In calo da almeno 20 anni. Italia al 32,5%, il doppio di Francia, Germania e Spagna
Nei Paesi Ocse la percentuale dei lavoratori dipendenti che aderiscono al sindacato è del 15,8%. Un dato piuttosto impressionante perché stiamo parlando dei Paesi più industrializzati del mondo, quelli che, almeno in teoria, dovrebbero avere un sistema di rapporti industriali più evoluto e maturo. Ci si aspetterebbe, insomma, una percentuale molto alta, e, invece, non solo il 15,8% è un dato bassissimo ma, per di più, è in calo. Basta guardare il grafico sopra: dice che nel nel 2000 era al 20,9%. In meno di 20 anni i lavoratori e le lavoratrici con una tessera sindacale in tasca sono scesi del 5,1%. Vediamo quanti sono gli iscritti ai sindacati nei 38 Paesi che aderiscono all’Ocse.
Quanti sono gli iscritti ai sindacati nell’Ocse
La Fonte dei dati è l’Ocse e si fermano per alcuni Paesi al 2019 mentre per altri si hanno numeri fino al 2020 e questo già dice molto sulla difficoltà di ottenere numeri aggiornati e ufficiali. Ma quello che è importante è il trend che i numeri mostrano.
Partiamo dal grafico sopra. Per una maggiore leggibilità dei numeri abbiamo diviso i Paesi Ocse in base alla percentuale di aderenti ai sindacati: il grafico sopra, quindi, mostra i Paesi con i numeri maggiori, sotto, ma lo vediamo in seguito, quelli con i numeri più piccoli. In nero, in entrambi i grafici, il dato della media Ocse.
La prima domanda è: quanti sono gli iscritti ai sindacati in Italia? Sono il 32,5%: siamo nel primo grafico, significa che abbiamo una percentuale alta, molto più alta della maggioranza dei Paesi Ocse. Siamo addirittura a una percentuale doppia rispetto alla media. Nel 2000 la percentuale era pari al 34,8%. Significa che anche in Italia la percentuale di lavoratori che aderiscono ai sindacati mostra un trend in calo.
Quanti sono gli iscritti ai sindacati negli altri Paesi
In effetti sono ben pochi i Paesi che possono vantare un aumento di aderenti al sindacato. Per esempio lo può fare l’Islanda che ha percentuali di adesione che una volta si sarebbero definite “bulgare”. In Islanda gli aderenti al sindacato sono il 92,2% dei lavoratori, in crescita rispetto all’89,1% del 2000. In Islanda su 100 lavoratori meno di 8 non sono sindacalizzati.
Segue una pattuglia dei Paesi nordici: Danimarca, Svezia e Finlandia che, come mostra il grafico sopra, hanno percentuali di adesione al sindacato comprese tra il 67 e 58,8. Numeri alti ma, a differenza di quelli dell’Islanda, in calo. Nel 2000 le percentuali, per tutti e tre i Paesi erano più alte ed erano comprese tra 81 e 74,5.
In calo anche i dati che riguardano Norvegia e Belgio mentre gli unici due Paesi che possono essere relativamente soddisfatti sono Canada e Irlanda, non tanto perché le loro percentuali siano particolarmente alte, anzi, sono più basse di quelle dell’Italia, ma perché, casi rarissimi, negli ultimi anni hanno visto una crescita di aderenti. Il Canada è, oggi, al 27,1% e l’Irlanda al 26,2%.
Quanti sono gli iscritti ai sindacati nei Paesi a bassa sindacalizzazione
Se si confronta con il 92,2% dell’Islanda il 6% dell’Estonia impallidisce. E’, infatti, l’Estonia il Paese Ocse con la più bassa percentuale di iscritti al sindacato. Ecco il grafico con i dati riguardanti i Paesi con il più basso tasso di sindacalizzazione.
Il grafico qui sopra è piuttosto complicato e di difficile lettura, ma basta passare con il cursore sopra il Paese di interesse per vedere evidenziata la linea che lo riguarda. Se si vogliono fare confronti tra due o più Stati, basta cliccare sul nome degli altri per vedere la loro linea scomparire così da permettere una più facile lettura dei dati.
Quanti sono gli iscritti ai sindacati in America?
Dicevano dell’Estonia e del suo 6%, ma non è che gli altri Paesi dell’Est Europa facciano meglio. La Lituania è al 7,4%, l’Ungheria all’8,3%. Ma a questo punto, partendo dal basso verso l’alto, troviamo un Paese che (forse) non ci si aspetterebbe. Quanti sono gli iscritti ai sindacati negli Stati Uniti? Appena 2 punti in più rispetto all’Ungheria e cioè il 10,3%.
Sui motivi di un così basso tasso di sindacalizzazione si sono scritti libri ma, oltre ad una cultura ed una storia economica molto diversa da quella rintracciabile in Europa, gli Usa scontano anche (in alcuni Stati) leggi che non favoriscono l’adesione dei lavoratori alle “unions” che spesso vengono viste come poco allineate agli interessi dei lavoratori. E’ comunque indubbio che nelle occasioni importanti, nei momenti che contano, i sindacati americani sanno far sentire la loro voce, come dimostra lo sciopero, uno dei più lunghi della storia Usa, degli sceneggiatori di Hollywood, organizzato proprio dal sindacato di riferimento.
Quanti sono gli iscritti ai sindacati in Europa
La spiegazione relativa alla “cultura” europea va presa con le pinze (molte pinze). Perché se si vanno a vedere i numeri su quanti sono gli iscritti ai sindacati nelle grandi economie continentali si scopre che la percentuale non è molto diversa da quella americana.
La Francia, per esempio, ha appena il 10,8% dei lavoratori aderenti alle organizzazioni sindacali (il dato è del 2016 ed è l’ultimo disponibile da parte dell’Ocse). Ma anche qui, nonostante i pochi aderenti, i sindacati sono in grado di bloccare il Paese per settimane come è successo tra dicembre 2019 e gennaio 2020 quando le organizzazioni sindacali hanno portato in piazza centinaia di migliaia di persone per combattere la riforma delle pensioni voluta dal presidente Emmanuel Macron. Sono talmente combattivi da aver organizzato uno sciopero dei dipendenti del settore sanitario nel mezzo della crisi pandemica del 2020.
Molto bassa anche la percentuale che riguarda la Germania dove i lavoratori sindacalizzati sono solo il 16,3% del totale rispetto al 24,6% del 2000. Ancora meno in Spagna dove gli iscritti sono il 12,5%.
Come mai calano gli iscritti ai sindacati?
I motivi, come abbiamo detto e come è facile intuire, sono tantissimi e molte delle spiegazioni che di solito vengono addotte come spiegazione sono opinabili. Invece di fare un elenco dei motivi è più serio dare la parola a uno dei più importanti studiosi del fenomeno, in Italia, Pietro Ichino, che ha spiegato che “il fenomeno si registra in tutto l’Occidente industrializzato e i fattori che lo determinano sono molti: dal tramonto dell’impresa di tipo fordista alla personalizzazione dell’incontro fra domanda e offerta di manodopera e della negoziazione delle condizioni di lavoro, dalla globalizzazione dei mercati del lavoro alla concorrenza tra lavoratori di continenti diversi che ne consegue. In Italia a questi fattori se ne aggiungono almeno due: un dualismo più accentuato che altrove fra protetti dal sindacato nella cittadella del lavoro regolare ed esclusi, tra i quali la grande maggioranza dei più giovani e la divisione tra le organizzazioni sindacali maggiori, di natura in parte politica, che appare largamente superata, comunque non più comprensibile dalla maggior parte dei lavoratori”.
I dati si riferiscono al: 2000-2020
Fonte: Ocse