ormai un 10 % della popolazione è straniera (si tratta di circa 7 milioni di persone, su una popolazione ormai inferiore ai 60 milioni di residenti), ed al di là dei migranti in arrivo, si pone un’esigenza sociale e civile e politica di stimolare la migliore coesione ed integrazione, con un approccio che non può che essere multi-culturale e inter-culturale.
Il progetto MigrArti ideato da Paolo Masini mirava a stimolare la produzione culturale degli stranieri in Italia, ideata e realizzata da e con cittadini stranieri: cinema, teatro, musica, danza ed altre arti. Giunsero migliaia e migliaia di proposte progettuali, da artisti ed organizzatori culturali ed associazioni attive nel sociale.
La irragionevole cancellazione del progetto “MigrArti – La cultura unisce” per responsabilità della Sottosegretaria Lucia Borgonzoni
Scrivevamo qualche mese fa su queste colonne, in occasione della presentazione dell’edizione n° 32 del “Rapporto Immigrazione” realizzato dalla Fondazione Migrantes e dalla Caritas, organismi pastorali della Cei (Conferenza Episcopale Italiana), dell’esigenza di stimolare la costruzione di un “immaginario” sui migranti e sugli stranieri che fosse accogliente ed inclusivo: “deve essere ricordata la scellerata scelta assunta dalla Sottosegretaria leghista Lucia Borgonzoni nel 2018 (ai tempi del governo giallo-verde, con il grillino Alberto Bonisoli alla guida del Collegio Romano), che ha cancellato il bel progetto “MigrArti – La cultura unisce”, ideato da Paolo Masini e sostenuto fin dal 2015 dall’allora Ministro della Cultura, il “dem” Dario Franceschini (vedi “Key4biz” del 27 novembre 2018, “ilprincipenudo. MigrArti, perché il bando per gli immigrati è in stand-by? ”). E nonostante Franceschini sia tornato qualche anno dopo a guidare il dicastero della cultura, il progetto è stato congelato, ovvero è stato mantenuto in “stand-by”. Eppure “MigrArti” ha stimolato migliaia di iniziative artistiche nell’ambito delle “culture migranti” ed ha fornito un contributo prezioso nella prospettiva di una società plurale, interculturale, aperta, coesa. Ma… forse il governo guidato da Giorgia Meloni non ha esattamente in mente questo, se si deve dar retta alla visione sempre allarmistica ed ansiogena del suo Vice Premier Matteo Salvini, che spesso amplifica ataviche paure nei confronti dell’Altro ovvero dello “Straniero”, finendo per alimentare il razzismo e la xenofobia…” (vedi “Key4biz” del 18 ottobre 2023, “32° Rapporto sull’Immigrazione”. Nessuna emergenza, ma serve uno “storytelling” sano”). D’altronde abbiamo avuto anche un governo… “verde-rosso”, ahinoi, ovvero Lega + M5s, dal giugno 2018 all’agosto 2019 (Conte I), e poi un’allenza Pd + M5s dal settembre 2010 al gennaio 2021 (e poi venne Draghi)…
Il 27 novembre 2018, la allora (ed oggi ancora) Sottosegretaria dichiarò in effetti che il progetto “MigrArti”, finalizzato alla promozione delle attività culturali delle comunità immigrate per la migliore inclusione sociale, non poteva essere considerato… “strutturale”, e che non sarebbe stato rifinanziato per il 2019, anno nel quale l’allora Ministero dei Beni e delle Attività Culturali (alias Mibac) avrebbe dedicato invece attenzione ad altre tematiche sensibili come le “periferie” e la lotta contro la violenza sulle donne…
E così è stato.
Dopo tre edizioni, il progetto “MigrArti” è stato brutalmente killerato.
E peraltro quel gran patrimonio di esperienze creative (centinaia e centinaia di opere) è stato purtroppo disperso (il Ministero non ha nemmeno ben pensato di curare un archivio online delle tante opere realizzate grazie al progetto).
Ora si invoca coerenza
Se il film di Matteo Garrone riempie (realmente) di orgoglio la Sottosegretaria, allora… che la senatrice Lucia Borgonzoni abbia il coraggio di tornare sui suoi passi e di riavviare quella bella iniziativa.
Riteniamo che il sostegno a “MigrArti” abbia un valore culturale e sociale maggiore delle iniziative di Tiziana Rocca e della sua potente Agnus Dei: insomma, quel milioncino di euro assegnatole nell’ultimo triennio (a fronte di cosa concretamente?! è mai stata realizzata una valutazione di impatto sulle iniziative che ha promosso?!) avrebbe potuto essere speso meglio dall’italico Stato…
Questa sì sarebbe sana “tecnocrazia” (programmazione strategica e valutazione dei risultati) nella gestione della politica culturale.
Una cultura che punti alla sostanza dei fatti (anche nel sociale) e non alle passerelle festivaliere ed ai “red carpet” ed ai “resort” a cinque stelle, con salmone e champagne (a spese dello Stato)…
E oltre “l’amichettismo” di un colore o dell’altro.
Latest news: a proposito di migranti e stranieri… ci piace segnalare che, proprio mentre stavamo chiudendo quest’articolo in tipografia, ci giunge l’invito da parte dell’Ufficio Stampa della Biennale di Venezia (ancora oggi presieduta da Roberto Cicutto, in carica fino al 2 marzo 2024, nelle more dell’arrivo di Pietrangelo Buttafuoco, designato a fine ottobre 2023), per la presentazione, mercoledì della prossima settimana (31 gennaio), della 60ª Esposizione Internazionale d’Arte: intitolata, in questa edizione, “Stranieri Ovunque – Foreigners Everywhere”…
[ Nota: questo articolo è stato redatto senza avvalersi di strumenti di “intelligenza artificiale. ]
(*) Angelo Zaccone Teodosi è Presidente dell’Istituto italiano per l’Industria Culturale – IsICult (www.isicult.it) e curatore della rubrica IsICult “ilprincipenudo” per “Key4biz”.