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I pericoli della Rete per i nativi digitali. Il ruolo dei genitori, dei media e delle istituzioni

 “La Santa Famiglia, Gesù, Giuseppe e Maria, pregavano, lavoravano e comunicavano tra loro e io mi domando: tu nella tua famiglia sai comunicare o tu sei come quei ragazzi che a tavola, ognuno col telefonino sta chattando?”

Così il Santo Padre ha esordito nel corso del saluto domenicale dell’ultimo Angelus, lanciando un chiaro appello ai genitori: Dobbiamo riprendere la comunicazione in famiglia.

La nuova economia digitale data driven annovera tra i suoi protagonisti i giovani nativi digitali: si tratta di ragazzi e ragazze caratterizzati da una precoce adolescenza finora sconosciuta, nella quale si incrociano le (pseudo) competenze digitali e la pressoché totale incoscienza delle potenzialità di rischio e delle tante, forse troppe insidie del web.

La connessione è la linfa vitale dei nativi digitali

È la generazione degli “iper connessi”, sempre pronti ad interagire con i loro smartphone e sempre più eterogeneamente interconnessi con altri devices. La connessione è la loro “linfa” e quando questa è “down” arrivano in taluni casi a sviluppare patologie “nomofobiche” ossessive per astinenza dal web.

Si pensi all’impatto psicologico del fenomeno del gaming e della conseguenziale patologia ludopatica, che registra un costante aumento, proprio tra i nativi digitali.  Su questi temi, in molti casi è efficace adottare un approccio multilivello per promuovere la cultura digitale attraverso campagne mirate di “media education” ed agire parallelamente sul livello genitoriale e dei docenti per colmare lo “skill gap” e creare quel “ponte di comunicazione” funzionale ad una comune crescita.

Del resto, come ha avuto modo di evidenziare Papa Francesco nel suo messaggio per la cinquantesima giornata mondiale delle comunicazioni sociali, “la comunicazione ha il potere di creare ponti, di favorire l’incontro e l’inclusione (…). Le parole “possono gettare ponti, anche nell’ambiente digitale”. “(…) Usare le parole per uscire dai circoli viziosi delle condanne e delle vendette, che continuano a intrappolare individui e nazioni”.

Il Santo Padre ha molto a cuore questi temi, al punto da approfittare della festa liturgica dedicata alla Sacra Famiglia per ribadire l’importanza della comunicazione in famiglia, sottolineando come sia “un tesoro prezioso” da “sostenere” e “tutelare”.  

Come lavorare alla creazione dell’ecosistema digitale

In tale contesto, è essenziale che tutti insieme, genitori e figli, ci si impegni ad un uso consapevole della rete internet e dei dispositivi digitali, attraverso lo sviluppo di una cultura digitale che, a tendere, crei le condizioni per acquisire strumenti di prevenzione e mitigazione idonei a favorire la gestione in sicurezza dell’ecosistema digitale e delle sempre più pervasive minacce.

L’evoluzione smart dei dispositivi mobili ha determinato lo sviluppo della portabilità, della interattività e della generatività dei contenuti, attraverso la convergenza di diverse tecnologie digitali e la crescita di comunicazioni multidirezionali su un nuovo fondamento sociologico fortemente caratterizzato dalla virtualità. Il giovane nativo digitale è creativo, genera contenuti e li condivide sul web.

E proprio qui diventa essenziale il ruolo genitoriale per i nativi digitali che, ovviamente, si aggiunge affiancandosi, al ruolo degli educatori istituzionali. E la mission è ambiziosa ed anche molto stimolante.

I giovani, infatti, tendono a non avere piena percezione delle implicazioni dei loro comportamenti sul web e tale fenomeno aumenta esponenzialmente allorquando è forte il loro coinvolgimento emotivo nell’uso dei “nuovi media”. Del resto, la “Rete” si presta alla sperimentazione di sistemi di relazione virtuali basati su livelli di partecipazione e libertà di espressione molto spesso inibiti nel mondo reale.

Indagando il fenomeno sul piano sociologico e psicologico-relazionale, si evidenzia spesso una dilatazione dell’ego alla ricerca di una visibilità anche effimera nel mondo virtuale per “esistere” in quello della realtà concreta quotidiana.

Cosa implica una percezione della realtà “surrogata” dai media

Ed è proprio questa percezione “mediata” della realtà che, riducendo le inibizioni, favorisce l’immaginazione e l’idealizzazione nell’ambito di una forte dimensione affettiva, emotiva e relazionale.

Ciò determina in molti casi la prevalenza della virtualità sulla socializzazione reale, incrinando lo sviluppo di normali e reali relazioni che sul piano sociologico non possono essere surrogate dall’uso dei media. Dunque, coltivare la sola dimensione virtuale può aumentare esponenzialmente il rischio che l’esistenza reale diventi “funzionale” ai contenuti mediatici, con la conseguenza che il fenomeno emulativo diventa talvolta parossistico al punto tale da passare, purtroppo spesso, agli onori della cronaca.    

L’universo dei nativi digitali è tanto variegato quanto complesso ed è principalmente costituito dal gaming e dalle tante piattaforme di instant messaging e condivisione tra cui Snapchat, TikTok, WhatsApp oppure di social network, tra i quali Instagram in particolare riscuote più successo.

Ecco perché diventa essenziale partecipare allo sviluppo della consapevolezza dei rischi del web, specie per la migliore tutela dei minori. Il ruolo genitoriale e quello degli educatori istituzionali sono perciò fondamentali. La conoscenza da parte dei precettori di tali strumenti mediatici e delle loro potenzialità è il logico presupposto per lo sviluppo di “awareness”, costruendo un nuovo ed innovativo modello educativo e relazionale.

Nativi digitali e generazioni a confronto: uno “scontro” tra pari?

Il nuovo pattern si fonda sulla dialettica “tra pari” con i figli che ha il precipuo fine di costruire un autorevole e legittimato framework di regole chiare e precise circa l’utilizzo degli smartphone e più in generale del web, nell’ambito di una condivisa esperienza di famiglia.

Il confronto con i figli deve svilupparsi progressivamente e orientarsi all’importanza della riservatezza sul web e della definizione di un confine ben marcato tra virtualità e realtà. La fiducia è un altro logico e propedeutico presupposto di questo impervio percorso, da conquistare attraverso una comunicazione né violenta, né precettiva, scevra da giudizi e meramente collaborativa con i figli.

Il genitore non si impone. Ascolta attivamente e coltiva l’intenzione positiva del figlio per rafforzarla, affinché si determini con chiarezza e responsabilità verso un uso consapevole del web e dei dispositivi. In mancanza di fiducia ed empatia, la condivisione non sarà possibile o non esattamente agevole.  

E questo è il caso della password di accesso al dispositivo del figlio. Se questi “sente” il giudizio dietro la pretesa genitoriale, tenderà inevitabilmente a nascondere una parte della sua vita digitale.

Diverso è il caso del genitore/precettore che si sintonizza sulla frequenza di ascolto del figlio/discente, per capirne ogni utile informazione per un livello di ingaggio che abbia nella fiducia e nella comprensione le sue solide basi.

Educare i figli alla comprensione delle proprie emozioni e alla loro verbalizzazione è un approccio metodologico importante per abilitarli a discernere gli stati d’animo procurati ad esempio dal contenuto di un messaggio in una chat.

E questo li abituerà anche a condividere senza inibizione quelli che generano imbarazzo o preoccupazione. 

Inoltre, la costruzione di fiducia e l’autorevolezza “tra pari” consentirà ai genitori di presidiare il linguaggio “social” dei figli nonché di vigilare su un approccio prudente circa la condivisione sul web di foto personali e, in genere, dei contenuti multimediali e, soprattutto, circa gli indiscriminati download di app e giochi, che spesso nascondono insidie pervasive.

Il “parental control” funziona? Dipende…

E così il nuovo pattern educativo, eviterà “sequestri emotivi” e si evolverà verso una complice condivisione dell’importanza della sicurezza informatica in ogni aspetto della “vita digitale” dei propri figli. E questo riguarda anche l’educazione alla comprensione, ricerca e verifica delle fonti dei contenuti che vengono condivisi on line per la migliore comprensione del “fake” nelle sue varie declinazioni pervasive. 

E se vi state chiedendo se tutto questo funzionerà, la risposta è “dipende”, dal commitment, dagli obiettivi, dalla motivazione. E attenzione a non confondere mai la fiducia e l’autorevolezza “tra pari” con l’autorevolezza genitoriale.  Ecco perché il “parental control” è sempre un valido deterrente. Del resto, si sa “la potenza è nulla senza il controllo”.

E per questo, molte App scaricabili dal web consentono ai genitori, con vari livelli di protezione e sensibilità, di associare i propri dispositivi a quelli dei figli con varie funzionalità, tra le quali: bloccare e filtrare contenuti social e Instant Messaging o siti web ritenuti pericolosi o inappropriati.

Altra utile funzionalità è quella che consente di sospendere la navigazione da remoto oppure di monitorare in tempo reale la geolocalizzazione dei propri figli ricevendo avvisi sui loro movimenti. Vi sono anche ulteriori possibilità di blocco, anche attivabili manualmente, che riguardano particolari categorie di contenuti, come ad esempio, acquisti online, videogiochi, siti web di gaming o di video streaming.

Si badi bene che per quanto il controllo sia efficace, risulta al tempo stesso mal tollerato dai figli.

Dunque, è importante che il parental control venga innestato in un sistema educativo fortemente radicato sulla fiducia per fare in modo che anche l’app di monitoraggio venga realmente percepita come uno strumento di pieno sviluppo delle potenzialità digitali dei propri figli, attraverso la creazione di un “ecosistema digitale” tendenzialmente più sicuro.

Articolo di Davide Maniscalco, avvocato – componente del D&L NET

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