CAMBIAMENTO CLIMATICO

Il carbone primo nemico del clima e dell’aria che respiriamo

di Redazione |

Se vogliamo evitare i rischi del cambiamento climatico, si legge in un documento del WWF, il consumo di carbone nel mondo deve iniziare a diminuire entro il 2020.

A quasi due settimane dall’avvio del summit di Parigi, il WWF presenta il documento di posizionamento su Carbone e Clima con l’obiettivo di fornire e sostenere soluzioni energetiche sostenibili attraverso la visione “100% energie rinnovabili” entro il 2050, supportati da misure ambiziose di efficienza energetica e di risparmio. Il focus del documento è sul carbone (e lignite) per uso energetico, il combustibile fossile più sporco e inquinante che negli ultimi dieci anni ha registrato la più alta crescita assoluta rispetto a qualsiasi fonte energetica. Il carbone è anche il combustibile a più alta intensità di emissioni di CO2.  A livello mondiale le centrali a carbone generano il 40% di elettricità, ma sono responsabili di oltre il 70% delle emissioni di CO2 del sistema elettrico. Se vogliamo evitare i rischi del cambiamento climatico, così come altri impatti negativi del carbone (ad esempio quelli locali rappresentati dall’inquinamento atmosferico), il consumo di carbone nel mondo deve iniziare a diminuire entro il 2020 per essere completamente eliminato dal sistema energetico globale necessariamente prima del 2050. La transizione energia dovrà, dunque, essere raggiunta attraverso un rapido passaggio a una fornitura di energia rinnovabile al 100% e sostenuta da massicci investimenti in efficienza energetica.
L’Italia è il Paese che potrebbe chiudere si da subito con il carbone, considerato che la potenza installata è più che doppia rispetto al picco massimo dei consumi mai raggiunto, mentre le rinnovabili hanno assunto un ruolo sempre più importante: nei primi mesi del 2015 hanno coperto il 37,1% dei consumi elettrici.

Quello che ci serve ora è un impegno forte anche dal premier Matteo Renzi, che ai recenti Stati Generali sul Clima ha affermato che il nemico numero uno è il carbone.  Chiedi al Premier di essere coerente e di chiudere le centrali a carbone in Italia. Firma anche tu la petizione del WWF Italia – Save the Humans, save the climateUn futuro senza carbone è possibile. Il percorso verso un futuro senza carbone dovrà essere guidato dal mondo industrializzato – l’OCSE e la Russia – con l’obiettivo di eliminare gradualmente questo combustibile dai loro sistemi energetici nei prossimi 20 anni (entro il 2035). E’ necessario, quindi, che i Governi dei Paesi industrializzati introducano con urgenza una normativa che garantisca l’immediata sospensione della costruzione di nuove centrali a carbone e l’immediata chiusura delle centrali a carbone meno efficienti.

In questo, l’Italia dovrà giocare un ruolo di primo piano accelerando il processo di fuoriuscita dal carbone, essendo uno dei paesi che può fare a meno da subito del peggior combustibile fossile. Entro il 2030, al più tardi, non dovrebbero essere costruiti nuovi impianti a carbone anche nei paesi in via di sviluppo.  E ‘quindi importante che i Governi interrompano immediatamente tutti i finanziamenti pubblici,  così come andrebbe sospeso il supporto finanziario da agenzie di credito all’esportazione per qualsiasi progetto di carbone.

Il WWF sollecita i Governi dell’OCSE a garantire una completa e immediata eliminazione di tutte le sovvenzioni per l’estrazione del carbone, produzione e uso, e tutti gli altri Governi entro il 2020, al più tardi.  Questo vale anche per l’Italia che deve rinunciare a sovvenzionare progetti di nuovi impianti come quello nel Sulcis (Sardegna).

Le politiche dei governi devono soddisfare contemporaneamente due sfide interconnesse: “energia a prezzi accessibili per tutti” e protezione del clima. E questo deve essere supportato da approcci inclusivi e partecipativi, che coinvolgano i cittadini e le comunità locali.  Oggi la chiave per consentire sviluppo sostenibile e accesso all’energia per tutti c’è ed è nelle energie rinnovabili. Un modello di sviluppo energetico più diffuso e decentralizzato porta benefici estesi e limita le emergenze sanitarie dovute all’inquinamento, al contrario di quanto avviene oggi coi modelli centralizzati fondati sui fossili e il nucleare. Ci sono molti esempi di tutto il mondo piccole imprese, comunità e persino agricoltori che possiedono impianti di energia rinnovabile. Una delle cose  più importante della transizione è fornire accesso all’energia a più di 3 miliardi di poveri, persone che non hanno accesso ai servizi energetici moderni, fondamentale per migliorare la vita delle persone e raggiungimento gli obiettivi di sviluppo sostenibile.
Focus: gli impatti del carbone. Circa quattro quinti di tutto il consumo di carbone (e di emissioni relative) si presenta in appena quattro nazioni e regioni – Cina (50%), Stati Uniti (12%), India (9%) e l’UE (8%). Mentre l’India e la Cina hanno avuto una crescita elevata delle emissioni di CO2 negli ultimi dieci anni come conseguenza dell’aumento rapido del fabbisogno energetico interno connesso allo sviluppo industriale e l’infrastrutturazione delle città, l’uso di carbone nell’OCSE è diminuito dal 2007 di circa 11%. Tuttavia, l’OCSE, insieme alla Russia, è ancora un consumatore importante di carbone con quasi il 30% del totale globale.

Il carbone non solo ha l’intensità di carbonio più alta rispetto a tutti i combustibili fossili, che lo rende la principale minaccia per il clima del pianeta,  ma è anche causa di gravissimi fenomeni di inquinamento atmosferico soprattutto a livello locale che minaccia la salute pubblica contribuendo a causare 4 milioni di morti premature ogni anno, principalmente nei paesi in via di sviluppo. Il tutto con un altissimo costo economico. Recentemente è stato stimato dall’UNEP che l’inquinamento atmosferico principalmente per l’uso di combustibili fossili, specialmente carbone, nel 2010 è costato alla Cina circa 1,4 trilioni di dollari, all’India 0,5 trilioni e all’OCSE 1,7 trilioni.

E il costo dell’inazione è molto più alto per tutte le società, determinato dall’impatto globale delle emissioni dei combustibili fossili. Una ricerca molto recente della Università di Stanford ha mostrato come il costo sociale di carbone sia di 200 dollari a tonnellata di CO2, e perciò crea perdite economiche annuali equivalenti all’11% del PIL globale. Inoltre, l’estrazione del carbone, la lavorazione e la combustione rappresentano gravi minacce per le riserve di acqua dolce e gli ecosistemi: il carbone oggi consuma quasi 50% di tutta la richiesta d’acqua dolce nel settore energetico.

E sul mondo grava la minaccia di 1.199 nuovi progetti di centrali a carbone per una potenza complessiva di più di 1,400GW (equivalente all’80% della potenza attualmente installata negli impianti a carbone). La Cina e l’India insieme rappresentano circa il 76% della nuova capacità progettata. Secondo i più recenti dati riportati nel database CoalSwarm, ad ottobre 2014 si contavano 2266 unità a carbone in costruzione o in progetto per una potenza complessiva di 1.491 GW. Questo da solo sarebbe sufficiente a far saltare il bilancio totale di carbonio che occorre rispettare per non destabilizzare il clima.

FONTE: WWF

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