l'analisi

I social network, un’arma in più per le aziende?

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I social network da una parte garantiscono un’inedita vicinanza tra i clienti (effettivi o potenziali) e l’azienda, con la possibilità di superare il bisogno di avere un call center dedicato e sempre disponibile; dall’altra possono essere un veicolo molto efficace per stabilire un’identità del brand.

Rubrica settimanale SosTech, frutto della collaborazione tra Key4biz e SosTariffe. Per consultare gli articoli precedenti, clicca qui.

Siamo onesti: la maggior parte di noi, quando non ha mai sentito nominare un’azienda dalla quale sta per acquistare un bene o un servizio, va a controllare su Internet. E lì si fa una prima idea: se trova un sito ufficiale ben fatto, non sciatto, con tutte le informazioni che servono al posto giusto, non c’è motivo per non avere fiducia. Viceversa, pagine web zeppe di errori ortografici, con immagini sgranate, tanto contorno e poca sostanza – o, peggio ancora, la mancanza stessa del sito – sono un pessimo biglietto da visita: meglio vedere se c’è un concorrente più affidabile.

Di qualsiasi settore esse siano, anche se le maggiori resistenze si incontrano naturalmente nel B2B e nelle ditte storiche, le aziende hanno ormai capito da tempo che un’adeguata presenza online non è più un lusso o un aspetto secondario della loro comunicazione. Anzi, con tutta evidenza il web è stato un grande fattore democratico per il marketing, perché per farsi notare non c’è più bisogno (o almeno non solo) di colossali campagne pubblicitarie su tutti i media possibili. Basta un sito ben fatto, in grado di comunicare l’idea alla base del proprio business, per superare la concorrenza. E non è detto che cinquanta pagine siano meglio di uno stringato pacchetto cone homepage, tre o quattro pagine interne e i contatti. Uno studio di qualche mese fa di Marketing01 ha mostrato come 8 aziende su 10 si siano attrezzate con un sito Internet, svelando come in Veneto ben l’83% dei commercianti abbia sviluppato un piano di web marketing per la propria presenza online (dall’altra parte la Calabria, dove la percentuale è solo del 36%). E i risultati arrivano: secondo la stessa indagine, su un campione di 487 aziende quelle che hanno investito nel web marketing hanno visto aumentare le proprie vendite del 73%.

Social network e digitalizzazione: verso 200.000 posti di lavoro in più

Fattore chiave per questo sviluppo è sicuramente la sempre maggiore mobilità: la facilità di accedere a Internet mobile a basso prezzo (come dimostrano le offerte pronte per la comparazione su siti come SOSTariffe.it) fa sì che anche chi è lontano dal proprio PC possa usare lo smartphone per saperne di più su un’azienda, e in questi casi è cruciale sapersi “vendere” in poche parole efficaci, senza preamboli ma venendo subito al dunque. Gli stessi ragionamenti riguardano anche un altro aspetto della comunicazione aziendale via web, i social network: da una parte garantiscono un’inedita vicinanza tra i clienti (effettivi o potenziali) e l’azienda, con la possibilità di superare il bisogno di avere un call center dedicato e sempre disponibile; dall’altra, per la loro natura di immediatezza e l’informalità, possono essere un veicolo molto efficace per stabilire un’identità del brand, anche in maniera spregiudicata (esempio da manuale è quello di Taffo, azienda di pompe funebri che ha fatto la propria fortuna negli ultimi anni anche grazie a un uso dei social network dissacrante e basato su meme e tormentoni). Infine, i social sono sempre più importanti per trovare nuovi clienti: lo sa bene chi si muove tra una sponsorizzazione di Instagram o TikTok o un suggerimento di Facebook, a volte con una capacità che sembra soprannaturale di indovinare i nostri gusti (e che in realtà mostra solo quanto siamo profilati come consumatori).

Che si tratti di soldi ben spesi lo dimostra anche il recente studio realizzato da The European House – Ambrosetti per Meta, secondo il quale i progressi nella digitalizzazione delle piccole e medie imprese italiane potrebbero portare più di 200.000 nuovi posti di lavoro e un contributo al PIL superiore ai 10 miliardi di euro. Già, perché lavoro da fare ce n’è ancora tanto: le aziende nostrane sono ancora al diciottesimo posto Ue per quanto riguarda il livello di digitalizzazione e di interazione digitale coi clienti, e peggio va per le competenze digitali, al ventunesimo posto.

I quattro vantaggi dei social sfruttati bene

Per quanto riguarda nello specifico i social network, lo studio – condotto sui 30 PMI che hanno saputo sfruttare al meglio i social network per comunicare con clienti presenti e futuri – ha mostrato quattro vantaggi di questo approccio: l’aumento dei ricavi, il numero di clienti raggiunti, i follower sui social network (che portano fidelizzazione, e la fidelizzazione è una delle chiavi moderne per un fatturato in crescita) e migliori investimenti. Soprattutto con la pandemia, quando il legame che univa il cliente al punto vendita fisico si è attenuato fino a rischiare di spezzarsi, i social network sono stati il mezzo principale per “continuare la conversazione”: chi non ne ha saputo approfittare ha, di fatto, perso clienti alla riapertura post-Covid. In termini numerici, chi ha valorizzato i canali digital e i social ha fatto crescere del 30% la clientela nel 2020 e del 20% i propri ricavi, il tutto senza necessità di aprire nuovi punti vendita e spazi fisici. Ma questo non significa che la digitalizzazione porti soltanto vantaggi per così dire virtuale: la visibilità raggiunta sul digitale, che ha portato a un aumento dei follower sui social network del 40%, si è tradotta anche in incremento addirittura del 50% delle visite presso gli store fisici.

Secondo Luca Colombo, Country Director di Meta in Italia, lo studio dimostra che «il digitale può contribuire a far crescere in modo significativo l’occupazione, anche in quegli ambiti in cui il nostro Paese è ancora fanalino di coda in Europa. Basti pensare che ben 75 mila delle 208 mila potenziali nuove posizioni lavorative nelle PMI sarebbero legate allo sviluppo software, al web marketing e al community management». Gli fa eco Valerio De Molli, Managing Partner e Amministratore Delegato di The European House – Ambrosetti: «Nonostante le PMI italiane abbiano potenziato la collaborazione digitale nel 14,5% dei casi e la comunicazione con la clientela nel 12,7% dei casi, l’indicatore di sintesi denominato Digital Index PMI (costruito sulla base di 15 Key Performance Indicator comuni a tutti i Paesi della UE27 e con un punteggio da 0 a 100) che abbiamo realizzato ad hoc per Meta, posiziona le PMI italiane al 18° posto in Europa per livello complessivo di digitalizzazione. Particolarmente critici sono i ritardi nell’ambito delle infrastrutture di rete (23° posto) e delle competenze digitali nelle imprese (21° posto). È quindi più che mai urgente intervenire per consentire il pieno dispiegamento del potenziale di crescita per il sistema Paese. Abbiamo infatti dimostrato che la crescita nell’uso dei social network potrebbe produrre fino a 10,2 miliardi di euro aggiuntivi di contributo al PIL».

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