Se mai qualcuno vi proporrà di andare a vedere una mostra di disegni di Caravaggio, due sono le cose: o ha preso un abbaglio, oppure vi sta ingannando. Non esistono schizzi realmente autenticati del Merisi (anche se, come tutti i grandi temi, non manca il dibattito).
Manuali ed epitaffi di storia dell’arte ci hanno insegnato, però, che il disegno è la cosa più pura che esista; ma cosa accade nel tempo che passa tra lo schizzo e l’opera ‘finita’? In altre parole, la prima intuizione riesce davvero a mantenersi tale? Caravaggio aveva optato per nessuna forma di mediazione.
Non è dato a noi stabilire il perché dipingesse direttamente sulla tela; certo è che in quella Roma (appena intimidita dalla Controriforma), ci voleva una certa audacia nel mettere in primo piano dei piedi impolverati o una donna che allatta il padre da una prigione. A Caravaggio interessava la natura, nuda e cruda; per cui, un disegno lasciato sul tavolo a lievitare poteva diventare un alleato dell’esitazione? Chissà. Quel che è certo è che quella signora di Caravaggio ha allattato l’“egregius in Urbe pictor”: il migliore di tutti.