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I russi si informano in rete, ma nel Regno di Putin è Telegram il primo canale

Crescono i numeri di Telegram

Dopo l’arresto in Francia di Pavel Durov, il fondatore e CEO russo di Telegram, avvenuto la sera del 24 agosto 2024, l’app di messaggistica multipiattaforma è al centro di indagini e processi in diversi Paesi, con l’accusa pesantissima di consentire propaganda politica di gruppi estremisti o addirittura di sospetti terroristi, di favorire la disinformazione, la diffusione di fake news e la commercializzazione di prodotti illegali.

In effetti, ciò che rende unica Telegram è proprio la policy sulla privacy e la tecnica di crittografia, due particolarità che premiano l’applicazione in termini di utilizzo e di utenti. Lo scorso anno ha abbondantemente superato gli 800 milioni di utenti mensili (è nella Top Ten dei social media più usati al mondo), raddoppiando il dato del 2020.

Nel mentre Durov continua la sua battaglia legale in Francia e nel resto dell’Unione europea, anche annunciando significative modifiche nel funzionamento del servizio e consentendo maggiori controlli da parte delle autorità giudiziarie e alle forze dell’ordine, in patria, in Russia, Telegram è di fatto lo strumento di comunicazione e informazione più utilizzato.

Telegram spopola in Russia, soprattutto tra i giovani

Tutti sappiamo che Mosca non ama il concetto di libertà di informazione che tanto sta a cuore ai Paesi occidentali. In effetti Telegram è molto utile a diffondere propaganda di Stato, ma allo stesso tempo è un’applicazione molto sfruttata anche da chi non ama il presidente Vladimir Putin e cerca notizie alternative a quelle di regime (o passate al vaglio degli organi di censura).

In effetti, almeno in Russia, Telegram è una delle pochissime piattaforme in cui coesistono sia le voci dell’opposizione, sia quelle di Governo.

È particolarmente popolare tra i giovani russi di età compresa tra i 12 ed i 24 anni: l’85% di loro dice di usarla quasi giornalmente. Ben 25 dei 30 canali più famosi in Russia sono dedicati alle news e alla politica.

Come anticipato, è ben vista da Mosca e allo stesso tempo dai media indipendenti ed alternativi, se non ufficialmente legati all’opposizione. In questo caso si possono citare Meduza (1,3 milioni di utenti), TV Rain (500 mila utenti) e Mediazona, secondo quanto riportato dal quotidiano online The Conversation.

Su Telegram trovano spazio e guadagno sempre più pubblico anche le voci alternative come Mikhail Khodorkovsky, ex oligarca e importante critico del Cremlino, ed Ekaterina Shulman, stimata politologa e commentatrice. Entrambi etichettati da Mosca come agenti stranieri o pericolosi estremisti.

Poi ci sono i filo governativi come Ria Novosti (3,3 milioni di utenti), Readovka (2,6 milioni di utenti) e Solovyov (1,3 milioni di utenti).

Censura di Stato sui media, ma come si informano i russi?

Negli ultimi anni, soprattutto dal 2014 in poi, anno della drammatica e sanguinosa rivolta di Piazza Maidan in Ucraina, che ha visto una prima forte contrapposizione (indirettamente quasi armata) tra Paesi del blocco occidentale e Mosca, in Russia si è assistito ad un generale e progressivo giro di vite sui media e il sistema dell’informazione.

La censura è forte, molte stazioni radio hanno chiuso, tantissimi giornalisti hanno abbandonato il Paese, ma non tutto ha smesso di funzionare. La gente utilizza giornalmente soprattutto internet (84%) e la televisione (64%).

A livello mensile, la televisione è ancora campione di audience (98%), ma anche qui internet non molla (85%), mentre anche la radio ancora mantiene un posto chiave come mezzo di informazione ed intrattenimento (79%).

Perché Telegram è così popolare nel regno di Putin?

Dall’inizio di quest’anno sono stati avviati più di 2000 casi amministrativi e 273 casi penali ai sensi delle diverse leggi dedicate al controllo dell’informazione e alla repressione, a detta del Cremlino, di ogni attività anti-governativa, dedita alla diffusione di fake news e che discrediti le forze armate russe.

È per questa ragione che i media e i produttori di contenuti di informazione sono passati in massa sui canali Telegram, ormai un hub di informazione a dir poco vitale per il dibattito politico nazionale e la possibilità di ricevere notizie dal resto del mondo.

Come abbiamo visto, Telegram non rappresenta una minaccia meno diretta per il regno di Putin, ma allo stesso tempo apre le porte alla controinformazione e ai gruppi all’opposizione, sia attivi in patria, sia all’estero.

Non ha a che fare con le Big Tech occidentali

Non dì poco conto è inoltre il fatto che l’applicazione ha passaporto russo e non è di proprietà di aziende globali (occidentali) come Meta, che possiede WhatsApp (anch’essa molto popolare in Russia).

Per i russi che vogliono accedere ad un’informazione più varia e, come diremmo noi, di natura ‘indipendente’, quindi, Telegram rappresenta davvero un’ancora di salvezza, se non l’ultima spiaggia.

Il modo in cui la piattaforma affronterà i prossimi anni e i tribunali europei, avrà profonde implicazioni, non solo per la l’app in sé, ma per la libertà di informazione e la possibilità di un confronto pubblico più ampio e aperto in Russia e nei suoi Paesi satelliti.

Rimane infine il problema di capire chi ci sia davvero dietro a Telegram e la cosa non è secondaria nello sforzo di comprendere a fondo in che direzione si muove l’infosfera globale e chi ne tira le fila. Telegram oggi non ha più base in Russia, ma a Dubai. chissà qual è il motivo di una mossa del genere, perchè proprio quest’Emirato e perchè oggi sotto processo in particolare in Europa? Domande che hanno molto a che fare con il futuro delle nostre democrazie e non solo.

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