L'indagine

IA e curriculum, il colloquio di lavoro lo fa l’algoritmo. Ma spuntano problemi etici e di privacy

di |

Le macchine ci fanno risparmiare tempo e denaro, aumentando i livelli di efficienza, ma automatizzare non pone solo un problema di efficienza, ma anche di etica. Il 70% dei lavoratori non è d’accordo a far esaminare il proprio curriculum da un algoritmo

Il ricorso all’intelligenza artificiale per selezionare i migliori curriculum vitae, per assumere personale in azienda, è in rapida crescita. Oltre le risposte ai quiz e ai test attitudinali, in fase di pre screening, a contare sono anche le espressioni facciali, la postura del corpo, il tono della voce e il linguaggio del candidato.

Questo perché molti curricula sono in formato video e gli algoritmi conoscono bene questo linguaggio e le sue peculiarità.

Di fatto, secondo una ricerca LinkedIn ripresa in un articolo pubblicato su Il Fatto Quotidiano, l’impiego delle macchine e dei bot nel recruiting è valutato molto positivamente da professionisti e manager: perché fa risparmiare tempo per il 67% degli intervistati, perché fa risparmiare risorse economiche per il 30% degli stessi e perché migliora nettamente il livello di efficienza dei processi di selezione (31%).

L’intelligenza artificiale (IA), sostanzialmente, riduce il carico di lavoro al personale dell’azienda e migliora sé stessa elaborando sempre nuove informazioni tramite il machine learning. Il sistema è ormai utilizzato da molte grandi aziende, tra cui Unilever, Goldman Sachs, Tesco e Amazon, solo per fare alcuni esempi.

Sono tutte d’accordo in relazione ai vantaggi, ma è ovvio che non tutto è positivo e i limiti sono diversi.

La stampa si è già occupata negli scorsi mesi del problema razziale legato a questi sistemi, come del problema delle discriminazioni di genere, con gli uomini sempre più favoriti delle donne, senza contare le criticità legate alla privacy e alla fiducia delle persone, che si devono far esaminare dalla macchina e a volte a loro insaputa.

Non si tratta di sostituire l’IA all’uomo, hanno spiegato dalla società italiana, è che l’algoritmo lavora molto meglio delle persone quando si tratta di elaborare grandi quantità di dati (big data).

Il problema è che i candidati devono essere informati consapevolmente del fatto che il loro CU sarà esaminato da una macchina e il 70% circa dei lavoratori non è d’accordo, secondo quanto riportato dal quotidiano.

Secondo l’azienda italiana Prysmian, che fornisce servizi di smart recruiting, l’algoritmo che fa la prima scrematura dei curriculum vitae (CU) è l’unico in grado di valutare con esattezza le soft skills del candidato e cioè le capacità interpersonali e comunicative, le motivazioni personali, la predisposizione al lavoro di gruppo o individuale, la capacità di portare a termine un progetto e/o di lavorare per obiettivi e cosi via.

La stessa azienda, però, ricorda a tutti che automatizzare non pone solo un problema di efficienza, ma anche di etica: “Quando parliamo con le imprese di questi sistemi di smart recruiting, cerchiamo di sensibilizzarle sul fatto che prima di usare strumenti di analisi facciale e valutazioni su elementi soggettivi automatizzati, dovrebbero sapere cosa ne pensa il candidato”.

Male non fa, a questo punto, cercare di capire in che modo funziona lo screening da parte dei software robots e come magari possiamo migliorare il nostro curriculum per non perdere annunci di lavoro che bene si adattano al nostro profilo.

Grazie allo sviluppo del linguaggio naturale, oggi i bot di ultima generazione sono in grado di contattare direttamente i candidati e svolgere tramite sms o chat vocale le prime fasi di reclutamento, anche in tempi molto più rapidi di quanto non accada oggi tramite impiegati in carne ed ossa nei centri per il lavoro, si legge in un articolo di Ilaria Caielli dedicato al tema su Vanity Fair.

Comunicando direttamente tramite conversazioni one-to-one di messaggistica istantanea, “i chatbot possono richiedere ai candidati informazioni aggiuntive circa la loro esperienza, rispondere a domande comuni e persino fare battute sarcastiche, raccogliendo tutti i tipi di informazioni utili per un reclutatore umano”.

Mediamente, si legge nell’articolo, l’IA respinge il 75% delle candidature inviate per una posizione.

Leggi le altre notizie sull’home page di Key4biz