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Il 20 ottobre 1984 il Chianti diventa DOCG

Nel suo libro “Maledetti toscani Curzio Malaparte si diverte a scartabellare vizi e virtù dei suoi conterranei. Scrive, ad esempio, che i toscani non si inginocchiano mai: piuttosto, “stanno in piedi con le gambe piegate”. 

Essendo nato a Prato, può anche dire fuori dai denti che il disprezzo è ciò che fa un toscano: un disprezzo allegro, ragionatissimo e antico. E ancora che “tutti si sentono a disagio” al cospetto di una persona nata nel raggio di 100 chilometri dall’Arno. 

Ora, proviamo a sostituire Chianti (ma solo quello “Classico”), tutte le volte che abbiamo scritto la parola toscano: siamo certi che si troverebbe perfettamente a suo agio. Il Chianti, infatti, è stato il primo vino italiano a tracciare i confini di quella che chiamiamo ‘qualità’; siamo nel 1716, al tempo di Cosimo III de’ Medici. Per cui, il riconoscimento DOCG del 1984 non è che l’ultima battaglia vinta dal Gallo Nero (prima simbolo territoriale del Chianti, poi anche del suo vino). L’enologia, in fondo, è una pura questione di geni, un viaggio lampo nel dna di un territorio. 

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