Nell’arco di 48 ore, a Roma, il modesto (o immodesto che sia) cronista di “politica culturale” che segue per IsICult questa rubrica “ilprincipenudo”, ha toccato con mano – una volta ancora – come siano intense ed acute le contraddizioni del sistema culturale italiano, e come in esso operino veramente “mondi paralleli” che spesso non interagiscono tra loro…
Procediamo con ordine, in questo zibaldone che pure ha un tratto comune nella rappresentazione degli eventi: lacune conoscitive che determinano deficit di “policy” pubblica, ma anche difficoltà della “società civile” ad organizzarsi al meglio.
Ieri pomeriggio, una cinquantina di persone hanno partecipato ad una assemblea pubblica che si è tenuta presso gli spazi dell’Angelo Mai, in via delle Terme di Caracalla: titolo provocatorio dell’incontro “Boom! Incontro pubblico per condividere l’esplosione della Fondazione Teatro Valle Bene Comune”.
Gli attivisti che da quasi un decennio hanno promosso e sviluppato una appassionata attività di militanza culturale e politica per la rigenerazione del Teatro Valle di Roma (il più antico dei teatri della Capitale) hanno deciso di mettere in liquidazione la Fondazione Teatro Valle Bene Comune, attraverso la quale è stata condotta una bella battaglia per una cultura partecipata.
Si è trattato di un triste requiem?! Forse di un nobile karakiri.
I promotori dell’assemblea hanno cercato di vedere il bicchiere “mezzo pieno”, sostenendo che si chiude una fase, ma si promuove una semina che potrà dare novelli frutti. Il patrimonio della Fondazione (che peraltro è ancora di fatto una associazione culturale non riconosciuta perché il Prefetto di Roma non ha accordato il riconoscimento in personalità giuridica perché la sede della Fondazione è presso il Teatro stesso), che ammonta a circa 140mila euro verrà devolto ad una serie di soggetti attivi nella realtà socio-culturale romana.
Hanno così commentato gli attivisti, soprattutto nelle persone di Valerio Gatto Bonanni e di Simona Senzacqua, lo scioglimento della Fondazione: “sciogliere però non esprime il gesto che stiamo compiendo. Dopo otto anni, in cui abbiamo cercato di dare un seguito all’esperienza, oggi abbiamo deciso di far esplodere la Fondazione per liberare il maggior numero possibile di molecole artistiche per sostenere realtà creative, sociali, culturali ed indipendenti”. Dopo un processo decisionale collettivo, i progetti che riceveranno un sostegno economico dallo scioglimento della Fondazione saranno: Mediterranea Saving Humans, Spin Time Labs, Angelo Mai, Progetto Diritti, Matemù, Festival Italy Undercovered, Radio Onda Rossa (Ror) e l’Associazione Archivio Teatro Valle Occupato. Alla assemblea di ieri hanno partecipato i rappresentanti di queste realtà sociali e culturali della Capitale, che hanno naturalmente ringraziato per il contributo economico di cui andranno a beneficiare.
L’atmosfera era mesta, anche se aleggiava un malessere depressivo strisciante.
Che lo si voglia nobilitare, si tratta di una sconfitta oggettiva, di un evidente fallimento di un gran bel progetto di partecipazione.
Nasce l’Archivio del Teatro Valle Occupato… per non disperdere la memoria di una bella battaglia culturale e civile
Senza dubbio apprezzabile la scelta di non disperdere documentativamente la lunga esperienza di lotta politica e di attività artistica: l’Associazione Archivio Teatro Valle Occupato (con il sostegno tecnico della Fondazione Lelio e Lisli Basso) si occuperà – nella forma di associazione di promozione sociale (Aps) – di promuovere la conoscenza della storia del Teatro Valle Occupato attraverso la salvaguardia e la valorizzazione della documentazione e delle narrazioni, nonché dei movimenti nati attorno alle lotte dei “beni comuni”. L’archivio verrà curato da Francesca Romana Rietti, accademica di Roma Tre, che può vantare l’esperienza di “riordino” dell’archivio dell’Odin Teatret (si veda, sull’argomento, il saggio di Mirella Schino, “Il libro degli inventari. Odin Teatret Archives” (Roma, Bulzoni, 2015).
Stimolanti le argomentazioni alla base di questa triste decisione: “le ragioni e i desideri multiformi che ci hanno spintə all’occupazione e la composizione variegata che ci ha sempre contraddistinto e che abbiamo sempre rivendicato rendono questo compito complesso e delicato. L’immagine dell’esplosione vuole raccontare la festa, il fuoco e le fiamme, liberare il campo ad una narrazione plurale, che riesca a vedere e desiderare il sol dell’avvenire”.
Che si tratti di una esplosione piuttosto che di una implosione è una rispettabile interpretazione positiva ed ottimista, che non ci sentiamo di condividere. È invece, a parer nostro, il fallimento di un progetto civile, culturale, politico e la dimostrazione della insensibilità e della incapacità delle istituzioni romane di affrontare in modo serio ed onesto una tematica essenziale, qual è la gestione dei beni pubblici culturali e delle attività culturali.
Scrivono gli attivisti del Valle: “gli anni dell’occupazione del Valle sono stati una vita in più che abbiamo vissuto, sono state tante vite, le vite di tuttə moltiplicate con la nostra. Questa eccedenza di vita ha richiesto un vuoto e un ascolto che hanno fatto scivolare otto anni di altra vita, di altre lotte, di altra arte e sindacə e amministratori e lavori improcrastinabili tuttavia procrastinati e palcoscenici ammuffiti e miserie da politicanti e sogni da rivoluzionariə”.
E concludono, amaramente: “il teatro Valle è rimasto pubblico. Il teatro Valle è rimasto chiuso. Il gioiello dell’arte, il pezzo di storia della città, del teatro, dei movimenti politici, della nostra vita”.
Si legge nella homepage del sito web dell’Associazione Teatro Valle Occupato una interpretazione della realtà che riteniamo sia onesta e condivisibile (e che va ben oltre il “caso” del Valle): “Teatri vuoti, festival di settore con gente del settore e poco sentore, tutto sempre uguale. Fondi pubblici mal distribuiti, soppressione di enti inutili, scioperi del lunedì. Lavoratrici e lavoratori dello spettacolo senza diarie e sussidio di disoccupazione. Burocrati ben saldi, artisti senza soldi. Politica del grande evento, Teatro della miseria”.
Questa “comunità resistente” ha deciso di gettare la spugna, ovvero di avviare una semina che chissà a cosa porterà. Dato di fatto è che il Teatro è chiuso, in continua “ristrutturazione”. Si prevede una possibile riapertura nel 2023, ma è forse una previsione ottimistica. Si pensi che per far passare la proprietà del Valle dal Demanio al Comune di Roma son stati necessari oltre tre anni, per comprendere le lentezze esasperanti di certa burocrazia che ancora governa parte del nostro Paese…
Il 14 giugno del 2011 un gruppo di artisti, di organizzatori culturali, di esponenti della società civile hanno cercato di avviare una vera e propria “rivolta culturale”. Così scrivevano: “occupare è una pratica politica collettiva, un gesto di riappropriazione che istituisce uno spazio pubblico di parola. Continuiamo ad occupare il Teatro Valle perché il gesto si trasformi in un processo costituente: per attivare un altro modo di fare politica senza delegare, costruire un altro modo di lavorare creare produrre, affermare un’altra idea di diritto oltre la legalità, sviluppare nuove economie fuori dal profitto di pochi”.
In oltre 10 anni, si sono avvicendate 4 giunte quattro (Alemanno, Marino, Raggi, Gualtieri) e la vicenda del Teatro Valle è rimasta irrisolta
È un dato di fatto che nel corso di oltre 10 anni si sono avvicendate giunte ed assessori, e nessuno è riuscito a rispondere in modo concreto alle istanze della base. Dal giugno 2011 al maggio del 2022, si sono avvicendati alla guida di Roma 4 sindaci: Gianni Alemanno, Ignazio Marino, Virginia Raggi, Roberto Gualtieri… Per pudore, omettiamo di citare i nomi di coloro cui è stato affidato l’Assessorato alla Cultura, anche perché – sia consentito – di nessuno di loro resta gloriosa memoria…
Incredibile, ma vero. Sconfortante, ma oggettivo.
Al “movimento” plurale e policentrico del Teatro Valle Occupato hanno partecipato, nel corso degli anni, oltre 5mila persone, con una sorta di “nucleo duro” di oltre 100 artisti ed attivisti… Nelle 1.152 giornate di occupazione, sono stati messi in scena 286 spettacoli, 180 concerti, 90 eventi, decine e decine di laboratori…
Da segnalare che hanno assistito alla assemblea sia un rappresentante della politica, come la consigliera Marta Bonafoni (Capo Gruppo della Lista Zingaretti alla Regione Lazio) sia un delegato dell’Assessore alla Cultura di Roma Capitale Miguel Gotor, Federico Stolfi: sapranno metabolizzare questa decisione dell’assemblea del Teatro Valle Occupato, facendo in modo che questa preziosa esperienza di cultura attiva non resti un… ricordo del passato?!
Entusiasmo a gogò di Zingaretti e Gualtieri per il fondo “Lazio Cinema International”: 70 milioni di euro fino al 2027. Ma è tutto oro quel che luccica?!
Se i toni all’Angelo Mai erano mogi, tutt’altra atmosfera questa mattina al “WeGil”, il palazzo della ex “Gioventù del Littorio” a Trastevere (di fronte al mitico cinema di Nanni Moretti “Nuovo Sacher”, e con alle spalle il “Cinema Troisi” affidato ai Ragazzi del Cinema America) che la Regione Lazio ha ristrutturato e rilanciato come “hub culturale” (vi avrà sede, tra l’altro, la Scuola “Gian Maria Volonté” e l’Accademia per la Cybersicurezza della Regione Lazio; su quest’ultima, si veda “Key4biz” del 2 marzo 2022, “La Regione Lazio annuncia il lancio di una sua Accademia per la Cybersicurezza (Acl)”).
Sala affollata, oltre 100 persone, e molti tra i “vip” del sistema cinematografico italiano, tra i quali in prima fila il Presidente dell’Anica Francesco Rutelli…
È stata presentata la nuova edizione di “Lazio Cinema International”, il bando promosso dalla Regione Lazio per supportare le coproduzioni audiovisive internazionali tra imprese estere e laziali e realizzare opere cinematografiche sul territorio. Si tratta di un avviso da 5 milioni di euro, ovvero della prima tranche di un fondo di 10 milioni di euro l’anno, che verrà rinnovato anche per il prossimo settennio.
Sono intervenuti, oltre al Presidente Nicola Zingaretti, il Sindaco di Roma Roberto Gualtieri e la Responsabile dell’Ufficio Cinema – Abc Regione Lazio, Giovanna Pugliese (de facto una sorta di “Assessore al Cinema e all’Audiovisivo”, ricordando che Zingaretti continua curiosamente a mantenere per sé le deleghe per la Cultura). In prima fila, tra gli altri, l’Assessore allo Sviluppo Economico, Commercio e Artigianato, Università, Ricerca, Start – Up e Innovazione della Regione, Paolo Orneli. Due registi hanno manifestato il loro tributo: l’acclamato Mario Martone e l’attore Michele Placido (che è caduto in una inopportuna autocelebrazione della sua ultima opera, “L’ombra di Caravaggio”)…
Tutti lieti e contenti per questa rinnovata iniezione di risorse pubbliche.
Toni entusiasti.
Nessuna critica, almeno tra i presenti. Curiosa conferenza stampa, comunque, senza che, alla conclusione della stessa, sia stata data chance ai giornalisti di porre domande…
La Regione Lazio leader in Europa per sostegno al cinema e all’audiovisivo, ma è oro tutto quel che luccica?
Il Presidente Zingaretti si è fatto vanto di presiedere una Regione che è la più attiva a livello nazionale, e forse la seconda se non addirittura la prima a livello europeo, nel sostegno del sistema cinematografico ed audiovisivo, con interventi lungo tutta la “filiera”.
Il bando “Lazio Cinema International” in 7 anni ha già sostenuto 154 film cinematografici, coinvolgendo 220 case di produzione straniere di 33 Paesi. Ben 322 i premi che le pellicole finanziate hanno ricevuto in prestigiosi festival nazionali e internazionali e 411 le “nomination”. Nell’edizione 2022 del “David di Donatello”, sono stati 28 i film in concorso co-finanziati da “Lazio Cinema International”, 8 dei quali ammessi in finale, 28 le “nomination” e 9 le “statuette” vinte…
Per le coproduzioni internazionali “made in Lazio”, 70 milioni stanziati da qui al 2027, di cui 10 milioni per il 2022, per rilanciare un comparto che vede il Lazio leader in Italia per produzione, numero di imprese e di addetti.
Oltre a incentivare il settore, questa misura ha anche una valenza turistica ovvero l’obiettivo di promuovere le bellezze dei territori regionali attraverso le ambientazioni di lungometraggi, fiction, documentari e film di animazione, distribuiti in tutto il mondo. Ha sostenuto Zingaretti: “in questi anni, abbiamo dimostrato con i fatti di credere nel cinema come parte fondamentale della nostra cultura e identità e come elemento indispensabile per la vita del nostro territorio. Nonostante il brusco stop dovuto alla pandemia e ora anche alla guerra in Ucraina, sappiamo che il nostro cinema, il cinema italiano, è vivo ed è pronto ad affrontare nuove sfide, anche a livello internazionale”.
Il Presidente della Regione Lazio ha tracciato anche una sorta di pre-consuntivo: “come Regione dal 2013 abbiamo investito oltre 150 milioni di euro a sostegno del mondo del cinema e dell’audiovisivo, diventando punto di riferimento per un settore in costante crescita e con enormi potenzialità. E anche in questa fase di difficoltà, stiamo continuando a sostenere il comparto e le imprese, confermandoci come la Regione che investe di più: quasi 30 milioni di euro. Inoltre, abbiamo costituito un Ufficio Cinema, con la doppia missione di essere punto di riferimento e armonizzare, seguendo un’unica strategia, tutte le diverse azioni che riguardano il settore. Vogliamo esserci, dal momento in cui nasce l’idea di un film fino a quando il film arriva nelle sale. E infine il cinema rappresenta uno dei target di investimento della programmazione europea 2021/2027. Tra gli investimenti già previsti, c’è quello importantissimo di Lazio Cinema International con 70 milioni di euro nei prossimi 7 anni, oltre al nuovo Bando cinema da 9 milioni di euro che stiamo per presentare”.
Anche nella nuova “Programmazione Europea”, la Regione Lazio sostiene infatti questa misura: sono 70 i milioni di euro complessivi stanziati fino al 2027. Per il 2022, sono 10 i milioni di euro divisi in due “finestre” ognuna da 5 milioni ciascuna. Il bando finanzia “piccole medie imprese” (Pmi), singole o in aggregazione, già iscritte al Registro delle Imprese o a un registro equivalente in uno Stato membro dell’Unione europea, che siano “produttori indipendenti” in ambito di produzione cinematografica, di video e di programmi televisivi…
Zingaretti ha concluso simpaticamente: “insomma, il Lazio c’è e vuole dare spettacolo”. È stato anche lanciato un nuovo portale, che si pone come luogo di disseminazione di informazioni utili e buone pratiche: www.lazioterradicinema.it
Segue buffet.
Non si può non riconoscere l’impegno intenso manifestato dalla Giunta Zingaretti, quel che sarebbe opportuno conoscere è la ricaduta effettiva nel tessuto del sistema cinematografico e audiovisivo regionale e regionale. Per esempio, sarebbe interessante sapere quanti dei tanti film sostenuti dalla Regione Lazio abbiano avuto una uscita – anche soltanto di 1 giorno uno – nelle sale cinematografiche di Roma e del resto del Lazio… Temiamo che, se qualcuno elaborasse queste statistiche, i risultati sarebbero sconfortanti. Non è tutto oro quel che luccica.
Non basta spendere qualche numero “roboante” e produrre dei promo accattivanti da veicolare nei festival e nei mercati all’estero.
Sarebbe necessario uno studio approfondito, una valutazione di impatto, anche per comprendere due fenomeni patologici del sistema italiano: il crollo nel consumo di cinema nelle sale cinematografiche e la modestissima capacità di penetrazione dei mercati internazionali da parte dei film “made in Italy”. Al di là dell’apprezzabile impegno della Regione Lazio, che peraltro iniziò a manifestare sensibilità su queste materie fin dalla Giunta guidata da Piero Marrazzo.
Nessi e disconnessi… Si organizzano gli “Stati Generali Mondo del Lavoro Cultura”, ma senza coinvolgere sindacati e… lavoratori
Esiste un nesso tra la depressione dell’assemblea di base del Teatro Valle Occupato e l’entusiasmo istituzionale della presentazione del bando “Lazio Cinema International” al WeGil?!
Sebbene si tratti di iniziative che riguardano due settori diversi del sistema culturale (teatro il primo, cinema il secondo), riteniamo che queste due iniziative confermino come esista un problema di “comunicazione” e di “interazione” tra società civile ed istituzioni, con un ruolo ancora deficitario della “politica”…
Una conferma di queste contraddizioni – storiche, attuali e latenti – è venuta da un’altra iniziativa alla quale abbiamo assistito questa mattina, con discreto sconcerto.
Con la benedizione del Sindaco Roberto Gualtieri (è intervenuto per un saluto l’Assessore alla Cultura Miguel Gotor), sono stati presentati in Campidoglio – nella Sala “Laudato Sì” – gli “Stati Generali del Mondo Lavoro della Cultura”, che si terranno a Roma da 21 a 24 giugno.
Oltre 60 relatori affronteranno tematiche come le nuove competenze ed il nuovo mecenatismo, il rapporto tra pubblico e privato, “Fin Tech” (la cosiddetta “TecnoFinanza”) e, ancora, musei come “asset” del turismo, divulgazione culturale, progetti di sviluppo dedicati alle città d’arte, per un rilancio della cultura che passi anche da maggiori tutele per i lavoratori di un settore in cui la creativita’ si accompagna alla discontinuità e all’atipicità… Sono questi alcuni dei temi che animeranno la seconda edizione di questi “Stati Generali Mondo Lavoro della Cultura”, che si terranno Roma presso Palazzo Bonaparte (Piazza Venezia). Finalmente possibili in presenza (dopo una prima edizione virtuale, svoltasi l’anno scorso a Parma).
Gli Stati Generali coinvolgeranno gli oltre 60 relatori in 8 meeting, per rivolgersi a una folta platea di aziende di settore, manager, istituzioni, associazioni, artisti, ricercatori e studenti, con l’obiettivo (assai ambizioso) di farsi promotori – dopo lo stop forzato dovuto alla pandemia – di un nuovo inizio per il mondo della cultura e dell’arte a partire proprio dal lavoro.
Come ha spiegato, con entusiasmo (anche qui…), Pier Carlo Barberis, fondatore nel 2019 degli “Stati Generali Mondo Lavoro”, presentando la manifestazione in Campidoglio, “non si parlerà di crisi, daremo spazio solo a chi porta soluzioni e positività”. Evitando di focalizzarsi sui problemi con cui il settore combatte da anni e concentrandosi solo su punti di forza e buone pratiche, gli Stati Generali – organizzati in collaborazione con Arthemisia, con il sostegno di Generali Valore Cultura – proveranno a tracciare la strada per realizzare concretamente un cambiamento, nella convinzione che parlare di cultura significa parlare anche di economia…
Anche in questo caso, ottimismo a gogò, e soltanto – come dire?! – energia positiva.
È questo il modo giusto per far incontrare la società e le istituzioni, gli artisti e gli organizzatori culturali e la politica, in un territorio così delicato qual è la cultura?! Non ci sembra proprio.
Da segnalare che, nel ricco programma, nonostante l’iniziativa si intitoli “Stati Generali” e specificamente del “Lavoro”, non risulta coinvolto 1 rappresentante (uno) dei sindacati e dei lavoratori, e nessuna delle realtà associative del sistema culturale italiano che combattono da anni contro le condizioni di precariato che caratterizzano buona parte del mercato del lavoro (ci limitiamo a citare Mi Riconosci? Sono un professionista dei beni culturali)… Nel giro di interventi istituzionali alla presentazione, di fronte ad un uditorio di una ventina di persone, va dato atto che soltanto l’Assessore Miguel Gotor ha fatto un cenno alle criticità del mercato del lavoro culturale italiano e va segnalato l’intervento della ex Ministra pentastella senatrice Nunzia Catalfo, che ha enfatizzato le positività dell’iter del disegno di legge delega sulla riforma dello spettacolo (di cui è relatrice in Senato), che dovrebbe correggere molti degli errori dell’attuale sistema normativa del “lavoro culturale” in Italia, anche grazie a strumenti come l’ “indennità di discontinuità” (che ha registrato il plauso di artisti come Manuel Agnelli e Vittoria Puccini): se son rose, fioriranno, ma sia consentito mantenere perplessità… Il provvedimento deve ancora affrontare l’esame della Camera dei Deputati…
Il Consigliere “dem” in Campidoglio Mariano Angelucci ha annunciato che nei prossimi mesi si terranno nella Capitale altre edizioni degli “Stati Generali” promossi da Pier Carlo Barberis: a settembre, una sessione dedicata allo “sport”, a dicembre al “cinema”, e nel corso del 2023 quelle focalizzati su “turismo” e “moda”: non resta che augurarsi che la composizione dei “panel” sia più plurale e dialettica, e coinvolga non soltanto istituzioni ed imprese, ma anche la realtà artistico-sociale che anima questi settori vitali della socio-economia nazionale. Una realtà artistica e sociale che è in grande (in)sofferenza, anche se i media mainstream” non le dedica adeguata attenzione.
Il rischio di “mondi paralleli” che non colloquiano tra loro e di un conseguente cortocircuito tra società civile (e comunità culturali) ed istituzioni – e quindi politica – è sempre latente. Sfuggire le contraddizioni in essere e non affrontare il toro per le corna è una dinamica che non contribuisce allo sviluppo dialettico del sistema culturale nazionale. Ed alla elaborazione di politiche culturali che non siano nasometriche, contingenti ed imposte dall’alto dal principe di turno, ma elaborate, partecipate e condivise dalla comunità culturale.