La Pubblica Amministrazione (PA) sta affrontando un processo di trasformazione profonda grazie al digitale. Digital by default, trasparenza, openess, sicurezza, sono tutte parole d’ordine di un percorso di crescita e cambiamento legate all’innovazione tecnologica che secondo molti è appena iniziato.
“Il 5G è considerato da tutti il fattore che abiliterà tale processo – ha spiegato Ilenia Tinnirello del CNIT, Università di Palermo, nel panel sulla Pubblica Amministrazione al 5G Italy di Roma promosso dal CNIT e organizzato da Supercom – che lo renderà più rapido e concreto, che consentirà alla PA di iniziare ad offrire servizi avanzati e di nuova generazione, senza considerare l’atteso impatto economico”.
“Ciò che ci aspettiamo è la nascita di un nuovo ecosistema di servizi e applicazioni, a cui si affiancheranno altri sottosistemi di servizi che si appoggeranno ad altri sottosistemi ancora, coinvolgendo tutti i livelli della PA, fino al cittadino stesso”.
Ma come si abilitano tali tecnologie emergenti all’interno della PA? Secondo Donato Limone, Direttore, Scuola Nazionale di amministrazione digitale (SNAD), Unitelma Sapienza, il percorso non sarà per niente semplice, perché mancano risorse, competenze e volontà, riferendosi a strutture, dipendenti e istituzioni.
“Gli stessi attori che dovrebbero portare avanti la digitalizzazione della PA non ne sono in grado”, ha spiegato Limone, “manca il quadro regolatorio” e “ci sono ancora da stabilire strategie e strumenti”, senza contare, ha ricordato Limone, che “manca un coordinamento efficace”.
La PA sembra così un pachiderma, come l’ha definita Gianluca Mazzini, CEO di Lepida.
Quando si parla di 5G si pensa ad esempio ai servizi che potranno essere offerti nei settori della sanità, dei trasporti e del turismo, ma le difficoltà sono numerose.
“Ad esempio – ha ricordato Mazzini – ci sono i tanti dinieghi che stanno emergendo dai territori e legati soprattutto ad una scarsa conoscenza della nuova tecnologia“.
Per implementare il 5G servono delle regole, in questo caso simili al 4G.
Quindi dovrebbe essere un buon punto di partenza, ma non è così, perché la scarsa conoscenza genera paura, come nel caso dell’elettrosmog, con i limiti stabiliti attorno ai 6 vm.
“Per superare tali ostacoli servirebbe un’azione formativa più forte e la nascita di un Tavolo attorno cui far sedere gli operatori per una seria e più concreta concertazione“, ha aggiunto Mazzini.