“Un viavai pittoresco delle toilettes più squisite”: così “La Gazzetta di Venezia” racconta il gran ballo che ci fu all’Excelsior la sera del 6 agosto 1932, subito dopo la proiezione dei film.
Ma nei giorni del Festival, la paglietta del gondoliere non è l’unica padrona di casa, a Venezia. Negli stessi anni in cui nasce la rassegna, un altro mito è già molto maturo: stiamo parlando del cappello Borsalino. Da Humphrey Bogart e Ingrid Bergman in “Casablanca”, fino a Totò ne “I soliti ignoti”, la cerniera del cinema è sempre quella che abita la testa. Ed era di casa nella fabbrica di Alessandria già da molto tempo: nel 1912, la Borsalino promosse il cappello “Fedora” con un piccolo film muto (si badi, erano i veri esordi della celluloide). Arriviamo al 1970, quando “Borsalino” sarà il titolo di un film di Jacques Deray.
In questo intervallo di tempo, quel cappello era diventato il culto di costumisti, attori, registi e produttori: è uno di quei pochi oggetti di cinema (e di stile) che riesce a mescolare ciò che è al di qua e al di là della macchina da presa.
Per questo, in quella sera di agosto e nelle tante che verranno, non ci si stupisce al veder così tanti “Panama” su quella passerella del Lido…