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IA centrale, ma rimane il timore nelle aziende per privacy e sicurezza
Un’azienda su quattro a livello globale ha attivato divieti di utilizzo dell’intelligenza artificiale (IA) generativa tra i propri dipendenti.
Il Data Privacy Benchmark Study, condotto su 1,600 professionisti della privacy e della cybersecurity in 12 Paesi nel mondo, ha inoltre scoperto che circa due terzi degli intervistati ha comunque imposto dei limiti all’utilizzo dell’IA generativa, sia in termini di accesso alle informazioni da parte dei sistemi LLM (modelli linguistici di grandi dimensioni), sia di utilizzo di determinate applicazioni.
Questo perché, secondo quanto riportato dal documento di Cisco, è molto alto il timore che il personale, nell’utilizzo di questa tecnologia, possa per errore o superficialità condividere dati aziendali di rilevanza strategica con l’esterno.
Cresce la conoscenza dell’IA generativa, ma anche le preoccupazioni per la proprietà intellettuale
Ovviamente, il 55% degli intervistati ha dichiarato di avere molta famigliarità con l’IA generativa, mentre il 79% ha affermato di trovare molto utile a livello operativo sfruttare tali applicazioni. Si tratta pur sempre di una tecnologia chiave per il business e la competitività delle organizzazioni su scala mondiale.
Tra le principali preoccupazioni troviamo al primo posto la possibilità di mettere a repentaglio i diritti di proprietà intellettuale (69%), poi la condivisione dei dati proprietari con la concorrenza (68%), l’imprecisione dei risultati (68%).
Di fatti, il 62% degli intervistati ha ammesso di aver utilizzato almeno una volta dati riservati nell’impiego di applicazioni di IA generativa.
I paletti al suo utilizzo
Altro problema ravvisato dall’indagine è che implementare in azienda soluzioni di IA generativa richiede nuove tecniche per gestire dati e rischi (92%).
Per evitare tutte queste criticità, nel 27% dei casi le IA generative sono del tutto bandite dalle organizzazioni, se non con restrizioni molto ferree: limitazione dei dati condivisibili (63%), restrizioni degli strumenti utilizzabili (61%), verifica dei dati (36%).
Le più restie ad impiegare in maniera assidua questa tecnologia (o comunque con grandi restrizioni) sono aziende di diversi settori chiave, come quello finanziario, ma anche giganti tecnologici e dell’elettronica di consumo come Samsung, Apple, Amazon, Verizon.
Alla base di molti di questi timori c’è anche l’attuale incertezza normativa, che a nel tempo potrebbe rappresentare motivo di spesa aggiuntiva per conformarsi agli standard.