L'intervento

Idrogeno verde, Cingolani: “Servono infrastrutture, meno burocrazia e più consapevolezza della sfida”

di |

Il ministro per la Transizione ecologica all’Ansa: “Dobbiamo accelerare la transizione, che non è semplice. Il tempo è ormai parte della tecnologia, ma serve anche cultura del risultato. La consapevolezza pubblica della sida è un fattore rilevante nella riuscita della strategia nazionale ed europea”.

Per raggiungere nei tempi previsti gli obiettivi di sostenibilità ambientale fissati da Governi e Istituzioni, si devono sfruttare nuove soluzioni neutre a livello ambientale, fonti energetiche pulite e carburanti a zero emissioni, come l’idrogeno verde.

Il green hydrogen è il candidato numero uno nella corsa alla riduzione delle emissioni climalteranti, un alleato a cui non si può rinunciare, soprattutto per il suo impiego nei settori industriali più energivori, come quelli dell’acciaio e del cemento, nel settore dei trasporti (mezzi pesanti su gomma, ma anche treni, aerei e navi).

L’importanza dell’idrogeno verde

Secondo il Rapporto “Hydrogen Roadmap Europe: A sustainable pathway for the European Energy Transition”, l’idrogeno può diventare un elemento essenziale per accelerare la transizione energetica e generare importanti vantaggi socioeconomici e ambientali arrivando a coprire il 24% della domanda finale di energia e creare 5,4 milioni di posti di lavoro entro il 2050, oltre a contribuire alla riduzione totale di 560 milioni di tonnellate di CO2.

Ci sono vari tipi di idrogeno però, c’è quello grigio, ricavato dal processo di reforming di gas naturale o la gassificazione del carbone, che però emette troppa CO2; poi c’è quello blu, ottenuto dal sequestro della CO2, ma i costi di tale processo sono altissimi ancora, quindi non affidabile al 100%, con emissioni ancora troppo alte; quindi quello verde, ottenuto grazie alle fonti rinnovabili.

L’unico idrogeno sostenibile al 100% è quello “verde”, ottenuto mediante l’elettrolisi dell’acqua in speciali celle elettrochimiche alimentate da elettricità ottenuta con fonti rinnovabili, quindi pulita all’origine.

Gli ostacoli sulla strada della transizione secondo il ministro Cingolani

Stabilito questo, però, c’è da arrivarci a questo risultato, cioè produrre abbastanza idrogeno verde per il suo impiego diffuso, soprattutto dove oggi si consuma di più. Sul tema è intervenuto oggi, in un evento online dell’Ansa, dal titolo “Verde e blu, l’idrogeno e la transizione energetica in Italia“, il ministro per la Transizione Ecologica, Roberto Cingolani, secondo cui la strada intrapresa è quella giusta, ma sul come percorrerla dobbiamo prendere delle decisioni vincolanti per il raggiungimento degli obiettivi fissati.

Ci piacerebbe affermare che l’idrogeno verde è a portata di mano, per ridurre l’impatto ambientale e accelerare il processo di decarbonizzazione, ma non è così – ha spiegato Cingolani – perché la transizione energetica è complessa e segue un percorso preciso di tappe e obiettivi.
Per produrre idrogeno pulito serve elettricità anch’essa pulita, prodotta cioè direttamente da fonti energetiche rinnovabili. Nel 2030 dobbiamo arrivare al 70% di domanda di elettricità soddisfatta dalle rinnovabili, con una capacità di almeno 70 GW da raggiungere entro i prossimi dieci anni”.

Seguendo la nostra strategia, dobbiamo da subito abbattere l’utilizzo del carbone, sostituendolo subito con il gas, che decarbonizza di un 20-30%, e poi deve partire la transizione energetica. La sfida è questa: partire e arrivare in tempo. Per questo – ha precisato il ministro – c’è da costruire in fretta un’infrastruttura nuova per l’idrogeno, sostenere la domanda, che oggi è debole, creare praticamente un mercato.
Dobbiamo iniziare a pensare come rendere possibile l’uso dell’idrogeno per i trasporti, ma manca una rete di ricarica e rifornimento. Se arriva in Italia un mezzo pesante alimentato ad idrogeno o anche a trazione elettrica, dopo Bolzano non ci sono più impianti di ricarica, o sono pochissimo”.

Infrastrutture, burocrazia, tempi e consapevolezza pubblica

Le sfide sono infrastrutturali e tecniche nella transizione, sta a noi dimostrare bravura nel rispettare i piani e i tempi. Dobbiamo decidere quanto durerà questa transizione. Più sarà breve, meglio sarà per noi. Se pensiamo ad un’economia green dobbiamo installare 70 GW di impianti rinnovabili, quindi 7 GW l’anno almeno entro il 2030. Ad oggi la nostra efficienza in termini di risultati è attorno al 10% di quanto dovevamo fare.
L’idrogeno green non è pronto al momento, ma dobbiamo allinearci sul percorso per superare le difficoltà infrastrutturali e tecnologiche, ma questo è possibile, grazie alla cooperazione internazionali e le competenze accumulate”, ha proseguito Cingolani.

Il fattore tempo è quello fondamentale e deve fare i conti con le limitazioni burocratiche esistenti. È nelle norme che si deve intervenire, semplificando, sburocratizzando, accelerando i processi. Senza l’idrogeno verde dovremmo procedere sull’idrogeno blu. Se saremo bravi nella transizione avremo l’idrogeno green, altrimenti ci affideremo agli altri prodotti di impatto intermedio.
Dobbiamo spiegare bene a tutti, a partire dalle scuole e con l’aiuto dei media, che per la transizione ecologica serve un grande impegno del Paese, dei cittadini, delle Istituzioni e delle imprese, perché più consumiamo, più inquiniamo – ha affermato il ministro – e oggi il nostro stile di vita è chiamato in causa nella trasformazione.
Questo è il terzo fattore, la consapevolezza pubblica di questa grande sfida”.

Leggi le altre notizie sull’home page di Key4biz