Onde evitare che qualcuno possa attribuirci un approccio eccessivamente critico, nelle analisi e nei monitoraggi sul sistema dei media che IsICult cura per il quotidiano Key4biz anche in questi torridi giorni agostani, attingiamo ad una fonte tecnicamente qualificata e certamente indipendente, qual è il sito web specializzato “Cineguru” (sottotitolo “Cinema 2.0, innovazione e business”), sul quale un esperto del livello di Robert Bernocchi ha pubblicato ieri una lunga ed accurata analisi, dall’inequivocabile titolo “Un luglio fantastico” (titolazione che pure andrebbe un po’ modificata, a conclusione della lettura dell’intervento).
Scrive Bernocchi (che, oltre ad essere Data and Business Analyst di Cineguru.biz & BoxOffice.Ninja, è stato anche Head of productions a Onemore Pictures): “grazie al fenomeno Barbie, non solo abbiamo un mese a livelli altissimi, ma i numeri dell’estate hanno già superato quelli del 2019 e rischiano anche di competere con l’estate 2011…”.
In effetti, i dati sono assolutamente confortanti, nel raffronto tra le stagioni estive degli anni passati: “arrivati all’ottava settimana, grazie all’apporto di ‘Barbie’ il botteghino è schizzato verso l’alto, sulla soglia dei 60 milioni di euro totali, rendendo ormai inutile confronti con gli anni passati (2011 esclusi), che si ritrovano molto distanti dai numeri fatti segnare dall’estate 2023 (…). A questo punto, benché sembrasse impossibile, si punta anche ad avvicinare i dati del 2011, finora la migliore estate cinematografica italiana di sempre grazie a 84,6 milioni. Intanto, celebriamo il dato molto positivo dell’estate 2023, anche perché ha ancora 16 giorni per migliorarsi”.
L’acuto analista precisa che “tocca anche fare attenzione a non confonderci e a non pensare che ci sia un trend che fa tornare ‘automaticamente’ le persone al cinema, a prescindere dal prodotto. In realtà, il trend non è un trend, nel senso che non è una tendenza autonoma del pubblico italiano che all’improvviso ha detto “voglio tornare al cinema a tutti i costi”. No, il pubblico italiano dice semplicemente “se c’è il prodotto, torno volentieri al cinema”, ma anche “se non c’è, posso fare altro””.
Va osservato che questa ripresa è dovuta prevalentemente al fenomeno “Barbie” (diretto da Greta Gerwig), ma anche al notevole successo di “Mission Impossible (7)” (di Christopher McQuarrie): il primo titolo rappresenta il 48 % di tutti gli incassi di luglio 2023, e, assieme al secondo titolo, si raggiunge quasi il 60 % del “box office” totale.
Il cinema italiano in sala crolla a picco: quota 5 %
La questione dolente riguarda il prodotto “made in Italy”: la quota è semplicemente disastrosa, non arriva nemmeno al 5 (cinque) per cento!
Si tratta (considerando anche le coproduzioni) di un totale di 1,9 milioni di euro di incasso e di una quota del 4,90 %.
In verità, non un dato sconvolgente, se si pensa che nel 2022 la quota era sostanzialmente la stessa, anche se un po’ più bassa, ovvero il 4,50 %.
Da segnalare che anche nell’ultimo anno per così dire “normale” ovvero pre-Covid, il 2019, la quota era di fatto sullo stesso livello (4,73 %).
Magra consolazione.
Commenta Bernocchi: “sono dati che vanno sottolineati, perché altrimenti passa il messaggio che il “cinema italiano ha perso la partita dell’estate”. No, semplicemente il cinema italiano (come sempre) non ha giocato la partita dell’estate e quindi non si può parlare di vincere o perdere, siamo più nel campo del “non pervenuto””.
In altre parole, è evidente che, rispetto al cinema italiano, l’operazione promozionale “Cinema Revolution”, promossa da mesi con grancassa ministeriale, non ha proprio funzionato.
Abbiamo tante volte, anche su queste colonne, manifestato perplessità rispetto all’entusiasmo in materia da parte della Sottosegretaria leghista alla Cultura Lucia Borgonzoni, cui si sono allineati sia il Presidente dell’Anica (produttori) Francesco Rutelli sia il Presidente dell’Anec (esercenti) Mario Lorini.
Si è trattato di una iniziativa debole, impostata artigianalmente, rispetto alla cui struttura tecnica non sono peraltro mai stati forniti dettagli: la Sottosegretaria non ha mai più risposto alle domande che le sono state poste più volte su queste colonne (vedi, da ultimo, “Key4biz” del 27 giugno 2023, “La Sottosegretaria Borgonzoni rinnova l’entusiasmo per la campagna “Cinema Revolution” ma i dati non sono univoci”). Non è nemmeno stato reso noto quale sia stata l’agenzia utilizzata, né l’identità dei creativi di “Cinema Revolution”: e ciò basti. E d’altronde pochi giorni fa la stessa Lucia Borgonzoni ha dichiarato, in una sua sortita al Festival di Giffoni Valle Piana, che vorrebbe affidare ai ragazzi del Giffoni Dream Team “le immagini di Cine Revolution 2024”: chissà che ne pensano i creativi ed i professionisti delle agenzie pubblicitarie e di comunicazione…
Settimane fa, era peraltro stata anche annunciata – dalla Sottosegretaria – una fase della campagna “Cinema Revolution” che si sarebbe avvalsa di una schiera di “influencer”, per stimolare il consumo di cinema in sala soprattutto da parte dei giovani, che continuano a disertare i cinematografici: dopo l’annuncio, però, nulla. Chissà chi erano questi “influencer” e che fine ha fatto questa fase del progetto di promozione…
Riteniamo che, senza la spinta eccezionale di “Barbie”, l’estate cinematografica italiana si sarebbe confermata un vero disastro per l’intero “box office”.
Un assoluto flop per quanto riguarda il cinema italiano in sala
Abbiamo già ricordato come il 25 giugno scorso Davide Turrini, sulle colonne de “il Fatto Quotidiano”, commentava “un protezionismo tardivo con le sale quasi chiuse”: in sostanza, una campagna promozionale a tutto vantaggio del cinema americano…
E ci domandavamo, il 27 giugno su queste colonne: “Perché il Ministero non si attrezza con la strumentazione tecnica adeguata per valutare in modo serio le politiche che mette in atto?!”. Anche questa domanda resta senza risposta.
Si continua a legiferare in assenza di adeguata cassetta degli attrezzi.
Il 20 luglio “il Fatto Quotidiano” titolava con un “Profondo rosso” un articolo di Federico Pontiggia, nel quale si leggeva “campagne ministeriali dedicate a film italiani e film italiani che non si vedono e che nessuno vede”.
Che si tratti di un inequivocabile flop della campagna “Cinema Revolution” è evidente.
Basti osservare i 5 maggiori esordi italiani ed europei a luglio 2023 (quindi, quelli che usufruivano della promozione a 3,5 euro): “La maledizione della Queen Mary” (per la regia di Gary Shore), 330.535 euro; “Cattiva coscienza” (di Davide Minnella), 153.875 euro; “Animali selvatici” (di Cristian Mungiu), 95.815 euro; “Raffa” (di Daniele Luchetti), 80.966 euro; “Rido perché ti amo” (di Paolo Ruffini) 79.032 euro…
Più che “non pervenuto” – come scrive ironicamente Robert Bernocchi – riteniamo si possa commentare un “cinema italiano morto”.
Alla faccia di quel che dichiarava poche settimane fa il Presidente dell’Anica Francesco Rutelli, “il cinema italiano torna in salute”.
Comunque, va anche osservato che – al di là del picco di luglio – l’andamento complessivo del “box office” in Italia, non è positivo, se si analizzano i dati che vanno da gennaio a luglio (ovvero i primi 7 mesi dell’anno): nel 2023, si è superata di poco la soglia dei 250 milioni di euro di incasso, e siamo ben lontani dai quasi 350 milioni dell’anno pre-Covid ovvero il 2019. E certamente ben lontani dagli oltre 400 milioni del 2010 e dei quasi 400 dell’anno 2011 e 2016…
Abbiamo già segnalato che, dal 1° gennaio al 31 luglio 2023, il box office del cinema italiano è arrivato a 261,4 milioni di euro, registrando 37,1 milioni di presenze.
Questi sono i dati sui quali riflettere, non il “boom” del solo luglio: rispetto al 2019, questi primi sette mesi dell’anno 2023 registrano complessivamente un -22 % sul “box office” e -29 % sulle presenze.
Continua la sovrapproduzione di titoli, grazie alla manna del “tax credit”, la quasi totalità dei quali però non arriva nei cinematografi: un paradosso patologico, come il… “cinema gratuito”
Andamenti come questi dovrebbero stimolare una riflessione profonda, anche autocritica, sulla efficacia o meno delle attuali politiche cinematografiche.
Riflessione che ancora manca, sia a livello di istituzioni, sia a livello di media.
Si assiste ad una continua sovrapproduzione di titoli, realizzati soprattutto grazie al sostegno assistenziale del “tax credit”, ma la gran parte di queste opere non beneficiano di distribuzione “theatrical”.
Si ricordi che ormai lo Stato italiano assiste il sistema cinematografico e audiovisivo con oltre 750 milioni di euro l’anno. Si nutrono dubbi sulla corretta allocazione di queste risorse.
Da segnalare anche che esiste peraltro una offerta di “cinema gratuito” – tanto sostenuto dai Comuni ma talvolta anche dallo stesso Ministero della Cultura – che finisce per disturbare in modo significativo le azioni intraprese per stimolare il pubblico a frequentare le sale cinematografiche d’estate.
Così come i “ragazzi” del Cinema America diramavano un comunicato stampa entusiasta un paio di settimane fa (vedi “Key4biz” del 20 luglio 2023, “Tra ‘tax credit’ ed ‘intelligenza artificiale’: la Sottosegretaria Borgonzoni corregge la rotta del Governo?”), oggi una istituzione pubblica come la Fondazione Cinema per Roma scrive… quasi con orgoglio: “oltre 63 mila presenze in tre mesi, grande successo per le attività della Fondazione Cinema per Roma: circa 270 gli eventi in tutta la città, più di 200 a ingresso gratuito, 35 registi, attori, autori, giornalisti e critici cinematografici hanno incontrato il pubblico della Capitale”.
Ha un senso tutto questo entusiasmo manifestato da Gian Luca Farinelli, Presidente della Fondazione, da Paola Malanga, Direttrice Artistica, e da Francesca Via, Direttrice Generale?!
Non ha senso, ovvero ha senso soltanto in parte (la stimolazione della “cultura cinematografica” anche in chi non mette piede in una sala…), perché è evidente che offrire cinema gratis produce effetti negativi per un fattore essenziale: la gratuità determina la svalutazione del prodotto film fruito in sala (o comunque in un’arena).
Il paradosso del cinema gratuito offerto dalla mano pubblica, che de-stimola la fruizione di film nei cinematografi
Sia in termini di valore percepito a livello psichico, sia in termini di leva di marketing. Da questo punto di vista, andrebbe valutata seriamente l’efficacia della campagna a favore del cinema europeo e italiano col biglietto a 3,5 euro: è evidente che non sta funzionando, ed una delle concause del fallimento è proprio da ricercare nella svalutazione simbolica del costo del biglietto, che paradossalmente… de-stimola l’“appeal” dell’offerta, in un sistema sociale nel quale è il prezzo spesso a determinare il “valore” delle merci e dei servizi…
A livello di gratuità, poi, il caso dei “ragazzi” romani del Cinema America è altrettanto emblematico (e preoccupante): il 17 luglio scorso, il fondatore dell’intrapresa Valerio Capocci diramava un comunicato stampa che sprizzava anch’esso grande fierezza: “numeri da record per Il Cinema in Piazza 2023, nona edizione: dal 2 giugno al 16 luglio, ben 92 proiezioni, oltre 100.000 presenze”.
Tutto “gratuito”, ovvero – meglio – sovvenzionato dalla mano pubblica.
Sarebbe interessante sapere quanti degli oltre 163mila spettatori attratti dalle iniziative della Fondazione Piccolo America (oltre 100mila) e dalla Fondazione Cinema per Roma (oltre 63mila) hanno piuttosto deciso di spendere 3,5 euro per andare a vedere un film italiano nei cinema…
Abbiamo certezza che né l’una né l’altra fondazione abbiano promosso una ricerca di mercato ovvero un sondaggio sul proprio pubblico, che potrebbe fornire una interessante risposta. Risposta che – se emergesse – temiamo sarebbe veramente… imbarazzante, rispetto al “senso” delle politiche del cinema in Italia.
Ed è anche paradossale che sia stato lo stesso Ministero della Cultura, a Roma, proprio presso la sede della Direzione Generale per il Cinema e l’Audiovisivo (e della Dg Spettacolo), ad aver accolto nel proprio seno (pure simbolicamente), dal 20 al 30 luglio, proiezioni di cinema… gratuito, nella bella Area Archeologica di Santa Croce in Gerusalemme, con il progetto “Effetto Notte”, iniziativa realizzata dalla Fondazione Centro Sperimentale di Cinematografia… Per quanto si sia trattato di film non di attuale “appeal” commerciale, le due dimensioni – fruizione gratuita / fruizione a pagamento – determinano comunque una interazione, nelle dinamiche di fruizione dello spettatore, che riteniamo non vada esattamente a vantaggio del cinema “a pagamento”.
Esiste un “monitoraggio” e soprattutto un “governo” di queste iniziative (sia a livello locale sia a livello nazionale, tra “pubblico” e “privato”), con un coordinamento strategico (una sorta di “cabina di regia”) che consenta un confronto tra gli esercenti commerciali (che boccheggiano, in assenza di adeguati sostegni in strategia di lungo periodo) e coloro che offrono cinema “a gratis” (attingendo a risorse pubbliche) finendo per così determinare una azione di disturbo nella fruizione di… “cinema pagante”?!
No.
Ed anche questa è una delle (tante) criticità del sistema cinematografico e audiovisivo italiano.
[ Nota: questo articolo è stato redatto senza avvalersi di strumenti di “intelligenza artificiale”. ]
(*) Angelo Zaccone Teodosi è Presidente dell’Istituto italiano per l’Industria Culturale – IsICult (www.isicult.it) e curatore della rubrica IsICult “ilprincipenudo” per “Key4biz”.