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Huawei, nessuna prova di spionaggio ma nuovi mercati all’orizzonte

La Polonia ha appena fatto il suo regalo agli Stati Uniti, accusando di spionaggio un dipendente di Huawei, prontamente licenziato dall’azienda cinese, e sposando di fatto la linea anti Pechino di Trump. Ma quel che è certo è che quest’ultimo caso polacco di protezionismo tecnologico anti cinese non bloccherà l’avanzata globale di Huawei. Anzi, renderà ancor più profondo il solco che divide i paesi che si fidano di Huawei da quelli che non si fidano. Questa la tesi di un’analisi di Bloomberg, secondo cui l’arresto del dipendente di Huawei e di un uomo d’affari polacco impegnato nel business cibernetico, entrambi accusati di spionaggio a favore della Cina, riguarda due singoli individui e non Huawei.

L’azienda cinese nega con forza ogni coinvolgimento nella vicenda, ha subito licenziato il dipendente arrestato, dalle autorità polacche. Ma secondo gli esperti di diritto americani il problema di Huawei è che pur non essendo coinvolta in questioni di spionaggio, di fatto opera per volere del governo cinese, visto che il 51% del suo fatturato arriva dalla Cina, dove gli operatori sono controllati dal governo.

La profonda spaccatura fra chi sostiene Huawei e chi invece non si fida implica che l’azienda probabilmente dovrà rafforzare il suo business sul fronte di smartphone e device di comunicazione. E in senso più generale dovrà cercare nuovi mercati, visto che in Cina è ben consolidata. Nuovi mercati potenziali sono i paesi europei in via di sviluppo, l’Africa e l’Asia. In altri termini, se alcuni mercati maturi le saranno preclusi sul fronte delle apparecchiature di rete (fra cui Usa, Australia, Giappone, forse il Regno Unito e ora anche la Polonia) sono molti i mercati di grandi dimensioni disponibili.

Dopo l’arresto in Canada per volontà degli Usa di  Meng Wanzhou, CFO di Huawei e figlia del suo fondatore Ren Zhengfei, la Germania ha comunque deciso di non scaricare Huawei, perché secondo l’agenzia federale contro il ciber spionaggio non c’è alcuna prova del coinvolgimento di Huawei in attività che mettano a rischio la sicurezza nazionale. Anche Francia e Italia hanno rinnovato la loro fiducia in Huawei.

Medio Oriente e Africa, ad esempio, contano complessivamente 1,3 miliardi di connessioni mobili, più o meno l’equivalente della Cina. America Latina ed Europa dell’Est ne contano altrettante, secondo stime di Bloomberg Intelligence.

Huawei, in quanto produttore di smartphone, detiene una quota del 15% in Arabia Saudita, negli Emirati Arabi Uniti, in Messico, Colombia e Sud Africa, secondo i dati di bilancio del 2017. Etiopia, Nigeria, Kenya e Namibia si trovano sulla lista dei paesi che si affidano a Huawei per le apparecchiature di rete, mentre in Medio Oriente ci sono cinque paesi su un minimo di 22 che hanno siglato contratti commerciali per il 5G con Huawei.

Alcuni di questi paesi potrebbero ampiamente beneficiare degli aiuti economici cinesi, o potrebbero trovarsi in condizione di non poter resistervi. Si tratta in molti casi di mercati dove senza l’aiuto estero non sarebbero finanziabili nuove e costose infrastrutture di rete, grandi porti o autostrade.

Con Huawei determinata a crescere ancora a livello internazionale, a braccetto con lo sforzo di globalizzazione di Pechino, è probabile che il caso polacco contribuisca a dividere ulteriormente il mondo in due emisferi, uno cinese e l’altro americano. Alcuni paesi resteranno invece a metà del guado, in attesa di decidere da che parte stare. Rendendo così Varsavia, ancora una volta, il centro involontario della divisione globale.

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