Le tecnologie di punta dell’era digitale stanno raggiungendo il 20% circa di tutti i beni importati dall’Unione europea, per un valore complessivo di 357 miliardi di euro
Dall’high tech alle apparecchiature e componentistica per l’aerospaziale, dalle telecomunicazioni all’elettronica di consumo, dagli strumenti scientifici ad alto contenuto tecnologico alla sanità, sono numerose le categorie merceologiche che vedono una domanda crescente di importazioni dalla Cina.
Si stima, infatti, secondo i nuovi dati diffusi oggi da Eurostat, che più di un terzo dei beni high tech importati dall’Ue arrivano direttamente dalla Cina, per 121 miliardi di euro.
Il 34% per l’esattezza, a cui seguono (ma a distanza) gli Stati Uniti, con il 27% (96 miliardi di euro), quindi la Svizzera col 6% (23 miliardi di euro).
Altri rilevanti partner commerciali dell’Ue sono il Vietnam, che ha visto aumentare del 5% le esportazioni di beni high tech nel 2017 (per 17 miliardi di euro), con le new entry di Thailandia e Taiwan.
Al contrario, le esportazioni dell’Ue sono dirette in maggioranza verso gli Stati Uniti (25%), seguiti dalla Cina (12%) e dalla Svizzera (6%) e la Malesia.
In contrazione, invece, l’importazione di tali prodotti dal Giappone, che nel 2017 ha registrato un -4,4%.
Inevitabilmente, a guardare questi numeri, viene subito in mente la guerra commerciale tra USA e Cina. Uno scontro, iniziati ufficialmente dal presidente americano Donald Trump, che certamente ha e avrà grandi ripercussioni sui mercati globali.
Sul Sole 24 Ore di ieri, si ipotizzava che se l’Unione europea seguisse la strada americana di chiusura e imposizione di dazi alle importazioni dalla Cina di prodotti di punta, sarebbe inevitabile un tracollo commerciale di Pechino.
La riflessione seguiva la visita della cancelliera tedesca, Angela Merkel, a Washigton di questi giorni e soprattutto l’annuncio del nuovo ministro dell’Economia della Germania, Peter Altmaier, che vuole portare il tetto alle acquisizioni cinesi di aziende tedesche ad alto contenuto tecnologico dall’attuale 25% al 20-15%.
Imprese e know how che anche l’intelligence di Berlino definisce strategiche per la competitività e la sicurezza del Paese.
Riflessioni sempre utili e sicuramente da approfondire, in relazione ai rapporti commerciali tra Ue e Cina e allo scacchiere mondiale in cui si muovono altri grandi competitor (la guerra dei dazi potrebbe avere delle ripercussioni serie anche nel rapporto tra USA e UE), ma che allo stesso tempo non devono mai far dimenticare quante risorse finanziarie l’Unione europea investe in Cina, quante aziende europee lavorano direttamente in Cina (e qui sono nate) e quanti occupati europei sono legati agli attuali e futuri progetti e accordi tra Bruxelles e Pechino.