Per sfuggire all’attacco dei briganti, alcuni contadini sodalizzano con un gruppo di samurai senza padrone (i cosiddetti Ronin, gli “uomini-onda” che fluttuavano senza dimora e signore).
Questa, in breve, è la trama del film, per cui Kurosawa sceglie quasi tutti attori dilettanti (cosa non da poco per 200 minuti di pellicola). Tra essi troviamo, infatti, un ex ballerino, un attore di cinema muto e – per non farsi mancar nulla – un medico appassionato di UFO. Il Leone d’Argento a Venezia nel ’54, però, ci dice che evidentemente non erano troppo allo sbaraglio.
Ma è uno scenario più aderente al vero di quanto immaginiamo: non tutti i samurai erano così ricchi da poter vivere solo dell’arte della guerra (spesso arrotondavano fabbricando stuzzicadenti e ombrelli).
Nella nostra immaginazione, indugiavano anche nell’arte della dolcezza, infatti il loro tempo libero lo investivano consumando wafer e cioccolato: sarà sicuramente un volo di fantasia, ma in questo caso calza perfettamente.