Se parliamo di design, l’Ungheria non è certo il primo Paese che ci viene in mente. Ma non dimentichiamo che è la stessa nazione che ha dato i natali a uno dei fondatori del Bauhaus sin dagli anni di Weimar: László Moholy-Nagy.
Questa circumnavigazione dell’Europa continentale ci serve a dare la giusta cornice a Ernő Rubik: architetto e insegnante di design all’Accademia di Belle Arti di Budapest, che arriva al cubo mentre cercava una giuntura per mobili.
Ora tutto comincia a tornare. Non è un caso che si tratta di un gioco matematico, ma con un perfetto formato pocket. E, ancora, per i suoi 43 miliardi (di miliardi) di combinazioni, si serve di quasi tutti i colori primari, quelli netti ed efficaci per la mente, così come per la retina.
Se affiniamo ancora un po’ la vista, capiamo che il cubo ha condiviso, del resto, la stessa sorte di molti oggetti di design: parecchio imitato, ma anche immutato.
Una cosa, però, è cambiata ed è il fattore tempo. Rubik impiegò quasi un mese a risolvere la sua piccola creatura enigmatica, oggi invece bastano 5 secondi e mezzo: più o meno lo stesso tempo necessario a un visagiste per stendere l’ombretto.