Google si riprende il primato di più grande azienda pubblica del mondo, nonostante Apple resti quella con la capitalizzazione di Borsa più imponente, dall’alto dei suoi 535 miliardi di dollari contro i 485 miliardi di Alphabet, la holding cui fanno capo Google Inc. ed altre società controllate. Ma se si guarda al valore d’impresa, che indica il valore ‘complessivo’ di un’azienda, Alphabet – dice il Financial Times – ha superato Apple a dicembre e vale ora 420 miliardi di dollari, contro il 393 di Apple.
Rispetto ai massimi toccati nel 2015 spiega il quotidiano della City, Apple ha perso circa 200 miliardi di equity value. Anche se la società continua a registrare utili e fatturato da record, gli investitori sono preoccupati per la sostenibilità del business. La società, temono, è eccessivamente dipendente dall’iPhone – che vende sempre tantissimo ma il cui appeal non può essere eterno a meno di strabilianti nuove funzioni. A caccia di nuovi clienti, la società è sbarcata in Cina, centrando in pieno il suo obiettivo (il fatturato nel paese ha ormai surclassato quello registrato in Europa). Ma ora dove mai si potrà andare a vendere il dispositivo, sperando in nuovi record di afflusso di clienti?
Di recente, l’analista John Strand ha sottolineato che neanche una regina delle vendite come Apple può dirsi immune da possibili capovolgimenti di fortuna, come è successo al suo arrivo a ex star del mercato come Nokia e Motorola. Vi sono, anzi, molte similitudini tra la Motorola dei tempi d’oro e la Apple di oggi. “Entrambe sempre a produrre gli stessi dispositivi e ad attendere che la gente continui a comprarli. È la strategia che ha condotto Motorola al collasso”.
Apple, certo, ha un portfolio prodotti più ampio integrato con l’ecosistema delle app. Ma non è un antidoto eterno, tanto più che lo strombazzato Apple Watch non sembra tirare tantissimo.
Una convinzione, quella di Strand, che riecheggia questa settimana anche nelle parole dell’analista Adnaan Ahmad, che da tempo indica similarità tra ex stelle come Nokia o Blackberry ed Apple e secondo cui la mancanza di un nuovo prodotto all’orizzonte non fa ben sperare per Apple nei prossimi due o tre anni.
In Europa, dove ha appena annunciato l’apertura del primo centro di sviluppo (in Italia, a Napoli), Apple deve affrontare i problemi legati all’utilizzo di sistemi aggressivi di ottimizzazione fiscale per pagare al minimo le tasse nei Paesi dove producono profitti.
Con il fisco italiano la società ha patteggiato a dicembre, accettando di pagare 318 milioni di euro per definire un contenzioso inerente un’evasione contestata di circa 879 milioni di euro, ma ora rischia una multa miliardaria (8-19 miliardi di dollari) per l’accordo di tax ruling stretto con le autorità irlandesi e che la Ue potrebbe categorizzare come un aiuto di Stato illegale.
Certo, nonostante queste fosche previsioni, il futuro e il passato recente di Apple restano brillanti: la capitalizzazione di mercato rappresenta il 3,3% dell’indice S&P 500, che include le prime 500 aziende Usa in termini di capitalizzazione e circa il 7% dei profitti dell’intero indice.