Decarbonizzazione

Idrogeno: arrivati al Mite 90 progetti R&D, per un valore cinque volte maggiore la dotazione del PNRR

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Proposte progettuali in ricerca e sviluppo sull’idrogeno per 240 milioni di euro di valore, contro i 50 milioni di euro previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza. Dotazione assolutamente insufficiente. Investire in R&D significa promuovere lavoro e competenze.

Una pioggia di progetti in ricerca e sviluppo per l’idrogeno, ma scarse le risorse

Sono in tutto 90 le proposte progettuali in ricerca e sviluppo sull’idrogeno, anche quello verde ovviamente, arrivate al ministero della Transizione ecologica o Mite. Il valore complessivo dei progetti supera i 240 milioni di euro, praticamente una domanda di finanziamenti cinque volte maggiore la dotazione complessiva per questo tema prevista dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR).

Questa la situazione odierna: a fronte di una crisi energetica che potrebbe cambiare la nostra storia, l’Italia fa ancora fatica a mettere in campo le nuove indicazioni relative alle fonti rinnovabili, figuriamoci dare maggiore spazio all’idrogeno, o magari ad investire di più nei progetti per l’idrogeno verde (che poi necessitano di infrastrutture, impianti e soprattutto elettrolizzatori).

L’investimento 3.5 (M2C2) del PNRR assegna 30 milioni di euro alle imprese private e 20 milioni agli enti di ricerca pubblici, con l’obiettivo di finanziare lo studio in materia di idrogeno da fonti rinnovabili, migliorando la conoscenza delle relative tecnologie in tutte le fasi (produzione, stoccaggio e distribuzione).

Assolutamente un dispositivo finanziario insufficiente, anche in vista dei nuovi obiettivi di autonomia energetica, sostenibilità e decarbonizzazione dell’Unione europea, che con il REPowerEU mirano a portare gli approvvigionamenti di idrogeno prodotto da fonti rinnovabili a 20 milioni di tonnellate, il 50% generato direttamente in Europa.

La centralità della ricerca e delle competenze

Investire in ricerca e sviluppo (R&D) significa porre basi concrete per migliorare le conoscenze relative alle tecnologie legate all’idrogeno, dalla fase di produzione, stoccaggio e distribuzione, a quella per aumentare la competitività e diminuire progressivamente i costi.

Sviluppando una vera e propria rete di lavoro sull’idrogeno, sarà possibile testare diverse tecnologie e strategie e fornire servizi di ricerca e sviluppo per le imprese che hanno bisogno di convalidare i loro prodotti su larga scala.

È così che si sostituisce progressivamente l’impiego di combustibili fossili, che oggi ci hanno posto in una condizione di difficoltà oggettiva in termini energetici (costi maggiori, inquinamento, danni alla salute e all’ambiente, approvvigionamenti critici, dipendenza dalla Russia).

Grazie alla ricerca e lo sviluppo è inoltre possibile creare lavoro per le industrie del settore e competenze per la ricerca, di cui abbiamo un grande bisogno.

Secondo una valutazione dell’ENEA, dalla filiera nazionale dell’idrogeno potrebbero esser creati più di 500 mila nuovi posti di lavoro. in Europa, invece, entro il 2050 se ne attendono più di 5 milioni, secondo stime dell’H2IT.

Cingolani sblocca 450 milioni di euro per la filiera nazionale dell’idrogeno verde

A fine aprile il titolare del Mite, Roberto Cingolani, ha annunciato la firma del decreto per l’attuazione dell’investimento 5.2 del PNRR, che prevede investimenti pari a 450 milioni di euro tutti da destinarsi alla nascita e soprattutto la crescita di una vera e propria filiera nazionale dell’idrogeno verde.

Il decreto, fortunatamente, assegna 250 milioni per gli Importanti progetti di comune interesse europeo (o IPCEI) per la realizzazione di impianti per la produzione di elettrolizzatori e 200 milioni ad ulteriori progetti che saranno selezionati attraverso avvisi pubblici di prossima pubblicazione, finalizzati alla realizzazione sia di ulteriori impianti per la produzione di elettrolizzatori, sia di impianti per la produzione di componenti a servizi degli elettrolizzatori stessi.

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