Eccoci oggi con un’indiscussa protagonista di salotti di velluto sin dal 1885: la lampada “Tiffany”. La sua invenzione, si deve a Luis Confort Tiffany (1848-1933) pittore, designer e decoratore, figlio di Charles Tiffany; eh sì, proprio quello di gioielli e colazioni.
Il New York Times ci dice che nel 1913 Luis organizzò una festa in costume egiziano nella sua casa di Manhattan. Ma non immaginiamoci mondanità; lui preferiva starsene all’ombra. Sembrerebbe il colmo per un produttore di lampade, in realtà erano i suoi oggetti domestici a fare tutte le pr del caso. Era timido Luis, al punto che chiese all’amico Gustav Mahler di assistere alle prove della New York Philharmonic di nascosto, così da esser libero di non rivolgere la parola a nessuno. Ora, immaginiamoci questo ragazzo che, a 17 anni, viene spedito in Europa in tirocinio formativo; Parigi era quella del tempo degli Impressionisti. Ma anche qui, Luis amava starsene nella regia e ragionò sul rapporto che lega un colorista a un pittore: “I coloristi sono uomini a parte”, scrisse una volta, “ma vengono denigrati da artisti e critici che vedono la natura nei contorni, invece che nei colori”.
Così, Tiffany partì alla ricerca del colore prima in Africa e poi ancora molto lontano dall’Europa. Con le lampade in vetro, entrerà a gamba tesa (e finalmente senza timidezza) nel mondo dell’Art Nouveau che, grazie a lui, diventerà un fenomeno anche americano. Quanto agli europei, forse Luis li avrebbe salutati finalmente con questo detto: “Strangers have the best candy”.