A nulla è servito il ricorso di un gruppo di senatori repubblicani spalleggiati anche da Donald Trump: da venerdì 30 settembre a mezzanotte, ora americana, Washington ha ceduto la gestione delle principali funzioni di internet al settore privato.
Il contratto tra l’Internet Corporation for Assigned Names and Numbers (ICANN) e la National Telecommunications and Information Administration (NTIA), controllata dal Dipartimento del Commercio Usa è ufficialmente scaduto.
Una supervisione durata 18 anni e che ha finora dato al Governo americano la possibilità di gestire funzioni chiave di internet, quali l’assegnazione degli indirizzi Ip, il sistema dei nomi di dominio generici di primo livello e dei country code Top Level Domain, che identificano uno specifico territorio (.uk per il Regno Unito, .it per l’Italia…), nonché i root server. Funzioni ‘tecniche’, certo, ma che in teoria avrebbero potuto consentire agli Usa di fare sparire un paese dal web rimuovendolo dal sistema. Cosa che ovviamente non è mai avvenuta ma che – essendo formalmente possibile – ha spinto la comunità internazionale a chiedere con forza e ormai da molti anni, la trasformazione di ICANN in organizzazione totalmente indipendente, con un consiglio di amministrazione riequilibrato da una sorta di assemblea generale in grado di rappresentare la diversità delle parti interessate: società civile, governi, associazioni, imprese e ricercatori.
Solo a marzo di quest’anno, dopo due anni di negoziati, 800 ore di lavoro e circa 600 riunioni dedicate alla questione, l’ICANN ha infine adottato il piano di transizione elaborato dalla comunità internazionale che porterà alla gestione globale di Internet. A giugno, la proposta di transizione è stata approvata formalmente dal Governo americano.
L’ICANN stesso definisce la transizione un ‘momento storico’ a conclusione di un processo durato 18 anni, ma entrato nel clou a marzo 2014, dopo lo scoppio de Datagate e le forti pressioni internazionali sull’amministrazione Obama.
Un processo che l’ala repubblicana del Governo Usa ha cercato di osteggiare fino alla fine: soltanto venerdì, infatti, un giudice texano ha respinto un’ingiunzione presentata da 4 procuratori generali repubblicani guidati dal Senatore Ted Cruz per bloccare la transizione che, a loro dire, trasferirà le funzioni core di internet a “un’organizzazione globale composta da 160 governi, tra cui regimi autoritari che guadagnerebbero influenza sulla gestione e l’operatività di internet”.
Per i sostenitori della transizione, invece, il passaggio delle funzioni IANA al settore privato scongiura il rischio che i governi contrari alla gestione ‘Usa-centrica’ del web – la cui posizione si è radicalizzata dopo lo scoppio del Datagate – finiscano per creare delle reti parallele che porterebbero a una ‘balcanizzazione’ di Internet.
Quella che inizia ora è una fare sperimentale nei confronti della quale alcune tra le principali società internet americane – da Google a Verizon e Disney – hanno espresso apprezzamento, pur ricordando che “c’è ancora molto lavoro da fare per assicurare la responsabilità e la trasparenza di ICANN” in questa sua nuova veste internazionale e ‘indipendente’ dal governo Usa.
Un cambiamento che non avrà ripercussioni sul funzionamento quotidiano di internet e che garantirà una gestione al riparo da qualsivoglia interferenza governativa.