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Google, dipartimento di Giustizia USA vuole Chrome sul mercato. Potrebbe valere 20 miliardi di dollari

Il DoJ vuole lo spezzatino di Google e Chrome va venduto, stretta anche sull’AI Gemini e Android

Nessuno se lo poteva immaginare, il browser di Google, Chrome, il più popolare e usato al mondo nelle ricerche online (il 65% del totale), che finisce sul mercato, in vendita, come un qualsiasi altro prodotto.

In effetti, è proprio difficile da immaginarsi, ma l’antitrust americana da tempo teneva sott’occhio il search engine della Big Tech californiana e ora che il dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti ha fatto la prima mossa tutto può succedere, a partire dal famoso ‘spezzatino‘.

Secondo quanto riportato in un articolo pubblicato su Bloomberg, il dipartimento chiederà al giudice federale Amit Mehta, che ad agosto aveva accusato Google di monopolizzare illegalmente il mercato delle ricerche, di imporre una stretta a Chrome, alla sua intelligenza artificiale (AI) Gemini (che non può sfruttare tutti i dati provenienti da Chrome) e al sistema operativo per smartphone Android (per evitare che privilegi Chrome rispetto ad altri mobile browser).

I funzionari antitrust, insieme agli stati che si sono uniti al caso, intendono inoltre raccomandare più stringenti requisiti di licenza sui dati (che vanno condivisi anche con i concorrenti).

Il ricorso di Google e l’arrivo (ritorno) di Trump

Se il giudice accettasse le proposte ci troveremmo di fronte ad un fatto epocale e a un potenziale rimodellamento del mercato miliardario delle ricerche online, nonché del nascente business dell’AI.

Certo, bisognerà vedere anche cosa ne penserà la nuova amministrazione targata Trump, visto che lui stesso aveva archiviato il caso nel suo primo mandato, riaperto poi dalla presidenza Biden.

Non a caso, Google ha già annunciato che presenterà ricorso, il che significa che il caso si prolungherà ben oltre il 20 gennaio, data in cui Donald Trump prenderà posto alla Casa Bianca, mentre la decisione finale del tribunale è attesa per l’estate 2025.

Google è la quarta azienda al mondo per capitalizzazione di mercato, per un valore stimato in 2,2 trilioni di dollari.

Possibile valore di mercato di Chrome circa 20 miliardi di dollari

Possedere il browser web più popolare al mondo è a dir poco fondamentale per il business pubblicitario di Google. L’azienda è oggi in grado di vedere, controllare e tracciare l’attività degli utenti registrati e di utilizzare tali dati per indirizzare in modo più efficace le promozioni, commerciali che generano la maggior parte dei suoi ricavi.

Google, ovviamente, ha anche utilizzato Chrome per indirizzare gli utenti verso il suo prodotto AI di punta, Gemini, che ha il potenziale per evolversi da un semplice answer-bot a un assistente virtuale personalizzato, che segue gli utenti in ogni attività, online e offline.

Un browser come Chrome, con oltre 3 miliardi di utenti attivi mensili, ha spiegato l’analisti di Bloomberg Intelligence Mandeep Singh, potrebbe arrivare a valere anche 20 miliardi di dollari.

L’attacco a Google ultimo colpo di Biden?

Tornando ai due Presidenti, secondo il Washington Post, l’attacco a Google potrebbe essere una delle ultime mosse di Joe Biden alla Casa Bianca. L’amministrazione Biden è stata già caratterizzata da un atteggiamento antitrust piuttosto aggressivo verso il mercato.

Tanto che proprio Biden aveva ripreso l’azione legale contro Google, che invece Donald Trump aveva cercato di archiviare durante il suo primo mandato.

Chiaro che adesso tutti guardino proprio al ritorno di “The Donald” e alle sue prime mosse, tra le quali potrebbe rientrare di nuovo il caso Google Chrome. Sull’argomento, ad esempio, potrebbe dire la sua anche l’imprenditore multimiliardario e co-segretario del nuovo dipartimento per l’Efficienza governativa, Elon Musk.

Non a caso, secondo quanto riportato da The Information, proprio Musk si sarebbe unito alla telefonata che il CEO di Google, Sundar Pichai, avrebbe fatto a Trump, per congratularsi della vittoria alle presidenziali USA (e magari per appianare qualche dissapore venuto a galla durante la lunga e intensa campagna elettorale americana).

Un processo questo che ricorda molto da vicino l’ultimo tentativo storico di limitare una Big Tech, quello degli anni ’90 del secolo scorso contro Microsoft, che si concluse con l’ordine di procedere con ‘lo spezzatino’ (con l’avvallo del Presidente Bill Clinton), ma che poi fu evitato, grazie ad un accordo in extremis tra il gigante di Redmond e il Presidente George W. Bush.

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