Obbligazioni verdi, 250 miliardi di euro per l’UE
Via libera dalla Commissione europea all’emissione di obbligazioni verdi o green bond per un valore complessivo di 250 miliardi di euro, pari al 30% dell’emissione totale del piano NextGenetationEU.
Il passo decisivo è stato reso possibile dall’adozione del Green Bond Framework da parte dell’Unione, strumento che garantisce a chi investe sulla certezza che i fondi mobilitati saranno destinati esclusivamente a progetti di sostenibilità ambientale, decarbonizzazione, efficientamento energetico e di crescita pulita.
L’attuale quadro per le obbligazioni verdi NextGenerationEU è stato elaborato in linea con i principi delle obbligazioni verdi dell’International Capital Market Association (ICMA), uno standard di mercato per questo tipo di obbligazioni.
Una decisione che ci avvicina ulteriormente agli obiettivi climatici e ambientali di metà secolo e che allo stesso tempo pone l’Europa come leader del settore: “L’intenzione dell’Unione di emettere fino a 250 miliardi di euro di obbligazioni verdi, da qui alla fine del 2026, ci farà diventare il più grande emittente di obbligazioni verdi al mondo. Questo è anche un segno del nostro impegno a favore della sostenibilità e pone la finanza sostenibile al centro dello sforzo di ripresa dell’Unione europea“, ha dichiarato in un comunicato ufficiale Johannes Hahn, Commissario per il Bilancio e l’amministrazione.
Come funziona il Green Framework
Come spiegato nel documento, la Commissione emetterà i buoni dell’UE esclusivamente mediante aste, che dovrebbero iniziare il 15 settembre.
I proventi delle obbligazioni verdi NextGenerationEU finanzieranno la quota di spesa pertinente per il clima nel dispositivo per la ripresa e la resilienza. Ogni Stato membro deve destinare almeno il 37 % del proprio piano nazionale di ripresa e resilienza a investimenti e riforme pertinenti per il clima.
In questo modo, gli Stati membri riferiranno alla Commissione in merito alle spese verdi effettuate e questa utilizzerà tali informazioni per mostrare agli investitori come i proventi delle obbligazioni verdi siano stati utilizzati per finanziare la transizione ecologica.
Secondo le indicazioni dell’Ue, i prevede la messa sul mercato delle obbligazioni verdi di NextGenerationEU mediante emissione sindacata nel mese di ottobre 2021.
Green bond nel mondo
A livello globale, invece, Governi e imprese potrebbero arrivare ad emettere obbligazioni verdi per oltre 500 miliardi di dollari di valore entro la fine del 2021, stando alle ultime stime della banca svedese SEB.
Secondo il Fondo monetario internazionale, invece, al momento sono attivi oltre 1.500 fondi azionari con il mandato per gli investitori di acquistare azioni di società con un buon punteggio riguardo alla valutazione ESG (Environmental, Social, and Corporate Governance), cioè riguardo alla responsabilità sociale, di buona governance e ambientale dell’impresa in riferimento all’operato attuale e quello futuro.
Per la prima volta, secondo la SEB, la priorità di Governi e istituti finanziari non è e non sarà la crescita, ma l’ambiente e il clima, perché la carenza di acqua, di cibo sicuro e aria pulita stanno diventando rischi troppo grandi da correre.
A livello mondiale, solo nei primi sei mesi dell’anno in corso, sono stati emessi da Governi e privati più di 800 miliardi di dollari di titoli ESG (la stessa quantità collocata nell’intero 2020).
I rischi di un assalto alla diligenza verde
In un articolo sul Sole 24 Ore, l’economista Marcello Minenna ha affermato che “nell’andamento parabolico delle emissioni sono riconoscibili alcuni segnali di una classica bolla speculativa, destinata a sfuggire in breve termine al controllo dei regulators”.
Il problema sembra risiedere nella classificazione dei diversi strumenti green a disposizione degli investitori. Non solamente green bond, che sono i più controllabili per certi versi, ma anche green loans, sustainability bonds, social bonds e altri ancora.
Questa offerta di strumenti finanziari consente alle imprese una maggiore capacità di raccolta ed utilizzo delle risorse finanziarie, operando anche in altri ambiti non proprio green e non propriamente legati alla sostenibilità ambientale o la riduzione delle emissioni di CO2, anche vicini ai combustibili fossili paradossalmente.
Si tratta di strumenti finanziari con trippe sfumature di verde e quelle con il verde più sbiadito potrebbero essere oggetto di attenzioni da parte degli investitori che trovano ancora conveniente puntare sulle imprese inquinanti che magari hanno un’alta probabilità di non centrare i propri obiettivi di sostenibilità, ma che garantiscono alta profittabilità nel breve periodo.
Sostanzialmente, in questo modo, si offre alle società “non green” di accedere a tali strumenti finanziari per raccogliere capitali poco costosi, senza nessun effetto positivo sulla transizione ecologica di cui abbiamo tanto bisogno.
In un mercato delle obbligazioni verdi in crescita esponenziale e dove i capitali affluiscono in grandi quantità è necessario innalzare il livello di controllo per evitare il solito e classico “assalto alla diligenza” da parte di organizzazioni che con clima e ambiente hanno poco a che fare.