Siria, la Turchia si scaglia contro al decisione di Washington di armare i curdi
11 mag 11:32 – (Agenzia Nova) – La Turchia ha reagito con durezza alla decisione della Casa Bianca di armare le Unita’ di protezione popolare curdo-siriane (Ypg) in vista dell’offensiva di terra contro la capitale autoproclamata dello Stato islamico in Siria, Raqqa. Ankara, ritiene lo Ypg un’organizzazione terroristica vicina al Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk), e proprio contro le milizie curde ha avviato una campagna militare nel nord della Siria. “Voglio credere che tutti gli alleati della Turchia si schiereranno con noi, e non con organizzazione terroristiche”, ha detto ieri il presidente turco, Rece Tayyip Erdogan, che tra pochi giorni dovrebbe recarsi in visita ufficiale a Washington. “Spero che questo errore verra’ emendato il prima possibile”. Il primo ministro turco, Binali Yildirim, ha denunciato a sua volta la decisione del governo Usa: “Per noi non e’ possibile accettare un’iniziativa che implichi il sostegno diretto o indiretto al Pkk”, ha detto il premier. Il ministro degli Esteri, Mevlut Cavusoglu, in visita nel Montenegro, ha usato parole ancora piu’ dure. “Ogni arma che finisce nelle mani dello Ypg costituisce una minaccia per la Turchia. Gli Stati Uniti sono perfettamente consapevoli della nostra posizione. Durante la nostra visita a Washington ribadiremo le nostre ragioni a Trump. Il segretario della Difesa Usa, Jim Mattis, ieri ha provato a ridimensionare la gravita’ dello strappo con Ankara: “Fugheremo ogni preoccupazione”, ha detto il segretario. “Non sono affatto preoccupato per la nato ne’ per le relazioni tra i nostri paesi. Non fila sempre tutto liscio, ma risolveremo tutti i problemi”. Nella serata di ieri fonti del governo Usa hanno annunciato che Washington e Ankara espanderanno gli sforzi di intelligence congiunti per aiutare il governo turco a contrastare piu’ efficacemente gli “obiettivi terroristici” nella regione. Stando alle fonti governative citate dal “Wall Street Journal”, gli usa rafforzeranno la loro presenza e le risorse presso il “centro di fusione dell’intelligence” gia’ operativo ad Ankara, per aiutare la Turchia a individuare piu’ efficacemente i militanti del Pkk.
© Agenzia Nova – Riproduzione riservata
Usa, per media e Democratici il licenziamento del direttore dell’Fbi e’ un attentato alle istituzioni
11 mag 11:32 – (Agenzia Nova) – Non accennano a placarsi, ed anzi si ingigantiscono, le polemiche seguite alla decisione improvvisa del presidente Usa, Donald Trump, di licenziare il direttore del Federal Bureau of Investigation (Fbi), James Comey. I Democratici, assieme a importanti media e organi d’informazione notoriamente critici nei confronti del presidente Usa – come “Washington Post” e “New York Times” – accusano apertamente Trump di aver allontanato Comey per insabbiare le indagini dell’Fbi in merito all’ipotetica collusione tra i collaboratori del presidente e il governo russo. Tra gli esponenti di primo piano del Partito democratico, cosi’ come nei media, in molti accusano addirittura il presidente di aver compiuto un “golpe”, e di avere attentato alla Costituzione, che pero’ attribuisce espressamente al presidente l’autorita’ di licenziare i funzionari governativi non eletti. Nel frattempo, emergono indiscrezioni di rilievo in merito alla recente attivita’ di Comey all’interno dell’Fbi e retroscena in merito alla decisione di Trump di allontanare il capo dell’agenzia investigativa. Stando a fonti anonime dell’Fbi riprese dalla stampa Usa, nelle ultime settimane Comey aveva chiesto al dipartimento di giustizia piu’ risorse nell’ambito delle indagini sulla presunta collusione tra l’amministrazione Trump e la Russia, ed aveva ordinato di ricevere aggiornamenti quotidiani, e non piu’ settimanali, in merito alle indagini. Stando alle fonti, Comey aveva rivolto la richiesta al vice procuratore generale Rod Rosenstein la scorsa settimana. Secondo la “Washington Post” e il “New York Times”, che citano altre fonti anonime, stavolta della Casa bianca, non e’ vero, come suggerito dall’amministrazione presidenziale nelle ultime ore, che sia stato proprio Rosenstein a chiedere per primo il licenziamento del direttore dell’Fbi. Sarebbe stato il presidente, secondo la “Washington Post”, ad aver maturato la decisione negli ultimi giorni, adirato per l’inazione di Comey di fronte alle incessanti fughe di notizie riservate dall’agenzia e per il trascinarsi delle indagini, sinora inconcludenti, sulle presunte relazioni tra l’amministrazione presidenziale e Mosca, oltre che per la decisione del direttore dell’Fbi di smentire pubblicamente il presidente in merito alle presunte intercettazioni ai suoi danni durante la campagna elettorale dello scorso anno. L’epilogo di martedi’, ammette il “New York Times”, era prevedibile: per Trump – e del resto per gli stessi Democratici, che al direttore dell’Fbi imputavano la sconfitta di Hillary Clinton alle presidenziali – Comey era un “cane sciolto” inaffidabile. Per Comey, il presidente era una mina vagante, che coi suoi tweet “infangava l’immagine dell’agenzia”. Ieri il presidente ha reagito con durezza alla pioggia di accuse piovute sul suo capo, e che secondo le indiscrezioni dei principali quotidiani Usa, il presidente non si aspettava: la Casa Bianca, sostiene sempre la “Washington Post”, credeva che il licenziamento di Comey sarebbe stato accolto favorevolmente anche dai Democratici. Questi ultimi, invece, hanno paragonato la mossa del presidente ai tentativi di insabbiamento di Richard Nixon durante lo scandalo Watergate. Eppure, come ammettono gli stessi quotidiani che sposano questa accusa, l’allontanamento di Comey, lungi dal gettare una cappa di silenzio sulle indagini a carico dell’amministrazione, le hanno gettate al centro del dibattito pubblico. E se la leadership repubblicana si e’ schierata a sostegno del presidente, diversi senatori della maggioranza lo hanno apertamente contestato. Secondo lo stratega del Partito repubblicano Kevin Madden, “l’unica certezza, ora, e’ che il senso di caos istituzionale proseguira’, non soltanto nelle agenzie di pubblica sicurezza, ma anche al Congresso. Ogni singolo legislatore alla Camera e al Senato sara’ costretto a prendere una posizione”. Nel frattempo, si moltiplicano le richieste di una “indagine indipendente” sui presunti contatti tra la Russia e la squadra di Trump.
© Agenzia Nova – Riproduzione riservata
Spagna, l’Ue rivede ancora al rialzo le stime di crescita
11 mag 11:32 – (Agenzia Nova) – Piu’ crescita, meno disoccupazione, meno deficit. La stampa spagnola festeggia in anticipo il rapporto di primavera che la Commissione europea pubblica oggi sull’andamento delle economie dei paesi membri. Bruxelles rivede al rialzo i pronostici assegnando a Madrid una crescita del 2,8 per cento, mezzo punto in piu’ rispetto alla stima fatta a febbraio. migliora sensibilmente anche il fronte del deficit: dal rapporto 3,5 per cento sul pil ipotizzato tre mesi fa, si passa al 3,2 per cento di oggi. Un buon successo anche se, sottolinea “El Mundo”, ancora insufficiente a rispettare la soglia del 3,1 per cento che Madrid ha promesso di rispettare per il 2017. L’accelerazione manterrebbe il suo smalto anche per il 2018, garantendo alla Spagna una crescita del 2,4, tre decimali in piu’ di quanto stimato a febbraio, e un deficit al 2,6 per cento, rispetto al 2,9 della precedente lettura. I pronostici danno respiro al governo di Mariano Rajoy riducendo di netto le richieste di manovre correttive che l’Unione aveva avanzato per rispettare i parametri comunitari. E confermano nella sostanza le valutazioni anticipate a inizio settimana dal ministro dell’Economia Luis de Guindos. Ma e’ da tempo che la Moncloa avverte le autorita’ comunitarie del buono stato di salute dell’economia spagnola segnalando ad ogni occasione che le stime ufficiali sull’andamento erano anche tenute al ribasso per prudenza. Il governo e’ convinto che la crescita del Pil, a fine anno, sara’ superiore al 3 per cento. Fonti comunitarie rivelano oggi che a febbraio si temevano effettivamente “segni di decelerazione” ma che le cose sono andate diversamente e pure che per la disoccupazione, voce sulla quale storicamente la Spagna e’ penalizzata: nel 2017 la quota potrebbe scendere al 17 e al 15 nel 2018.
© Agenzia Nova – Riproduzione riservata
Brasile, Lula supera il primo interrogatorio e appare sempre piu’ pronto a guidare il paese
11 mag 11:32 – (Agenzia Nova) – “Vivo” e sempre piu’ pronto a candidarsi alla guida del paese. Finito l’atteso e controverso interrogatorio al Tribunale di Curutiba, l’ex presidente Luiz Inacio Lula da Silva ha incontrato la piazza piena di seguaci – soprattutto quelli del “suo” Partito dei lavoratori – per ribadire quanto viene dicendo da tempo. I processi istruiti ai suoi danni sono “farse” che non poggiano su prove concrete, la persecuzione mediatica e’ un vero e proprio “massacro” e per mettere mano a un paese allo sfacelo forse servira’ “un metalmeccanico con gli studi elementari”. Se i sondaggi non mentono, Lula – ancora capace di sintonie con una buona parte del paese – appare il grande favorito per le presidenziali del 2018. Una corsa nella quale si rivela cruciale la battaglia con la giustizia. Non solo perche’, come da suo impegno, se uno dei cinque processi aperti a suo carico decreta una responsabilita’ Lula rinuncera’ a candidarsi, ma anche per il peso che potra’ avere la polemica condotta contro l’operato della magistratura. “Mi aspettavo di vedere prove, non interpretazioni”, ha detto l’ex capo di Stato nel giorno del suo esordio dinanzi a Sergio Moro, giudice “star” dei processi sulla corruzione. “Deve essere chiaro che non ho nulla di personale contro di lei”, e che le accuse “sono fatte dalla procura mentre io dovro’ solo giudicare, sulla base delle prove, circa la sua colpevolezza”, ha detto Moro prima di dare il via all’interrogatorio. Il dibattimento, piu’ di cinque ore, e’ tutto raccolto in video che il tribunale ha diffuso e che si ritrovano integrali su tutti i media. Cuore del processo, l’accusa di corruzione che grava su Lula: in cambio di alcune concessioni alla impresa di costruzioni Oas, l’ex presidente avrebbe accettato un appartamento a tre piani sul litorale di San Paolo. Lula nega tutte le accuse e denunciando la mancanza di prove consistenti, rilancia con il suo stile: una casa in riva al mare? ma se “a mia moglie neanche piaceva la spiaggia”. A Curitiba, citta’ che per mesi e’ stata la culla delle critiche a Lula, il leader ha trovato una piazza scaldata da settimane di polemiche e ha messo nel mirino la stampa: “arrivera’ un momento in cui si dimostrera’ che mai prima nella storia recente del Brasile c’e’ stato qualcuno piu’ perseguitato e massacrato”. L’ex presidente e’ arrivato a calcolare il tempo che il “Jornal nacional”, notiziario della tv Globo, ha speso per il suo accanimento. L’equivalente “di dodici partite tra Real Madrid-Barcelona”, ha detto.
© Agenzia Nova – Riproduzione riservata
Regno Unito, gli agricoltori hanno bisogno di un accordo con l’Unione Europea
11 mag 11:32 – (Agenzia Nova) – Il quotidiano britannico “The Times” inaugura una serie di approfondimenti tematici settimanali in vista dell’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea. Il primo riguarda il settore dell’agricoltura, trascurato nella campagna elettorale per le politiche dell’8 giugno. “Ci stiamo lentamente rendendo conto che la Brexit potrebbe essere un incubo per gli agricoltori. Non saremo nel mercato unico ne’ nell’unione doganale e i nostri sussidi saranno annullati, un doppio colpo per noi. Non sono sicuro se molti riusciranno a sopravvivere”, racconta un allevatore dell’area protetta di Exmoor, Guy Thomas-Everard. E ancora: “I conservatori sono il partito della campagna, ma si puo’ star certi che nei negoziati sulla Brexit lotteranno piu’ duramente per la City di Londra che per gli agricoltori. Un agnello britannico su cinque viene mangiato in Francia. Abbiamo bisogno di un mercato europeo”. Gli allevatori temono, inoltre, in caso di accordi commerciali con paesi extracomunitari, che i supermercati vengano invasi da carni di importazione a basso costo, dagli Stati Uniti o dall’America Latina. Mark Bannerman, pollicoltore del Suffolk, avverte che il settore e’ vulnerabile: molti hanno reipotecato i terreni per acquistarne altri e potrebbero finire in bancarotta. La National Farmers Union, l’associazione di categoria, ha presentato una serie di richieste; i Tory ne hanno accolte 22 nel loro programma, i liberaldemocratici 15 e il Labour 10; l’Ukip, il Partito per l’indipendenza del Regno Unito, sta facendo progressi nell’elettorato rurale. Finora, pero’, l’unico tema citato in campagna elettorale, dalla premier, Theresa May, e’ stato quello della caccia alla volpe coi cani. Eppure un quarto della popolazione inglese vive nelle aree rurali. I Lib Dem propongono la sostituzione delle sovvenzioni con un “servizio sanitario naturale” e con aiuti agli agricoltori che proteggono l’ambiente e producono alimenti sani. L’ex sottosegretario conservatore all’Ambiente Owen Paterson cita gli esempi della Nuova Zelanda, che ha incrementato l’innovazione tecnologica, la produttivita’ e le esportazioni dopo l’abolizione dei sussidi diretti. Il governo ha promesso di mantenere l’attuale livello di sovvenzioni, che ammontano a circa tre miliardi di sterline all’anno, fino al 2020, ma non si sa nulla su cio’ che accadra’ dopo. L’industria alimentare vale 26,9 miliardi, piu’ di quelle automobilistica e aerospaziale messe insieme. Nell’Ue vengono esportati cibi e bevande per undici miliardi, il 60 per cento delle esportazioni totali. Ottantamila lavoratori comunitari sono impiegati ogni anno nella raccolta di frutta e verdura, il 98 per cento della manodopera.
© Agenzia Nova – Riproduzione riservata
Regno Unito, i piani del Labour per rinazionalizzare energia, ferrovie e poste
11 mag 11:32 – (Agenzia Nova) – Il Labour, principale partito di opposizione del Regno Unito, si impegnera’ a rinazionalizzare l’energia, le ferrovie e le poste nel suo programma elettorale per le politiche dell’8 giugno, il piu’ radicalmente di sinistra da una generazione. Lo rivela il tabloid “Mirror”, che ha ottenuto una bozza del documento. Tra le promesse, sei miliardi di sterline all’anno in piu’ per il servizio sanitario nazionale e 1,6 miliardi in piu’ per l’assistenza sociale; l’abolizione delle tasse universitarie (costo stimato: sette miliardi di sterline) e la costruzione di centomila alloggi popolari all’anno, in parte da destinare ai senzatetto, sotto la supervisione di un nuovo ministero per la Casa, che imporrebbe anche un freno agli affitti privati in linea con l’inflazione. Un nuovo ministero del Lavoro darebbe impulso ai diritti dei lavoratori e accantonerebbe il piano per l’innalzamento dell’eta’ pensionabile al di sopra dei 66 anni. Il testo contiene anche proposte gia’ annunciate, come i cinque miliardi di sterline per l’istruzione, diecimila agenti di polizia in piu’ e investimenti per 250 miliardi per aggiornare le infrastrutture. Il leader, Jeremy Corbyn, del resto, aprendo la campagna elettorale a Manchester martedi’, aveva annunciato di voler trasformare la Gran Bretagna: “Stiamo tracciando una linea. Tre decenni di privatizzazioni – dall’energia alle ferrovie, dalla sanita’ all’assistenza sociale – hanno reso qualcuno molto ricco. Ma non hanno arricchito le vite della maggioranza”. Complessivamente il progetto, che deve ancora essere ritoccato e la cui pubblicazione e’ prevista per la prossima settimana, e’ caratterizzato da grandi impegni di spesa per migliorare i servizi pubblici. Il partito, pero’, assicura la copertura finanziaria e conferma l’impegno a ridurre il deficit e a pareggiare il bilancio entro la fine della prossima legislatura. I piani di spesa, dell’ordine di decine di miliardi di sterline, sarebbero quasi interamente finanziati da nuove tasse a carico delle grandi imprese e dei piu’ ricchi. Circa venti miliardi di sterline all’anno sarebbero recuperati dalla revoca degli sgravi introdotti dai conservatori a partire dal 2010. Quanto alle persone fisiche, gli aggravi riguarderebbero i redditi superiori alle 80 mila sterline all’anno, il cinque per cento del totale. I sei miliardi di sterline raccolti dai piu’ abbienti sarebbero indirizzati alla sanita’, per ritoccare gli stipendi del personale e ridurre i tempi di attesa dei pazienti. Uno dei punti piu’ rilevanti e’ il ritorno dell’energia pubblica: le compagnie private esistenti continuerebbero a operare, ma in ogni regione verrebbe creato un competitor di proprieta’ pubblica, che applicherebbe tariffe piu’ basse per indurre la concorrenza a fare altrettanto. Un governo del Labour, inoltre, assumerebbe il pieno controllo della National Grid, la rete elettrica nazionale, e le funzioni politiche dell’Ofgem (Office of Gas and Electricity Markets), l’autorita’ di vigilanza sui mercati del gas e dell’elettricita’. Anche la Royal Mail tornerebbe di proprieta’ dello Stato. Sarebbero, inoltre, create compagnie pubbliche di autobus e, a scadenza dei franchising privati, anche le ferrovie sarebbero rinazionalizzate; sui treni pubblici niente piloti automatici, tariffe congelate e wi-fi gratis. Oltre al Railways Act del 1993 sarebbero abrogati l’Health and Social Care Act del 2012, la legge che ha aperto alle privatizzazioni nel settore sanitario, e il Trade Union Act del 2016, che ha limitato alcuni diritti dei lavoratori. Sarebbero revocati quasi tutti i tagli al welfare, in particolare quelli alle prestazioni per i disabili. Un miliardo di sterline sarebbe investito per la cultura e l’arte. Il documento conferma il sostegno al programma di deterrenza nucleare Trident. Infine, per quanto riguarda l’immigrazione, non vengono indicate soglie: il Labour dichiara di non voler fare “false promesse” e sottolinea la necessita’ del lavoro degli immigrati per l’economia nazionale.
© Agenzia Nova – Riproduzione riservata
Francia, Macron lancia i suoi “marciatori” all’assalto dell’Assemblea Nazionale
11 mag 11:32 – (Agenzia Nova) – Emmanuel Macron continua a mantenere il segreto sui suoi prossimi passi: lo scrive il quotidiano conservatore “Le Figaro” sottolineando l’assoluta discrezione con cui lo staff del neoeletto presidente francese sta lavorando attorno alle scelte in vista dell’insediamento ufficiale, che dovra’ avvenire entro la mezzanotte di domenica prossima 14 maggio; nessuna indiscrezione e’ finora trapelata dal quartier generale di Macron sul nome del suo primo ministro ne’ su quelli dei componenti del suo governo, cosa che ovviamente contribuisce ad alimentare le voci piu’ disparate. Ma intanto la priorita’ del movimento del giovane neopresidente, ribattezzato “la Re’publique en marche” (“La repubblica in marcia”, ndr) e’ un’altra: infatti oggi giovedi’ 11 maggio saranno resi noti i candidati alle elezioni legislative dell’11 e 18 giugno prossimi, uno scrutinio che e’ un appuntamento cruciale per la costruzione di una maggioranza presidenziale in Parlamento. Da quel che si sa, saranno annunciati circa 450 dei 577 candidati inizialmente previsti per gli altrettanti seggi all’Assemblea Nazionale: e il motivo e’ il gran numero di auto-candidature ricevute all’ultimo momento, come ad esempio quella dell’ex primo ministro socialista Manuel Valls. I postulanti ad un posto nelle liste dei “marciatori” di Macron sono ben 16 mila! E tutti si sono dovuti sottoporre ad una lunga e faticosa procedura messa in piedi su internet dal movimento “En Marche!” (“In Marcia!”, ndr) per verificarne la “idoneita’”: esperienze professionali ed elettorali, eventuali mandati ricoperti a livello nazionale o locale, radicamento territoriale, attivita’ associative svolte, casellario giudiziario eccetera. I candidati respinti saranno informati via e-mail; i prescelti invece saranno avvertiti telefonicamente prima dell’annuncio ufficiale di oggi. I candidati, anche se provenienti da altri partiti, per essere investiti devono aver aderito alla “Re’publique en marche”, che nelle intenzioni di Macron si avvia a diventare un vero e proprio partito: Valls ha rifiutato di rinunciare alla sua appartenenza al Partito socialista, e per questo e’ assai improbabile che venga cooptato nelle fila dei “marciatori”.
© Agenzia Nova – Riproduzione riservata
Germania, ministro Difesa Von der Leyen: “Riformare Forze armate dalle reclute ai generali”
11 mag 11:32 – (Agenzia Nova) – Il ministro della Difesa tedesco, Ursula von der Leyen (Cdu), ha annunciato cambiamenti radicali nelle Forze armate tedesche, dopo l’arresto del militare estremista di destra Franco A. “Voglio segnalare alla commissione che le Forze armate stanno affrontando un profondo processo di trasformazione. Dobbiamo camminare insieme, dalle reclute ai generali, dai portavoce al Ministro”, ha detto il ministro di fronte alla commissione Difesa del Bundestag. Von der Leyen e’ sotto pressione per la vicenda di Franco A, ma anche per le critiche genericamente mosse alla totalita’ delle Forze armate nelle ultime settimane. Gli investigatori hanno arrestato martedi’ un altro sospetto, il 27enne Maximilian T.: sembra che i sospettati pianificassero un attentato contro figure politiche di alto profilo, con l’obiettivo di far ricadere la responsabilita’ sui rifugiati siriani. Secondo il capogruppo parlamentare dell’Spd. Thomas Oppermann, von der Layen deve assumersi la piena responsabilita’ di quanto accade nelle Forze armate, anziche’ puntare l’indice contro i sottoposti: “Il ministro deve garantire, attraverso una cultura di leadership, che siano scoperte le cause e identificati i responsabili”. Critiche sono state rivolte a von der Leyen anche dal parlamentare della commissione Difesa dell’Spd Rainer Arnold, che cosi’ si e’ espresso: “Il ministro si comporta come fosse un grande moralizzatore, in realta’ e’ responsabile lei stessa di una parte dei problemi”. Il ministro, sostiene l’esponente dell’Spd, sarebbe responsabile in particolare di non aver corretto gli interventi riformatori del suo predecessore, Thomas de Maizie’re (Cdu). Secondo un sondaggio di YouGov, il 52 per cento dei tedeschi ritiene che la von der Layen non abbia la leadership e l’attitudine adatte a guidare le Fa. Inoltre il 45 per cento pensa che le Forze armate abbiano un problema radicato di estremismo di destra. Il ministro von der Leyen, pero’, non e’ l’unico bersaglio delle critiche: i Servizi di controspionaggio militare tedeschi (Mad), infatti, sarebbero stati informati della pericolosita’ di Franco A. gia’ a fine febbraio del 2016, ma se ne sarebbero interessati solo diversi mesi piu’ tardi, nel novembre dello scorso anno. E’ quanto sostiene il settimanale tedesco “Stern”, che cita fonti del ministero della Difesa secondo cui la commissione Difesa del parlamento otterra’ presto delucidazioni in proposito. Il ministro della Difesa, Ursula von del Layen (Cdu), sotto pressione da parte delle opposizioni parlamentari e di parte della coalizione di governo, ha annunciato profondi interventi di riforma delle Forze armate. Il parlamentare dell’Spd, Rainer Arnold, ieri ha criticato duramente il Mad, che a suo dire “archivia i casi di estremismo di destra anziche’ vigilare sui responsabili”. I servizi di controspionaggio, per, scontano una grave carenza di risorse e personale. Il Mad ha un deficit di organico del 22 per cento. Un altro membro della commissione Difesa, il parlamentare della Cdu Henning Otte, ha invece ribadito la propria fiducia nelle Forze armate, dichiarando all’agenzia “Dpa”: “Stiamo parlando di una manciata di casi. Ho piena fiducia nei militari e nei membri delle nostre Forze armate, che ogni giorno fanno il loro dovere. Comunque e’ giusto non sminuire e proseguire con le indagini”.
© Agenzia Nova – Riproduzione riservata
Germania, ministro Interno de Maizie’re sostiene controllo dello Stato sul web: “La segretezza esiste solo per Harry Potter”
11 mag 11:32 – (Agenzia Nova) – Durante un intervento all’annuale conferenza sull’informatica “re:publica”, il ministro dell’Interno tedesco Thomas de Maizie’re (Cdu) ha sostenuto l’esigenza di subordinare la rete da parte dello Stato, rimediando rumorose contestazioni da parte della platea. Lo scorso anno lo stesso trattamento era stato riservato all’allora commissario europeo per la digitalizzazione Guenther Oettinger. La scarsa popolarita’ di cui de Maizie’re gode tra gli attivisti della rete e’ nota, soprattutto per quanto riguarda le comunicazioni crittografate. Il ministro dell’Interno e’ favorevole all’accesso e alla conservazione dei dati da parte delle autorita’, e un disegno di legge approvato dal governo proprio nelle ultime ore estende queste pratiche anche al contrasto di reati ordinari come i furti con effrazione. Secondo de Maizie’re, “la distinzione tra il mondo online e quello offline e’ obsoleta”, e i diritti digitali sono una rivendicazione infondata. “la segretezza esiste solo per Harry Potter”, ha detto il ministro. “L’idea di essere completamente anonimi nella rete e’ quantomeno fuorviante”, ha ribadito. “Sul nostro suolo non tollereremo nessun tipo di spionaggio”, ha proseguito fra le risa della platea: poco prima, altri relatori avevano duramente contestato l’espansione tentacolare delle attivita’ dell’Intelligence tedesca sotto de Maizie’re. Il Ministro ha spiegato che le autorita’ responsabili della sicurezza informatica guardano in tutte le direzioni, “verso Est, ma anche verso Ovest”. Altre critiche sono piovute sul ministro quando ha parlato di una banca dati contenente le impronte digitali dei rifugiati. Particolarmente critico nei confronti del ministro e’ stato il leader dei Pirati Patrick Schiffer, che pero’ e’ stato a sua volta fischiato dalla platea.
© Agenzia Nova – Riproduzione riservata
Renzi parte alla guerra di Roma, “la citta’ piu’ sporca d’Italia”
11 mag 11:32 – (Agenzia Nova) – Matteo Renzi ha deciso di fare la sua marcia su Roma, non per riconquistare il potere ma per ripulirla: cosi’ il quotidiano economico francese “Les Echos” presenta la campagna lanciata dall’ex presidente del Consiglio italiano per ripulire quella che ha definito “la citta’ piu’ sporca d’Italia”. L’articolo del corrispondente Olivier Tosseri da’ il titolo alla rubrica di prima pagina “Succede in Europa” e riferisce che con il grido di guerra “puliamo Roma” Renzi ha mobilitato le truppe del suo Partito democratico (Pd), che domenica prossima 14 maggio indosseranno una t-shirt gialla per sgomberare le strade della capitale dall’immondizia: con questo colpo di mano, spera di riguadagnare popolarita’ nella capitale governata dalla sindaca Virginia Raggi del Movimento 5 stelle (M5s). L’evento avra’ un’ampia eco mediatica, soprattutto su internet, ma “l’emergenza spazzatura” e’ tutt’altro che virtuale: la Citta’ eterna infatti crolla sotto la sporcizia, i pochi cassonetti traboccano e le strade anche nel centro storico sono invase dall’immondizia. M5s e Pd si addossano reciprocamente la responsabilita’ del degrado, ma la polemica tra partiti non puo’ far dimenticare il fallimento della Raggi, che non e’ riuscita a mantenere la promessa elettorale di risolvere questo problema strutturale della capitale. L’Ama, la societa’ municipale incaricata della gestione dei rifiuti, continua ad essere oberata dai debiti ed il suo pletorico personale continua a non mostrare particolare ardore nell’adempiere la sua missione: e quindi la citta’ continua a disfarsi della sua spazzatura inviandola lontano dal proprio territorio, a dispetto della legge che invece prevede l’esatto contrario e cioe’ che sia trattata localmente. Camion carichi di immondizia partono quotidianamente verso gli Abruzzi e verso l’Austria, Roma impiega persino delle navi per trasportare i rifiuti fino in Portogallo: nei prossimi 10 anni questa esternalizzazione della gestione dei rifiuti costera’ al Comune gia’ super-indebitato altri 2 miliardi di euro. Il M5S aveva promesso di voler prendere il potere per “ripulire Roma” in tutti sensi, conclude il reportage di “Les Echos”, ma i suoi abitanti attendono ancora che questa pulizia cominci ameno dalle strade della capitale.
© Agenzia Nova – Riproduzione riservata