Uno degli argomenti su cui molto si è dibattuto in queste settimane di pandemia mondiale è stato l’inquinamento. Decine di studi medici e scientifici hanno indagato sullo stretto rapporto che sembra intercorrere tra il Coronavirus e le emissioni inquinanti generate da attività umana.
Uno degli obiettivi su cui si sta lavorando da tempo e che in questo momento ha attirato non poco l’attenzione degli investitori è sviluppare il più velocemente possibile le tecnologie a basso impatto ambientale o a zero emissioni di CO2 (low carbon).
Si fa molto affidamento sulle fonti energetiche rinnovabili, così come sulle batterie di nuova generazione (ioni di litio), fondamentali per le smart city, l’industria 4.0 e l’elettrificazione dei trasporti. Ma c’è una terza voce sui cui gli investitori, gli esperti di mercato e le imprese stesse stanno guardando con molta attenzione: l’idrogeno.
Idrogeno e futuro dell’economia
Questa fonte energetica avrà un’ampiezza di utilizzi sempre più estesa, soprattutto nel settore industriale, dove le rinnovabili faticano ad inserirsi, come il manifatturiero, il siderurgico, la produzione di cemento e grandi veicoli (mezzi di trasporto pesanti).
Secondo quanto riportato da BloombergNEF, entro il 2050 l’idrogeno potrebbe coprire il 24% del fabbisogno energetico mondiale, per un fatturato complessivo valutato tra 200 e 700 miliardi di dollari.
Il problema è che per produrre in maniera pulita tutto questo idrogeno da fonti pulite (ricordiamo che si può ottenere anche da fonti fossili, ma rilasciando CO2 però), servirebbero 32.230 terawattora (TWh) di elettricità per raggiungere la quota del 24%.
Si tratta di 26mila TWh in più rispetto alla capacità attuale assicurata da tutte le fonti rinnovabili (a emissioni zero) impiegate nel processo.
Cosa fare allora? Gli esperti suggeriscono ai Governi di tutto il mondo di offrire sussidi al settore per portare il prezzo dell’idrogeno al di sotto di quello delle fonti energetiche tradizionali.
Produzione industriale più pulita
Solo in una condizione del genere le grandi industrie sopra menzionate si lascerebbero convincere ad utilizzare idrogeno per alimentare il 30% almeno della propria produzione.
Si tratterebbe di un investimenti pari a 150 miliardi di dollari entro i prossimi dieci anni. Numeri significativi in questo momento di pandemia e di crisi economica, ma piuttosto contenuti se raffrontati alle migliaia di miliardi spesi ogni anno nel pacchetto energia globale.
Se tali stimoli finanziari riuscissero ad avviare un circolo virtuoso di aumento della domanda e riduzione dei costi, allora l’idrogeno potrebbe facilmente inserirsi in altri contesti economici, come l’agribusiness, le biotecnologie, lo stoccaggio di energia.
Le stesse multinazionali energetiche, ancora fortemente dipendenti dai combustibili fossili, potrebbero valutare positivamente uno spostamento decisivo di competenze e risorse finanziarie verso l’economia a zero emissioni, mandando definitivamente in soffitta gas, carbone e petrolio.