Il Garante per la privacy, Antonello Soro, ha espresso una serie di migliorie al disegno di legge n.2575, d’iniziativa dei senatori Lorenzo Battista, Luis Alberto Orellana e Franco Panizza (tutti nel Gruppo per le autonomie), che punta a tracciare l’identità di tutti gli autori di contenuti sui social network e “anche” di chi compie reati mediante Internet. Soro, audito dalla Commissione del Senato che sta esaminando la proposta di legge, ha messo in evidenza i seguenti limiti da superare per bilanciare la privacy degli internauti e i diritti degli utenti danneggiati da hate speech e fake news.
“L’identificazione dell’autore di condotte illecite potrebbe essere affrontato in termini anche più generali sotto il profilo oggettivo, superando quella limitazione ai social network”, ha dichiarato il Garante per la privacy perché nel ddl si fa riferimento solo alle “piattaforme di reti sociali”. Poi Soro ha invitato i senatori della Commissione a modificare il primo articolo del testo di legge per “limitare l’identificazione degli utenti esclusivamente per l’accertamento dei reati, dei quali peraltro sarebbe opportuno selezionare le tipologie in base alla gravità” e non di tutti coloro che pubblicano contenuti sui social media, come invece scritto nel disegno di legge dai senatori proponenti. Se così fosse sarebbe un’eccessiva e irragionevole violazione della privacy di tutti gli utenti registrati alle piattaforme di social networking e quindi contrario al diritto europeo.
Inoltre per quanto riguarda la conservazione dei dati degli utenti che violano sul web, impunemente, l’altrui libertà il Garante ha fatto notare che non può avvenire in maniera generalizzata e “a strascico”, ma “deve essere mirata, selettiva”.
Il limite degli Ip
Infine Antonello Soro ha proposto anche delle soluzioni tecnologiche per rendere più efficace l’autentificazione degli autori di reato su Internet. E la strada non è quella dell’Internet Provider perché non è univo per ciascun utente né quella dell’Ip ‘a grappolo’ che attribuisce un unico indirizzo a una pluralità di internauti. “Il passaggio al sistema IPv6 parrebbe dunque, in questo senso, una soluzione tecnica auspicabile per garantire l’effettiva univocità dell’assegnazione degli indirizzi ip, che rappresenta oggi il principale strumento di identificazione indiretta degli utenti in rete”, ha concluso Soro.
Dunque in attesa dell’arrivo e dell’applicazione di questa nuova tecnologia non resta che affidarsi al metodo tradizionale per rintracciare i colpevoli di reati commessi su Internet: rivolgersi alla giustizia italiana e sperare anche nella cooperazione giudiziaria internazionale dal momento che la maggior parte dei social network e degli internet service provider è situata oltre i nostri confini.