Elizabeth Denham, presidente dell’ICO, incontrerà i suoi colleghi del G7 martedì prossimo e sarà questa l’occasione per chiedere l’aiuto di tutti per superare l’annoso problema dell’invadenza dei cookie pubblicitari (ma non solo) online.
L’obiettivo quindi è coinvolgere Canada, Francia, Italia, Giappone, Usa e Germania. Nessun paese può superare il problema da solo, sostiene Denham, secondo cui soltanto uno sforzo comune con le aziende tecnologiche e le organizzazioni responsabili di fissare gli standard potrà consentire di affrontare questa sfida. Lo scrive il sito della BBC, aggiungendo che i cookie pop-up sono la bestia nera di singoli utenti della rete e di aziende che li considerano come fastidiosi ostacoli. Cookie pop-up di terze parti considerate come dei buchi neri del web anche dagli attivisti della privacy, per i quali si tratta di stratagemmi congegnati esclusivamente perché la gente non li guardi nemmeno. Una invasione bella e buona della privacy, fatti per accettare supinamente qualunque condizione (nessuno legge alla fine) pur di non doversi sottoporre alla lettura di pagine e pagine di indicazioni sulla privacy che ogni nuovo sito ci sottopone la prima volta che lo visitiamo.
La gente è stanca dei pop-up
“La gente è stanca di dover avere a che fare con tutti questi cookie pop-ups”, ha detto Denham. “Questa fatica fa s^ che la gente lasci molti più dati personali a disposizione di quanto realmente vorrebbe”. La soluzione secondo la presidente dell’ICO per evitare di dover rispondere ogni volta alle richieste dei cookie pop-up ogni volta che si visita un sito sarebbe di registrare nel browser o nella memoria del dispositivo una volta per tutte le preferenze dell’utente. Una volta per tutte. Il che consentirebbe il rispetto delle preferenze degli utenti in materia di privacy, con un miglioramento garantito della user experience.
Un approccio del genere, secondo l’ICO, sarebbe già fattibile dal punto di vista tecnologico e compatibile inoltre con la normativa sulla data protection.
Oggi come oggi, c’è già in atto un fervido dibattito sul futuro dei cookie di terze parti, con Apple da un lato che li limita di default e Google che invece persegue un nuovo standard che non prevede il consenso di altri produttori di software.
Il peso specifico superiore del G7 potrebbe spingere le tech company a fare qualcosa e a trovare una soluzione.