Dopo Google, anche le aziende Usa produttrici di chip e microchip – da Intel a Qualcomm, da Xilinx a Broadcom – si sono adeguate alla linea dettata dall’amministrazione Trump e hanno “tagliato i ponti” con Huawei, congelando le forniture destinate al colosso tecnologico cinese. Sul web i milioni di utenti che hanno acquistato smartphone e dispositivi Huawei sono preoccupati e si stanno chiedendo se a breve i loro device saranno inutilizzabili? Niente panico. Il ban di Google&Co riguarderà i nuovi dispositivi, per esempio gli smartphone 5G di Huawei: “Per le domande degli utenti Huawei in merito ai nostri passaggi per conformarsi alle recenti azioni del governo degli Stati Uniti: assicuriamo che, mentre rispettiamo tutti i requisiti del governo USA, servizi come Google Play e sicurezza di Google Play Protect continueranno a funzionare sui dispositivi Huawei esistenti”, ha comunicato l’azienda.
Concretamente sarà un duro colpo per Huawei quando scatterà effettivamente il bando, perché i suoi nuovi dispositivi non potranno più accedere alle prossime versioni di Android, al Play Store, Gmail, YouTube, Google Maps, ecc.. “e questo costringerebbe il produttore cinese a utilizzare solo la versione “open source” da Android”, ha detto ad AFP una fonte.
Ma perché il bando di Trump è rivolto solo a Huawei e non anche altre società di tlc cinesi?
Huawei è il simbolo della scalata della Cina per la supremazia mondiale nel settore tecnologico per questo motivo il ban di Trump del 15 maggio scorso è ad hoc per la società di telecomunicazioni fondata da Ren Zhengfei (e le sue 70 affiliate in Usa) e non rivolto anche agli altri produttori cinesi di dispositivi tecnologici, come Xiaomi, OnePlus, Oppo e Meizu. Huawei nel primo trimestre 2019 ha venduto 59,1 milioni di smartphone, ovvero il 19% di quota di mercato, più di Apple, anche se ancora dietro alla sudcoreana Samsung. Huawei è anche un player leader nel settore del 5G. In questo contesto va letto il bando della Casa Bianca, è una campagna di geopolitica di Donald Trump presentata per la sicurezza nazionale, ma manca ancora la prova schiacciante che dimostri che il colosso di Shenzhen agisca come agente di spionaggio della Cina. In realtà è il tentativo di frenare le ambizioni economiche della principale società di tlc della Cina, principale competitor degli Usa nella Tech war. In sostanza, dalla guerra fredda ad oggi non è cambiato nulla, “solo le armi“, come osserva Michele Mezza.
Francesco Boccia (PD): ‘Europa inerme, serve indipendenza tecnologica’
“La decisione di Google di revocare la licenza per l’uso di Android al colosso cinese Huawei è l’ultimo atto dello scontro USA-Cina in cui l’Europa è tristemente spettatrice. Al cospetto di americani, russi, cinesi, siamo un vaso di coccio, quando dovremmo puntare, mai come ora, all’indipendenza tecnologica”, ha proposto Francesco Boccia, deputato PD in un post su Facebook.
“L’Italia oggi può fare la sua parte”, ha aggiunto Boccia, “con i nostri straordinari politecnici, i centri di eccellenza e le tante imprese che camminano solo con le loro gambe. Serve un patto politico tra i grandi Paesi UE per puntare all’indipendenza tecnologica. Sul digitale siamo partiti tardi e arrivati male in questo ultimo decennio e ora rischiamo di pagare un prezzo dallo scontro planetario in corso tra Stati Uniti, Cina e Russia su reti, gestione dei dati, criptovalute, sicurezza, servizi finanziari e commercio elettronico”.
“Abbiamo il dovere di renderci autonomi e restare equidistanti rispetto a quella che si profila per essere una battaglia globale senza esclusione di colpi”, ha concluso il deputato dem.