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Google sotto accusa in 37 Stati USA, il suo Play Store soffoca la concorrenza

Google sotto processo negli USA

Sarà probabilmente una delle più grandi azioni antitrust intraprese negli Stati Uniti contro Google, il gigante tecnologico per antonomasia del nostro tempo. Secondo quanto riportato dalle principali testate online, i Procuratori Generali di 37 Stati americani si sono associati in una causa collettiva contro Google per abuso di posizione dominante esercitata tramite il suo Play Store.

Intentiamo questo processo per mettere fine al monopolio illegale di Google e per dare infine voce a milioni di consumatori ed imprenditori”, ha dichiarato il Procuratore Generale di New York, Letitia James, si legge su techcrunch.com.

Attraverso la sua condotta illegale, la multinazionale ha fatto in modo che centinaia di milioni di utenti Android si rivolgessero a Google, e solo a Google, per scaricare sui propri smartphone milioni di applicazioni”, ha affermato la James, aggiungendo: “Peggio ancora, Google sta spremendo la linfa vitale di milioni di piccole imprese che cercano solo di competere”.

Il procuratore generale di New York Letitia James è a capo della causa collettiva, insieme ai procuratori generali del Tennessee, della Carolina del Nord e dello Utah. La coalizione bipartisan è rappresentata al momento da 36 stati americani tra cui California, Florida, Massachusetts, New Jersey, New Hampshire, Colorado e Washington, oltre al Distretto della Columbia.

Le accuse (anche ad Apple)

Secondo l’accusa, Google sfrutta pratiche anti-concorrenziali per scoraggiare o rendere difficile la distribuzione di applicazioni destinate al sistema operativo Android al di fuori del suo Play Store. Non solo, il sistema di pagamenti proprietario di Mountain View percepisce anche laute commissioni sulle transizioni effettuate dagli utenti.

Non solo Google ha agito illegalmente per impedire ai potenziali rivali di competere con il suo Play Store – ha precisato il procuratore generale del Distretto della Columbia, Karl Racinema ha anche tratto profitto sia dal bloccare in modo improprio gli sviluppatori di app e i consumatori all’interno nel proprio sistema di elaborazione dei pagamenti, sia nell’addebitare commissioni elevate“.

In un post sul blog del motore di ricerca, poi rilanciato anche dal Financial Times, Wilson White, responsabile Public Affairs di Google, rispondendo alle accuse ha negato ogni costrizione o condizionamento nei confronti di sviluppatori e consumatori, definendo “strano” il fatto che un gruppo di procuratori generali “abbia scelto di intentare una causa attaccando un sistema che offre maggiore apertura e scelta rispetto ad altri“.

Secondo molti osservatori, le critiche rivolte a Google, in realtà, presto saranno rivolte anche ad altri giganti tecnologici, tra cui Apple. Che esercita un controllo anche maggiore sul proprio ecosistema di applicazioni mobili.

Proprio in questi giorni si attende l’esito della causa avviata da Epic Games contro Apple sempre per abuso di posizione dominante.

Il Congresso USA all’attacco delle Big Tech

A giugno, invece, è partita un’azione trasversale nel Congresso americano, divisa in sei progetti di legge condivisi da un gruppo misto di democratici e repubblicani, per limitare in chiave antitrust con più decisione i monopoli messi in atto dalle Big Tech come Google ed Apple, ovviamente, ma anche Amazon, Facebook e Microsoft.

I monopoli di questi colossi della tecnologia e di internet hanno troppo potere sull’economia nazionale e a livello globale, sono di fatto nella posizione di determinare chi vince e chi perde sul mercato, con gravi conseguenze per le imprese più piccole e per l’occupazione, ma anche per i consumatori, che si vedono aumentare i prezzi finali dei prodotti”, ha tuonato il democratico David Cicilline, presidente della commissione anti-monopoli alla Camera dei Rappresentanti.

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