Huawei si sta preparando a citare in giudizio il governo degli Stati Uniti. Secondo il New York Times, giovedì la Tlc cinese presenterà la denuncia contro il governo americano in un tribunale del Texas, dove l’azienda ha il suo quartier generale americano. In gioco è la legittimità di una legge statunitense dell’anno scorso – la NDAA, o U.S. National Defense Authorization Act – che ha reso più severi i controlli sugli investimenti stranieri e in particolare più difficili contratti con aziende cinesi.
La mossa potrebbe essere finalizzata a costringere il governo degli Stati Uniti a rendere più pubblico il caso contro la società di telecomunicazioni cinese e la citazione in tribunale fa parte di un’ampia strategia di Huawei messa in atto di recente per difendersi dalla campagna, iniziata un anno fa, dei funzionari americani volta a convincere gli alleati a tenere fuori Huawei dalla realizzazione delle reti 5G, nella convinzione che il colosso di Shenzhen agisca come agente di spionaggio della Cina. Huawei ha respinto le accuse, ma di conseguenza i principali operatori wireless americani, come AT&T e Verizon sono effettivamente impossibilitati a utilizzare le apparecchiature Huawei.
Secondo una fonte vicina al dossier sentita dal NYT, Huawei probabilmente sosterrà che la legge statunitense voluta da Trump per bannare le aziende cinesi è una norma che punisce una persona o una società senza un processo e la Costituzione Usa proibisce al Congresso di approvare una legge di questa natura.
La Cfo di Huawei, Meng Wanzhou, ha denunciato il Canada per il suo arresto
I piani di Huawei non sono definitivi. Potrebbe ancora decidere di cambiare strategia all’ultimo minuto e non citare più in giudizio il governo degli Stati Uniti giovedì.
Mentre la direttrice finanziaria di Huawei Meng Wanzhou ha denunciato il Canada per il suo arresto, avvenuto l’1 dicembre scorso a Vancouver su richiesta degli Stati Uniti, che ne hanno chiesto l’estradizione.
La figlia del fondatore di Huawei ha denunciato il governo e la polizia canadese sostenendo che è stata trattenuta e interrogata illegalmente per tre ore prima di essere formalmente arrestata lo scorso dicembre. Le manette sono scattate all’aeroporto internazionale di Vancouver, dove Meng stava facendo scalo per andare in Messico. La tesi di Meng, che ha presentato la denuncia venerdì scorso, è che la polizia canadese l’abbia fermata con la scusa di fare ispezioni di routine. Ciò ha consentito loro di interrogarla, controllare i suoi bagagli e dispositivi elettronici violando i suoi diritti tra cui quello di avere un avvocato. Resta da capire se queste vicende possono intaccare l’accordo commerciale a cui Usa e Cina sembrano vicini, almeno secondo il Wall Street Journal. Proprio in queste ore il tredicesimo Comitato nazionale della Conferenza consultiva politica del popolo cinese, che si è aperto ieri presso la Grande sala del popolo a Pechino, potrebbe votare nuove leggi sulle telecomunicazioni per placare le ostilità di Donald Trump.
Quanto al destino processuale di Meng, come spiegato dalla giustizia canadese, l’udienza del prossimo 6 marzo non fa parte di un processo e non determina se la cfo di Huawei sia colpevole o innocente. “Se una persona viene alla fine estradata dal Canada per essere perseguita legalmente in un altro Paese, quella persona avrà un processo in quel Paese”, ha spiegato Ottawa in una nota. Dopo l’eventuale ok della Giustizia canadase a procedere nell’iter di estradizione, il prossimo passo prevede che un giudice si occupi del caso ascoltando la difesa della cfo e gli inquirenti di Ottawa. “Se il giudice decide che una persona debba essere estradata, a quel punto il dipartimento di Giustizia deve decidere se consegnare quella persona (estradandola) al Paese che l’ha richiesta”. Mentre l’iter legale procede, Meng è chiamata a rispettare le condizioni del suo rilascio su cauzione restando in Canada.