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Google e Amazon nel mirino dell’Antitrust USA

Pratiche commerciali scorrette, concorrenza sleale e abuso di posizione dominante, ancora non è chiaro quali di queste accuse siano state formulate contro Google e Amazon, ma di certo pare che entrambe siano nel mirino dell’antitrust degli Stati Uniti, almeno secondo quanto è stato riportato sia dal Washington Post, sia dalla Reuters, nonché dalle principali testate statunitensi.
La Federal Trade Commission (FTC) e il Dipartimento di Giustizia (DoJ) del Governo americano starebbero sorvegliando da vicino i due giganti del web e presto potrebbero essere rese pubbliche le rispettive indagini.

A quanto riportato dal quotidiano americano, il Dipartimento di Giustizia potrebbe avere in carico la responsabilità dell’azione contro Google, mentre la FTC su Amazon. Leggendo i commenti sul Post, i rumors attorno alla faccenda potrebbero essere il diretto risultato di una richiesta di maggiori e più stringenti azioni regolatorie sulle due multinazionali, sempre più grandi, potenti e difficili da limitare, avanzate da diversi membri del Congresso americano, sia dai banchi dei democratici, sia dei repubblicani.
La senatrice Elizabeth Warren, si legge sempre nell’articolo del Post, ha recentemente minacciato indagini approfondite sia su Amazon, sia su Apple che su Facebook, offrendo il proprio sostegno al DoJ per un’eventuale azione contro Google.

Amazon sta raggiungendo un’enorme capacità di raccolta pubblicitaria, mettendo i piedi in diversi mercati e segmenti, arrivando a vendere di tutto, compresi materiali edili, rappresentando di fatto il 50% delle vendite online (ecommerce) negli Stati Uniti, abbassando e degradando il livello di concorrenza sul mercato nazionale. Ma se poco e niente è trapelato in relazione alle presunte indagini in corso su Amazon, qualcosa di più forse si sa riguardo a Google.

Il quotidiano ha infatti riportato due possibili azioni antitrust contro il gigante americano: abuso di posizione dominante per aver favorito i propri servizi e quelli delle aziende collegate sul proprio motore di ricerca, ovviamente a discapito delle altre e del livello generale di concorrenza del mercato americano; possibili pratiche commerciali scorrette sul mercato dell’advertising online (controlla un terzo del mercato mondiale).
In Europa, per lo stesso reato di concorrenza sleale, Google ha dovuto pagare 2,4 miliardi di euro di sanzioni, promettendo che avrebbe cambiato in maniera sostanziosa, più equa e trasparente, i criteri di classificazione dei risultati del motore di ricerca, senza favorire sè stessa o i propri partner commerciali.

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